Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Sarà un monito per tanti uomini E per la società spesso assente»
NAPOLI
«È una sentenza dura, esemplare. Un monito per gli uomini, ma anche per le donne, che si trovano di fronte ad un fatto: chi perseguita una persona, chi esercita nei suoi confronti azioni persecutorie, chi la spinge verso il baratro fino a farle considerare la morte come unica soluzione è a tutti gli effetti da considerare come un assassino». L’avvocato Maria Giuseppina Chef ha conosciuto Arianna e la sua famiglia e li racconta come «persone perbene, discrete, riservate». E considera le prime notizie relative alla sentenza che ha portato in carcere l’ex compagno della donna con grande cautela.
Insomma chi logora una persona fino a spingerla al suicidio è un assassino?
«La premessa è che non ho avuto modo di studiare la sentenza. Una sentenza da leggere con attenzione perché potrebbe diventare motivo, se dovesse essere confermata, per riflessioni importanti da un punto di vista giurisprudenziale. Certo è che se quest’uomo, giudicato colpevole non di soli maltrattamenti, ha esercitato una azione con conseguenze tanto drammatiche è anche perché c’è stato un vuoto che riguarda tutta la nostra società. L’opera di logorio su una creatura che magari ha una scarsa autostima di se stessa può essere fatale ed è spaventoso che non si riescano a salvare prima queste donne, che non riescano ad uscire da questi meccanismi. Tutti sembriamo forti, ma siamo vulnerabili e la vulnerabilità di questa ragazza l’avremmo dovuta tutelare. Si doveva trovare un modo».
Questa pena così severa sarà un monito per gli uomini?
«Lo sarà, ma tanti violenti sono vulnerabili quanto le vittime. Una doppia vulnerabilità che alimenta il ruolo di vittima e carnefice. Questa ragazza aveva una famiglia presente alle spalle e strumenti culturali, ma non è riuscita a sottrarsi. Perché il meccanismo è complicato ed è qui che il sociale deve intervenire. Per spezzare questi incastri che creano equilibri distorti: un prevaricatore che per superare la propria debolezza schiaccia un’altra persona che avverte come meno forte».
C’è chi obietta che a fronte di una sentenza del genere, ci sono camorristi in libertà.
«Quest’uomo è stato ritenuto responsabile in tutto e per tutto della morte di questa donna. Colpevole di un assassinio. Ed è su questo che devono riflettere le donne prima di arrivare ad un punto di non ritorno consegnando la propria dignità e la propria vulnerabilità a soggetti del genere. Sono assassini, cui regaliamo una vulnerabilità che è un bene che va difeso».
Maria Giuseppina Chef
Sentenza che potrebbe diventare motivo di riflessioni giuriprudenziali
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I genitori
Nostra figlia era con noi in aula e ci ha guidati: ha sofferto 12 anni a causa di quell’uomo
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I difensori di lui Ingiustificabile in punto di diritto. Escono i camorristi ed entrano in carcere gli incensurati