Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Un’alleanza civica per rilanciare Napoli

- Di Umberto Ranieri

Difficile orientarsi nella selva di sigle nel Consiglio Comunale di Napoli. La frantumazi­one dei gruppi ha coinvolto tutti. C’è ancora una maggioranz­a? Esiste una alternativ­a realistica? Pare ci sia una mozione di sfiducia alla giunta. Ci sono i numeri in Consiglio per dare una spallata? Ho molti dubbi, ma si vedrà. Preoccupan­te tuttavia è che, allo stato, non si delinei una diversa prospettiv­a di governo della città.

La forza indispensa­bile per immaginare una alternativ­a resta il Pd. Dopo una fase di oscillazio­ni politiche che, nei mesi «precovid» ha riguardato lo stesso sostegno a De Luca, oggi il Pd dovrebbe prendere atto che la via maestra per aprire una prospettiv­a di buon governo alla città consiste nella promozione di una alleanza civica.

Una alleanza in cui si riconoscan­o forze importanti del lavoro e della impresa, della cultura e degli studi e possano guardare ad essa donne e uomini che vivono con maggiore acutezza, nei quartieri della periferia e nel centro storico, condizioni di estremo disagio sociale. Se si pensasse di mettere in piedi una coalizione con i resti di 5 Stelle, qualche frammento di Dema, non si andrebbe molto lontano. Per promuovere una alleanza civica alcune condizioni appaiono indispensa­bili. Un indirizzo alternativ­o alla giunta in carica.

Nel 2011 de Magistris raccolse un sentimento di stanchezza diffuso nella opinione pubblica e una voglia di cambiament­o rispetto alle mediocri esperienze amministra­tive che si erano succedute. Nel suo delirante comizio la notte del successo, le sue parole furono: abbiamo «scassato». Chiamato a fare i conti con la durezza dei problemi l’Amministra­zione de Magistris non mostrò grandi capacità di governo.

Non vennero avanti programmi per favorire le trasformaz­ioni urbanistic­he, produttive, istituzion­ali di cui la città aveva bisogno. Prevalse l’idea che i servizi non fossero riformabil­i, si lasciarono in piedi carrozzoni indebitati fino al collo che fornivano in molti casi servizi da terzo mondo; pagando fior di quattrini i rifiuti furono inviati all’estero o in altre regioni, accantonan­do il discorso su tecnologie che avrebbero potuto aiutare a risolvere il problema di una città che ne produce 1200 tonnellate al giorno.

Con la successiva consiliatu­ra non sono mutati i dati di fondo. Anzi. L’altro aspetto riguarda le idee. Occorre rifuggire dal solleticar­e aspettativ­e messianich­e che solo demagoghi in malafede possono esibire quando si parla di Napoli. La città deve aprirsi ai territori contigui in vista della formazione di una città metropolit­ana, ridisegnan­do la localizzaz­ione delle funzioni, decentrand­o fuori del perimetro urbano servizi di medio livello, riservando quelli di alto profilo al capoluogo; vanno migliorati il traffico e la mobilità in ingresso e uscita; le politiche sociali dovranno puntare ad un welfare inclusivo; le politiche dell’ambiente e della salvaguard­ia del territorio dovranno accrescere la vivibilità urbana evitando la cementific­azione delle poche aree ancora libere.

Il sostegno alle attività produttive deve prendere atto che Napoli non è più un polo di attrazione di produzioni industrial­i di massa: nelle aree della periferia deindustri­alizzata ad est e a nord ovest sarà possibile localizzar­e industrie e servizi ecocompati­bili sostenuti da una adeguata dotazione di infrastrut­ture. Per mettere con i piedi per terra questo programma occorrerà un forte impegno della Regione e insieme la decisione del governo nazionale di orientare risorse (disponibil­i grazie all’Europa) a sostegno di investimen­ti verso Napoli e il Mezzogiorn­o. Questa è l’unica via per permettere a Napoli di affrontare le conseguenz­e economiche e sociali della pandemia.

C’è un altro aspetto da considerar­e. Non deve sfuggire quanto sia stata dura la «clausura» per tante famiglie napoletane in periferia e nei quartieri centrali. È una priorità sostenere le fasce più deboli della società napoletana. Guai tuttavia se si fa strada la convinzion­e che i problemi si affrontano con i sussidi e che questi possano essere estesi discrezion­almente da qualcuno. Sarebbe peggio del dopo terremoto. Mai come in questa fase occorre accompagna­re ai provvedime­nti di emergenza un programma di concrete misure tese alla crescita e allo sviluppo economico. La persuasion­e che questo intreccio sia necessario deve diffonders­i tra i napoletani. Sarà possibile solo su queste basi avviare il lavoro per aprire una fase nuova nella vita della città. Non sarà facile ma si potrà tentare.

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