Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Dal teatro al cinema al Nastro d’argento 2020
Una vita piena di successi fino al premio alla carriera dei critici
Va a Toni Servillo, il meritatissimo Nastro d’Argento alla carriera 2020, riconoscimento che il Sindacato Nazionale dei Giornalisti Cinematografici assegna ogni anno, dal 1946, alle maggiori personalità del cinema italiano.
Non si tratta certamente del primo premio ottenuto dal sessantunenne attore di Afragola, che vanta nel suo palmares 2 European Film Award, 4 David di Donatello, 4 Nastri d’argento e 2 Globi d’oro. Protagonista sin dagli anni Ottanta, delle magiche stagioni teatrali di Falso Movimento di Mario Martone, con il quale fondò Teatri Uniti, dopo essere stato diretto, tra gli altri, da Leo De Berardinis e Memè Perlini, fece il suo esordio al cinema nel 1992 con «Morte di un matematico napoletano» dello stesso Martone. A chi gli ha chiesto quali fossero le differenze nel passare dal registro teatrale a quello cinematografico, con il suo ineffabile acume, Servillo ha dichiarato: «Io ho sempre pensato che il personaggio è più grande di me, e la mia complessità deve mettersi in relazione con un personaggio, che è Amleto, un Tartufo, una creatura poetica talmente più grande di me che in una prima fase di approccio mi intimidisce, poi lentamente trovo una mia forma di relazione, poi forse riesco ad aggiungere qualcosa a quello che ha già detto l’autore attraverso quel personaggio».”
La sua definitiva esplosione cinematografica avvenne nel 2001 con due film presentati alla Mostra del Cinema di Venezia: «Luna rossa», capolavoro indiscusso di Antonio Capuano e «L’uomo in più» di Paolo Sorrentino. Un incontro decisivo questo, con l’allora giovane regista partenopeo, che lo volle come protagonista poi nel suo «Le conseguenze dell’amore» (2003) e nei successivi «Il divo» (2007), nell’osannato Premio Oscar «La grande bellezza» (2013) e in «Loro» (2018).
Ma Toni Servillo non è soltanto l’attore feticcio di Sorrentino. Le sue migliori prove attoriali sono, infatti, da ricercare anche in «Gomorra» di Matteo Garrone, in «Bella addormentata» di Marco Bellocchio o ne «Le confessioni» di Roberto Andò. Ma anche in alcuni film definiti «minori», come «Lascia perdere Johnny» di Fabrizio Bentivoglio, (sulla figura di Fausto Mesolella chitarrista casertano degli Avion Travel), nei più bei gialli italici di questi anni («La ragazza del lago» di Andrea Molaioli, «Una vita tranquilla» di Claudio Cupellini, «La ragazza nella nebbia» e «L’uomo del labirinto» di Donato Carrisi) e nel recente visionario «5 è il numero perfetto», opera prima di Igort.