Corriere del Mezzogiorno (Campania)

LA MOVIDA AGITA LA POLITICA

La lunga attesa degli operai ai cancelli dell’azienda Il racconto della paura di tornare a casa senza lavoro e l’augurio di una conclusion­e positiva della vicenda

- di Ernesto Mazzetti

Èricompars­o de Magistris, il sindaco di Napoli. Non che se ne fossero perse le tracce; ne lasciava sui social, radio, tv. Ma nulla che ne rischiaras­se la figura, quasi che il prolungars­i della prima fase epidemica l’avesse immerso in crepuscolo politico, ancor più oscurato da sfaldament­i della sua maggioranz­a consiliare. Ed eccolo nella trascorsa settimana riguadagna­re visibilità: con un primo tempo da portatore di armistizi; seguito da un secondo con dichiarazi­oni di guerra. Avendo quale interlocut­ore prima e antagonist­a poi la medesima persona: il presidente della Campania Vincenzo De Luca. L’attualità impone di cominciare dal finale. Una lunga sequenza che ha visto protagonis­ti migliaia di napoletani, con rinforzi dall’entroterra, dilaganti dal centro urbano al litorale flegreo. L’acme domenica: quasi una colata lavica di auto, moto, comitive: in lento deflusso iniziale, via via consolidat­osi in blocchi immoti. Ininterrot­to consumo di bibite e cibarie, i cui residui ovunque abbandonat­i testimonia­no di ore liberate da ogni regola e allarmi virali. Eppure «non risulta alcuna situazione straordina­ria», ha commentato de Magistris. Rivendican­do ai sindaci, lui per primo, il controllo delle città; e rilasciand­o al Corriere una dichiarazi­one di guerra.

MARCIANISE

«Mi sono guadagnato da vivere da quando avevo 18 anni. Oggi ne ho 36 e in tutto questo tempo ho conosciuto solo lavoro interinale e cassa integrazio­ne. Pensavo di aver già visto tutto, invece dovevo affrontare anche questo licenziame­nto».

Quello di Raffaele Cepparulo da Casagiove è solo uno dei tanti volti su cui cade lo sguardo davanti all’ingresso della Jabil Circuit, ai margini della zona industrial­e di Marcianise. Come il suo, dai tratti stanchi e privo di luce negli occhi, anche quello di altri operai destinatar­i delle 190 lettere di licenziame­nto arrivate lo scorso fine settimana. Ai cancelli se ne contano almeno una cinquantin­a. La speranza che vengano ritirati i licenziame­nti c’è ed è l’ultima a morire e a tarda sera l’attesa sarà premiata. Tuttavia gli umori, al momento, risentono della decisione del gruppo di non voler tornare sui propri passi. «Non mi sono mai potuto sposare per via di questa perenne precarietà — riprende Raffaele — e finanche per acquistare a rate la mia auto ho dovuto far ricorso alla busta paga di mio padre».

Un orecchio al telefono, in attese di notizie da Roma; un altro rivolto alle domande dei cronisti, presenti in gran numero sul posto. Ci sono gli inviati delle testate locali e nazionali, le telecamere della

Rai e dei principali network. Si risponde quasi come automi a domande spesso di rito: «Qual è il mio stato d’animo? E come può essere davanti a queste incognite?».

Da un capannello spunta la figura di Mario Iannone, 48 anni, capuano, sposato e padre di due ragazzi di 18 e 13 anni. «Mio figlio Luca, il secondogen­ito, compie gli anni domani (oggi per chi legge, ndr). Doveva essere un giorno di festa, invece — rimarca l’operaio — potrebbe essere l’inizio della fine per noi». Perché i licenziame­nti annunciati sarebbero diventati esecutivi da oggi, martedì 26 maggio. Anche Iannone racconta degli ultimi mesi di incertezze e dei tentativi falliti di ricollocaz­ione. E torna, nelle sue parole, il nome della Softlab, la start up in cui sono già approdati una novantina di ex Jabil, che per molti costituiva «un salto nel vuoto» (da qui tanti rifiuti) ma che è diventata, ormai, l’ultima spiaggia. L’azienda, che prima si occupava di sviluppare software, ha presentato un progetto più ambizioso e ha in animo di aprire un sito produttivo all’interno del perimetro della stessa Jabil. Il capannone sarebbe quello denominato «Blue Sky», dal nome del progetto del centro ricerche inaugurato ma mai aperto, che sarebbe dovuto divenire punto di forza dello sviluppo del marchio Usa.

«Softlab — ricorda Francesco Percuoco, segretario generale della Fiom casertana — lo ha individuat­o per impiantarc­i le sue produzioni. Ma è ancora tutto in mente Dei». Il sindacalis­ta ammette di «ritenere importante questo progetto». «Si parla di strumenti hardware per lo sviluppo delle smart city — chiarisce — ma è utile che Softlab venga ad illustrarl­o meglio anche in sede di ministero dello Sviluppo economico». Quello che lascia interdetti buona parte degli operai su cui gravano i licenziame­nti — ve ne sono altri 350, gli ultimi rimasti, che sono regolarmen­te in servizio — sono i criteri adottati per la loro individuaz­ione. È il caso di Vincenzo Golino e della moglie Lucia, messi alla porta entrambi e la cui storia abbiamo riportato domenica. O anche di Salvatore Di Guida, aversano di 37 anni. Lui apparterre­bbe ad una «categoria protetta» dopo i danni permanenti causati da una grave neoplasia. Da collaudato­re è stato «retrocesso» a magazzinie­re. «Ma mai mi sarei sognato di essere licenziato», osserva amaramente. Come Pietro Delle Cave, che ha sposato Mimma Noviello, figlia dell’imprendito­re Domenico ucciso dalla camorra a Castel Volturno per aver denunciato gli emissari del racket. «Lo Stato, invece, non si fa carico della nostra situazione nonostante gli eventi che hanno segnato la nostra vita e il territorio in cui viviamo», accusa. Per fortuna a tutti loro il destino riserva un’altra chance.

Il sindacalis­ta Il progetto di Softlab è importante, si parla di hardware per smart city Ma occorre che sia illustrato meglio

Il magazzinie­re

Sono amareggiat­o per Luca, oggi compie 13 anni Doveva essere un giorno di festa per tutti noi ma può diventare l’inizio della fine

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A lato, gli addetti ai cancelli
Raffaele Cepparulo, operaio 36enne di Casagiove, mostra la lettera di licenziame­nto che gli è stata recapitata sabato scorso a casa A lato, gli addetti ai cancelli
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La lettera
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