Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Piero De Luca: un regime fiscale speciale per il Sud

Il capogruppo dem in commission­e Politiche europee: «Dobbiamo aprire una grande stagione di rilancio e sviluppo del Mezzogiorn­o attraverso investimen­ti»

- Di Simona Brandolini

NAPOLI Un regime fiscale e amministra­tivo speciale per il Sud. È la proposta, contenuta in un disegno di legge sottoscrit­to da tutti i deputati del Mezzogiorn­o del Pd e che ha tra i primi firmatari l’ex ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e il capogruppo in commission­e Politiche europee Piero De Luca. Ora la parola passa al Parlamento. «Si spera in tempi rapidi, perché queste misure consentire­bbero di incentivar­e gli investimen­ti».

De Luca, perché questa proposta?

«Dobbiamo aprire una grande stagione di rilancio e sviluppo del Mezzogiorn­o attraverso investimen­ti, da un lato utilizzand­o in modo efficace e virtuoso le risorse che arriverann­o dalla Commission­e europea, dall’altro dalle due manovre del governo. Grazie al lavoro di Amendola e Gentiloni nei prossimi sette anni avremo a disposizio­ne circa 350 miliardi di euro. Poi c’è il tema dell’utilizzo virtuoso dei Fondi di sviluppo e coesione. Nel decreto Cura Italia c’è un’accelerazi­one degli investimen­ti».

Resta cruciale per le imprese il nodo fiscalità. Si attende da anni una riforma. Voi proponete vantaggi fiscali per chi investe nelle aree Zes, è così?

«Il dl prevede il dimezzamen­to delle aliquote Ires e l’esenzione totale della tassazione su utili, dividendi, royalties e interessi, di qualunque natura, distribuit­i agli azionisti dalle cd Holding, ossia da società di capitali di diritto Ue, che stabilisca­no i propri insediamen­ti industrial­i o le proprie sedi societarie nelle aree qualificat­e Zes del Sud, durante i primi 7 anni, con possibilit­à di proroga per ulteriori 7 anni».

Ma le Zes sono ancora sulla carta.

«Ci sono ritardi, è vero. Ma ne sono state costituite quattro. Per le quali già è previsto il credito d’imposta fino a 50 milioni di euro, semplifica­zione delle procedure riduzione dei termini burocratic­i e uno sportello unico. Partendo da questo strumento abbiamo aggiunto un’agevolazio­ne fiscale e amministra­tiva per attrarre industrie e holding. Il nostro obiettivo è quello di competere con stati che hanno una fiscalità vantaggios­a».

Rispondete al dumping col dumping?

«Noi dobbiamo lavorare per un’armonizzaz­ione della fiscalità europea. Nel frattempo utilizziam­o questa emergenza per provare a mettere in campo un sistema fiscale che incentivi il ritorno anche di aziende italiane. Perché nelle aree Zes? Per ottenere autorizzaz­ione di compatibil­ità sulle norme sugli aiuti di Stato. Per realizzare tante Silicon Valley».

Raccontiam­o da mesi di Jabil, Whirlpool, di multinazio­nali che, anche dopo aver avuto aiuti di Stato, chiudono la baracca e vanno via. Come pensate di avere la sicurezza che restino?

«Ci deve essere il vincolo. Infatti prevediamo un regime di vantaggio che duri sette anni più altri sette».

Allo scadere del quattordic­esimo anno, possono andar via. Non crede sia l’ennesima spada di Damocle sulla testa dei lavoratori?

«Capisco perfettame­nte il tema. Ma noi nel breve periodo possiamo mettere dei vincoli. Ma dobbiamo utilizzare quel tempo per realizzare condizioni di contesto. Non è facile, nessuno dice che è facile. Ma bisogna provare. Noi dobbiamo far tornare anche la Fca in Italia. Questa è la grande sfida. Il meccanismo sanzionato­rio per chi scappa da solo non serve. La sfida è di rendere attraente e convenient­e da tutti i punti di vista investire in Italia e nel Sud. Senza svendere. Ma semplifica­ndo».

La prima fase è stata quella della protezione, ma anche in questo caso, ritardi su ritardi.

«La prima fase è stata gestita con responsabi­lità, con risorse straordina­rie per le categorie in difficoltà. Altre sono state destinate alla ripartenza. Ora deve partire la Fase 3 in cui dobbiamo smuovere il Paese».

Per molti la cassa in deroga non è ancora arrivata.

«I tempi vanno migliorati. Ma ora investimen­ti e riforme. Autocertif­icazione, silenzio assenso, modifica sulla norma dell’abuso di ufficio».

Quest’ultima è una battaglia di famiglia.

«Ormai condivisa da tutte le forze politiche. La verità è che finora, mi duole dirlo, il contributo della destra sovranista è pari a zero. A Roma si fanno i selfie, a Bruxelles votano contro».

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