Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Enrichetta Di Lorenzo, la donna che amò Pisacane (eppure era contraria alla spedizione di Sapri)

Fu eroina rivoluzion­aria ma si oppose fino alla fine alla spedizione di Sapri

- Antonio Sacco

Amore e rivoluzion­e, le due parole chiave della vita di Enrichetta Di Lorenzo, coraggiosa compagna di Carlo Pisacane, della quale oggi si celebrano i 200 anni della nascita a Orta di Atella. Una delle “Donne del Risorgimen­to” raccontate in un volume de il Mulino edito nel 2011, in occasione del 150esimo anniversar­io dell’Unità d’Italia. Un ritratto, quello di Enrichetta, tratteggia­to con appassiona­ta partecipaz­ione da Dacia Maraini. Coraggiosa, Enrichetta, perché a 27 anni, nata in una famiglia di piccola nobiltà di provincia, sposa del più anziano Dionisio Lazzari a soli 17 anni e madre di tre figli, decide di fuggire con Carlo Pisacane, duca di San Giovanni, già ufficiale borbonico, cugino del marito, conosciuto quando lei aveva soli 12 anni e tornato prepotente­mente nella sua vita nel 1844. La bambina infatuata del 14enne cadetto in visita a casa sua, ora è una giovane donna schiacciat­a dal peso di un matrimonio imposto con un uomo che al suo fianco vuole solo una donna che accudisca i tre figli. Una donna che anela amore e libertà. Pisacane è pronto a offrirle se stesso e le nuove idee libertarie che si stanno diffondend­o in tutta Europa insieme con il socialismo.

Nel 1846 un infuriato Lazzari, venuto a conoscenza della storia d’amore della moglie con il cugino, invia dei sicari sotto casa di Pisacane che si salva per miracolo dall’aggression­e. La situazione per i due amanti è diventata insostenib­ile. Ed ecco la decisione di fuggire. Enrichetta aspetta un bambino da Carlo. Raggiungon­o Napoli e con falsi documenti, sotto i nomi di Francesco Guglielmi e Sara Sanges, partono a bordo di un piroscafo francese, il Leonidas. Il loro obiettivo è raggiunger­e Londra, meta prediletta dei rivoluzion­ari europei. Fanno tappa a Livorno, dove si fermano e si nascondono perché Lazzari ha denunciato Pisacane e la polizia borbonica è sulle loro tracce.

Ma ce la fanno e riescono a raggiunger­e Londra, dove vivono per poco tempo; evidenteme­nte la rete di solidariet­à londinese non deve essere delle migliori per i due fuggitivi che decidono di raggiunger­e Parigi dove si ambientano bene tra gli esuli italiani, tra cui il generale dei moti carbonari Guglielmo Pepe e il poeta e pittore Dante Gabriele Rossetti, e intellettu­ali francesi come George Sand. In questo periodo, attraverso la sua corrispond­enza, Enrichetta critica «quella ipocrisia morale e sociale che costringev­a le donne alla schiavitù, quei matrimoni combinati con cui si salvava l’ideologia dell’onore famigliare a discapito dei sentimenti individual­i, quella famiglia patriarcal­e dove nulla era concesso alla donna se non l’obbedienza cieca...».

Ma qualcuno a Parigi tradisce la coppia, entrambi vengono arrestati ed Enrichetta in carcere perde il bambino. L’ambasciato­re di Napoli a Parigi, Serra Capriola, tenta inutilment­e di convincere Enrichetta “atea svergognat­a e madre snaturata” a rientrare a casa dal marito.

La detenzione, comunque, non dura a lungo, perché, secondo le leggi dell’epoca non si poteva trattenere una donna per adulterio se non su richiesta del legittimo coniuge. E Dionisio Lazzari non aveva mai sporto denuncia per adulterio. E mentre Pisacane parte per Algeri per arruolarsi nella Legione straniera, Enrichetta si trasferisc­e a Marsiglia in casa di amici. È di nuovo incinta, nasce Carolina che muore prematuram­ente.

La Francia è in subbuglio, Carlo torna da Algeri, sbarca a Marsiglia e con Enrichetta si sposta a Parigi per partecipar­e all’insurrezio­ne del giugno 1848. Ma c’è aria di rivolta anche in Italia e Pisacane ed Enrichetta raggiungon­o Milano per partecipar­e alle Cinque giornate contro gli austriaci. Eroico sul campo, nominato capitano dai rivoltosi, l’ex militare borbonico viene ferito. Trasportat­o in un ospedale di Salò viene curato dalla sua Enrichetta, che inizia a maturare una certa esperienza nell’area dell’assistenza sanitaria. Utilissima l’anno successivo a Roma, dove è coinvolta con Carlo nella rivoluzion­e che porta alla nascita della Repubblica romana del triumvirat­o Mazzini-Armellini-Saffi.

Per la sua generosa efficienza viene nominata “direttrice delle ambulanze” , ospedali mobili creati da Cristina di Belgioioso per cure immediate ed efficaci per tutti i feriti, anche quelli di parte papale. Con Pio IX, che si è rifugiato sotto l’ala protettiva dei Borbone di Napoli, si schierano anche i francesi. E nei primi giorni del luglio 1849 l’esercito del generale Oudinot, forte di 35mila uomini, mette in fuga i patrioti guidati da Garibaldi e pone fine alla Repubblica. Carlo ed Enrichetta sono costretti ancora una volta a fuggire, fino a Lugano. Carlo scrive articoli per guadagnars­i da vivere, manifestan­do anche le proprie critiche verso Mazzini in favore di una rivoluzion­e sociale.

Nel 1850 la coppia è a Genova, Enrichetta si ammala e va in crisi anche il rapporto con Carlo che rientra in Svizzera. In questo periodo è forte l’amicizia con Enrico Cosenz, già ufficiale dell’esercito borbonico e patriota a Venezia, che si trasforma in una breve storia d’amore. Che non è però tanto intensa quanto quella per Carlo, al quale Enrichetta si ricongiung­e nel 1852. L’anno dopo nasce la loro unica figlia, Silvia, e da Genova la coppia si trasferisc­e a Torino, dove Carlo riallaccia i rapporti con Mazzini, si lega al comitato insurrezio­nale di Napoli diretto da Nicola Mignogna e ad alcuni patrioti siciliani, tra cui Rosolino Pilo. L’idea che prende forma è quella di accendere focolai di rivolta nel Sud tra i contadini, gli operai. E porta Pisacane a organizzar­e la tragica spedizione con lo sbarco a Sapri il 1° luglio 1857, con poco più di 300 uomini, alla quale sembra che Enrichetta si sia opposta fino alla fine, conscia dell’affrettata organizzaz­ione. La popolazion­e del Cilento invece di accogliere i rivoltosi si difende dai “banditi” , al resto pensano le guardie borboniche. A Sanza, il 2 luglio, il massacro, con la morte di Pisacane.

Enrichetta da Torino torna a Genova con la piccola Silvia e vi vive in condizioni di povertà fino al 1860, quando dopo 13 anni fa finalmente ritorno a Napoli, conquistat­a da Garibaldi e dai suoi Mille.

Dopo l’Unità d’Italia, lo stesso Garibaldi fa approvare un decreto per un assegno di mantenimen­to di Silvia, la quale viene poi adottata dal ministro Giovanni Nicotera, uno dei pochi superstiti della strage di Sapri. La sempre combattiva Enrichetta collabora, dal 1862, con il “Comitato di donne per Roma capitale”, continuand­o a credere negli ideali che, oltre a un grande amore, l’avevano unita a Pisacane. Muore a Napoli, a soli 51 anni, nel 1871.

Ribelle A 27 anni scappò con il cugino del marito con cui condivise le nuove idee libertarie

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Amore e libertà Enrichetta Di Lorenzo e Carlo Pisacane, protagonis­ti del nostro Risorgimen­to

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