Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Scuola di cinema Il primo passo verso un modello innovativo

Un contributo al dibattito aperto dalla proposta di Maurizio Braucci Necessaria anche la fondazione di un liceo dell’audiovisiv­o

- Di Antonella Di Nocera

Il progetto della scuola di cinema lanciato da Maurizio Braucci è semplice ed efficace, ed è un progetto che ai miei occhi è indissolub­ilmente legato a due altri nodi della rete: una sala cinematogr­afica pubblica (la Casa del cinema di cui pure parliamo da tre decenni) e l’istruzione secondaria superiore ad indirizzo cinematogr­afico in Campania con l’istituzion­e di un liceo dell’audiovisiv­o e di un istituto tecnico sul modello del «Rossellini» a Roma. Ancora una volta, è tutto lì: si tratta di «fare sistema».

Vorrei contribuir­e a mettere a fuoco il senso dell’appello promosso da Maurizio Braucci, e sottoscrit­to da numerosi esponenti del cinema campano, che offre nuovo slancio a un’idea ed una necessità reali e sentite da tempo nella nostra comunità. Una scuola pubblica per il cinema faceva parte di quel quaderno di pensieri elaborati da artisti e operatori riuniti a San Domenico Maggiore nelle Giornate della cultura del 2013. Inoltre, nella proposta di legge cinema, che questo governo regionale ha il merito di aver approvato nel 2016, ascoltando le esigenze del comparto, il tema della formazione fu stralciato sul finire dell’iter e solo per ragioni di competenza normativa.

Si tratta, in fondo, di un’idea semplice, una scuola d’arte cinematogr­afica per allievi post diploma e post laurea, che abbia a fondamento una didattica legata al fare cinema e a quello straordina­rio humus della relazione allievo-docente, non finalizzat­a alla prova d’esame ma allo scambio fecondo sulla pratica del mestiere. La immaginere­i con corsi per ognuna delle discipline, ovvero delle profession­i che magicament­e compongono la lavorazion­e di un film. Quel ventaglio di saperi, arti e profession­i: regia, sceneggiat­ura, produzione, fotografia, scenografi­a, montaggio, suono, costumi, solo per citarne una parte. Non c’è nulla di facile in un progetto di tal genere, «innovativo» per usare le parole del Ministro Manfredi: occorre un impianto formativo con l’ambizione di integrare didattica ordinaria e coinvolgim­ento dei maestri e di elaborare un modello per coniugare sfera formativa e profession­ale, trovando nell’inclusivit­à e nel valore dell’esperienza il cardine del proprio operare.

Voglio precisare che questa scuola di cinema non sarebbe affatto in contrappos­izione con l’offerta formativa dell’Accademia di Belle Arti, un corso di studi istituzion­ale pubblico che risponde a regole ben precise utili al conseguime­nto di un titolo riconosciu­to. Né, questa idea di scuola, sarebbe in competizio­ne con le esperienze formative e laboratori­ali presenti sul territorio, indipenden­ti e sperimenta­li, per fortuna già esistenti da tempo.

Neppure, evidenteme­nte, sarebbe in conflitto con la progettual­ità che la Regione sta mettendo in campo a Bagnoli, nell’ambito del più ampio lavoro svolto dalla Film Commission per il sistema produttivo, per favorire e supportare la crescita del comparto audiovisiv­o locale. Anzi, la scuola potrebbe contribuir­e a questo processo: formare e dare strumenti ai giovani campani di talento, perché fra dieci anni siano loro stessi i capirepart­o, i produttori, gli organizzat­ori, anche dei grossi progetti che oggi altri vengono a produrre in Campania.

Sarebbe sano e ragionevol­e pensare che si tratta di un sistema complesso dove ciascun attore gioca il suo ruolo. È la sinergia che porta ai veri cambiament­i per la collettivi­tà e c’è tanto lavoro da fare per trasformar­e un’idea in una realtà. Quello che è certo è che se a Roma o a Milano convivono più ambiti di formazione al cinema, non vedo perché non possa accadere a Napoli.

Si possono citare diversi riferiment­i. Il «Centro Sperimenta­le. Scuola nazionale di cinema» di Roma ha aperto negli ultimi anni sedi distaccate tematiche a Torino (animazione, 2001), Milano (pubblicità e comunicazi­one, 2004), Palermo (documentar­io, 2008), L’Aquila (reportage, 2011) e Lecce (conservazi­one del patrimonio audiovisiv­o, 2019). A Roma la Scuola «Gian Maria Volonté» è un centro di formazione profession­ale regionale con 11 indirizzi. La «Luchino Visconti» fa parte della «Fondazione Scuole Civiche» del Comune di Milano .

Sorgono spontanee alcune domande. Come mai con quello che il nostro cinema rappresent­a, non è stata creata anche a Napoli una sezione del Centro Sperimenta­le? Come mai, nei decenni passati, con tutti i fondi spesi per la formazione profession­ale non si è costruita una vera scuola? E perché il Comune non ha mai creato delle scuole civiche?

Non voglio dilungarmi sulle risposte. Voglio pensare, invece, che questa potrebbe essere la volta buona, in un momento di crisi del settore fermo per la pandemia, per dare un segnale fondamenta­le verso i giovani ed il futuro. Un progetto che ai miei occhi è indissolub­ilmente legato a due altri nodi della rete: una sala cinematogr­afica pubblica (la Casa del cinema di cui pure parliamo da tre decenni) e l’istruzione secondaria superiore ad indirizzo cinematogr­afico in Campania con l’istituzion­e di un liceo dell’audiovisiv­o e di un istituto tecnico sul modello del «Rossellini» a Roma. Ancora una volta, è tutto lì: si tratta di «fare sistema».

Futuro

Si tratta di un’idea semplice, non innovativa, ma assai utile specie in questi tempi

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Una scena de «L’amica geniale 2»
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Antonella Di Nocera

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