Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Piero De Luca: un regime fiscale speciale per il Sud
Il capogruppo dem in commissione Politiche europee: «Dobbiamo aprire una grande stagione di rilancio e sviluppo del Mezzogiorno attraverso investimenti»
NAPOLI Un regime fiscale e amministrativo speciale per il Sud. È la proposta, contenuta in un disegno di legge sottoscritto da tutti i deputati del Mezzogiorno del Pd e che ha tra i primi firmatari l’ex ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e il capogruppo in commissione Politiche europee Piero De Luca. Ora la parola passa al Parlamento. «Si spera in tempi rapidi, perché queste misure consentirebbero di incentivare gli investimenti».
De Luca, perché questa proposta?
«Dobbiamo aprire una grande stagione di rilancio e sviluppo del Mezzogiorno attraverso investimenti, da un lato utilizzando in modo efficace e virtuoso le risorse che arriveranno dalla Commissione europea, dall’altro dalle due manovre del governo. Grazie al lavoro di Amendola e Gentiloni nei prossimi sette anni avremo a disposizione circa 350 miliardi di euro. Poi c’è il tema dell’utilizzo virtuoso dei Fondi di sviluppo e coesione. Nel decreto Cura Italia c’è un’accelerazione degli investimenti».
Resta cruciale per le imprese il nodo fiscalità. Si attende da anni una riforma. Voi proponete vantaggi fiscali per chi investe nelle aree Zes, è così?
«Il dl prevede il dimezzamento delle aliquote Ires e l’esenzione totale della tassazione su utili, dividendi, royalties e interessi, di qualunque natura, distribuiti agli azionisti dalle cd Holding, ossia da società di capitali di diritto Ue, che stabiliscano i propri insediamenti industriali o le proprie sedi societarie nelle aree qualificate Zes del Sud, durante i primi 7 anni, con possibilità di proroga per ulteriori 7 anni».
Ma le Zes sono ancora sulla carta.
«Ci sono ritardi, è vero. Ma ne sono state costituite quattro. Per le quali già è previsto il credito d’imposta fino a 50 milioni di euro, semplificazione delle procedure riduzione dei termini burocratici e uno sportello unico. Partendo da questo strumento abbiamo aggiunto un’agevolazione fiscale e amministrativa per attrarre industrie e holding. Il nostro obiettivo è quello di competere con stati che hanno una fiscalità vantaggiosa».
Rispondete al dumping col dumping?
«Noi dobbiamo lavorare per un’armonizzazione della fiscalità europea. Nel frattempo utilizziamo questa emergenza per provare a mettere in campo un sistema fiscale che incentivi il ritorno anche di aziende italiane. Perché nelle aree Zes? Per ottenere autorizzazione di compatibilità sulle norme sugli aiuti di Stato. Per realizzare tante Silicon Valley».
Raccontiamo da mesi di Jabil, Whirlpool, di multinazionali che, anche dopo aver avuto aiuti di Stato, chiudono la baracca e vanno via. Come pensate di avere la sicurezza che restino?
«Ci deve essere il vincolo. Infatti prevediamo un regime di vantaggio che duri sette anni più altri sette».
Allo scadere del quattordicesimo anno, possono andar via. Non crede sia l’ennesima spada di Damocle sulla testa dei lavoratori?
«Capisco perfettamente il tema. Ma noi nel breve periodo possiamo mettere dei vincoli. Ma dobbiamo utilizzare quel tempo per realizzare condizioni di contesto. Non è facile, nessuno dice che è facile. Ma bisogna provare. Noi dobbiamo far tornare anche la Fca in Italia. Questa è la grande sfida. Il meccanismo sanzionatorio per chi scappa da solo non serve. La sfida è di rendere attraente e conveniente da tutti i punti di vista investire in Italia e nel Sud. Senza svendere. Ma semplificando».
La prima fase è stata quella della protezione, ma anche in questo caso, ritardi su ritardi.
«La prima fase è stata gestita con responsabilità, con risorse straordinarie per le categorie in difficoltà. Altre sono state destinate alla ripartenza. Ora deve partire la Fase 3 in cui dobbiamo smuovere il Paese».
Per molti la cassa in deroga non è ancora arrivata.
«I tempi vanno migliorati. Ma ora investimenti e riforme. Autocertificazione, silenzio assenso, modifica sulla norma dell’abuso di ufficio».
Quest’ultima è una battaglia di famiglia.
«Ormai condivisa da tutte le forze politiche. La verità è che finora, mi duole dirlo, il contributo della destra sovranista è pari a zero. A Roma si fanno i selfie, a Bruxelles votano contro».