Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Pd, 5 Stelle e Dema Il «risiko» delle alleanze e la politica astratta
Dunque, ricapitoliamo: Pd e 5S assieme nel governo, Pd e Dema assieme nel collegio senatoriale, Pd all’opposizione di Dema a Napoli e con Dema nella città metropolitana, 5S e Dema contro Pd in Campania. Potrei continuare negli esempi ma mi fermo per carità di patria. Mi colpisce molto in queste settimane l’astrattezza del discorso pubblico, il distacco della politica dalla realtà e dalla vita quotidiana delle persone. Intendiamoci, nessuna sorpresa.
Sono fenomeni ormai presenti da tempo e resi anno dopo anno più evidenti dalla caduta della partecipazione dei cittadini e dal crollo dell’affluenza alle urne. Se posso fare un riferimento personale sono stato eletto direttamente dagli elettori quattro volte e dunque so bene che un conto è rappresentare la propria comunità in presenza di un’alta percentuale di votanti ed un altro conto è invece in un quadro di diserzione dalle urne, come ormai avviene da tempo. Dalla democrazia maggioritaria, che è nata con la prima elezione diretta del sindaco da parte dei cittadini, siamo via via passati alla democrazia minoritaria e al prevalere del partito degli astenuti in tante tornate elettorali.
Ma in periodo di Coronavirus questa separatezza è ancora più preoccupante, e un campanello di allarme suona per tutti noi: istituzioni, partiti, associazioni, donne e uomini interessati al futuro del paese.
Siamo infatti rimasti chiusi in casa per intere e lunghe settimane, sotto la
spinta della paura per questo invisibile ed improvviso nemico e mossi da un forte senso di responsabilità civica che ci ha fatto riscoprire anche con orgoglio la parte migliore della nostra identità. Ad ognuno di noi sono mancati affetti familiari, amicizie care, abitudini consolidate. Per me è stata una vera sofferenza la mancanza di relazione con l’Altro, con gli altri vicini e lontani, amici ed avversari: percorrere le strade, interloquire e discutere, ascoltare e dialogare, fare vita sociale è importante anche per riflettere e pensare.
Per questo, appena è stato possibile muoversi mi sono messo in cammino per la città da un quartiere all’altro: camminando e correndo, in bus e metro, sulla moto di qualche amico. Prima un lungo giro nella Duchesca, con tanti immigrati irregolari e continui assembramenti, e nel Vasto di sopra e di sotto. Poi a Coroglio e a Mergellina tanti piccoli incontri: il pescatore e il tarallaro, il professore e l’operaio, i ragazzi del centro storico e delle periferie. Nei brevi colloqui tutti i riferimenti non riguardano mai il politicismo imperante ma sempre e giustamente la vita reale delle persone in carne ed ossa: le strade e i parchi, il trasporto pubblico su gomma e su ferro, la disoccupazione crescente, l’incertezza sul futuro. Una particolare gratitudine vorrei in particolare esprimere per l’invito che mi è stato fatto da un gruppo di volontari per visitare la Mensa dei poveri di Porta Capuana. In me è scattato anche un un ricordo giovanile, un sentimento affettivo: piazza Carlo III, corso Garibaldi e Porta Capuana sono i miei luoghi del ginnasio e del liceo. Questa Mensa è un centro di solidarietà sociale e un punto di riferimento civile, come molti altri nella nostra città. Sono tante le persone in fila: vecchi e nuovi poveri, senza dimora, badanti dei paesi dell’est che hanno perso il lavoro, famiglie drammaticamente e improvvisamente colpite dalla crisi per il Coronavirus.
Alcune persone tengono gli occhi abbassati a terra, come per non farsi riconoscere, quasi vergognose di se stesse e del
” Dalla democrazia maggioritaria siamo via via passati alla democrazia minoritaria e al prevalere del partito degli astenuti
loro nuovo status sociale. In mezzo a loro un uomo alza gli occhi, mi riconosce sotto la mascherina, comincia ad imprecare contro il mancato arrivo di misure di sostegno, grida contro il mondo ed infine dice: scusatemi, lo so che siete una brava persona, siete stato il mio sindaco, ma non ce la faccio più e mi devo far sentire. Ecco, attenzione. Siamo in presenza di una questione sociale senza precedenti. Venivamo da una grave crisi economica nazionale ed internazionale durata un decennio, stavamo appena cominciando a risalire la china ed arriva la botta del Coronavirus con tutte le sue inedite conseguenze.
La mia impressione è che scarsa ed inadeguata sia la consapevolezza di come stanno le cose e della prova che è di fronte a noi nei prossimi mesi ed anni. Dentro la crisi scoppiano fasce di vera e propria disperazione sociale. È una lotta ed una corsa contro il tempo ed è, al tempo stesso, una sfida inedita.
Da noi l’emergenza sanitaria è stata molto meno grave che in Lombardia ed in altre realtà ma più impegnativo sarà lo sforzo per risollevare l’economia e riaprire con coraggio una prospettiva. Abbiamo bisogno gli uni degli altri, di un nuovo rapporto tra nord e sud e tra pubblico e privati. Ma tocca infine e soprattutto a noi delineare una nuova idea di Napoli, ambiziosa e concreta, e rilanciare così una speranza.