Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Int ’o rione

- Di Fortunato Cerlino

Il manto nero, folto. Ritto sulle zampe posteriori, quelle anteriori le tiene spalancate in maniera minacciosa. Gli artigli lunghi, affilati. Occhi rossi, un muso pronunciat­o e denti aguzzi più grandi del normale. Una decina di bambini scappano con le braccia tese verso l’alto. Alcuni di loro hanno trovato rifugio dietro una casetta di mattoncini verdi. Sul portone d’ingresso una targa con la scritta «Scuola». Il sole in alto è piccolo, troppo piccolo, in parte coperto da grosse nuvole.

Pochi tratti di un azzurro opaco delineano il cielo. In basso, sotto una striscia grigia che vorrebbe essere una strada asfaltata, c’è la firma incerta di un bambino e un titolo. «Il lupo cattivo».

«Ma che fai? Te sei ‘ncantato?». Fabio sussulta. «No, arrivo». «Avimma fa veloce! Dai na mano a Cosimino, sulo isso non ce la fa cu ‘a television­e».

«Mo vaco».

Il ragazzo, ventiquatt­ro anni, disoccupat­o, già con una famiglia da mantenere, rimane ancora qualche istante

a guardare quel disegno, poi lo stacca dal muro dell’aula e lo infila in tasca prima di raggiunger­e Cosimo.

«Con questa almeno duecento euro ce li facciamo. Pigliala dall’altro lato».

In due caricano il televisore e lo portano nel retro furgone nascosto nel vicolo.

Fabietto rientra nella scuola. Osserva i vetri rotti sul pavimento, le porte sfondate, giocattoli calpestati e disseminat­i ovunque.

«Ma c’era bisogno?».

«Che stai dicenne?». Gli chiede il terzo della banda.

«C’era bisogno ‘e scassa’ tutte cose?». « ‘E porte stavano chiuse a chiave. Ma che tieni Fabié? Te fai veni’ ‘e scrupoli?».

«Penso solo che te potevi sta chiu accorto».

«E certamente, mo bussavo e chiedevo

‘o permesso pe’ arrubbà. Jammuncenn­e, nun ce sta chiù niente».

Nel furgone Fabietto se ne sta in disparte. La luce gialla dei lampioni lungo la strada del rione illumina a tratti il suo volto pallido.

«Tutto ‘o blocco sarranno un cinquecent­o euro». Commenta Cosimo.

«Ma che cazzo! Solo questo avimme fatto?».

«’E compiutèr nun valgono nu cazzo. È già assaje se si recupera qualche pezzo ‘e ricambio. A parte ‘a television­e, ‘a cassaforte e qualche quadretto che aggio trovato dinto ‘a direzione, ‘o riesto è cose e poco. Libbri, penne, matite e pennerelli. Tutta merce per le bancarelle. Francuccio ce l’aveva detto che dinto ‘e scole se trova poco. Loro se ne sono fatte due ‘a semmana passata. Hanno accocchiat­o poco pure lloro».

«Fabié, manco tu hai trovato niente?”

Il ragazzo fa cenno di no con la testa. “Vabbuó, cinquecent­o euro so’ sempre meglio ‘e niente, o no?».

«Sempre meglio ‘e niente…» Conferma pigramente Cosimo. «E sti tiempi po’… quasi quanto ‘o bonus del governo». Aggiunge.

«Diviso tre però... Fabio, purtamme tutto dinto ‘a cantina tua come concordato. Dimane ce penso io a smista’ ‘a robba». Conclude l’altro.

I suoi due bambini dormono già profondame­nte quando Fabio rientra a casa. Mentre li guarda dalla soglia della porta della stanza, sua moglie appare all’improvviso in corridoio. «Ma che hai fatto fino a quest’ora?». Il ragazzo la guarda affranto, poi estrae il disegno che ha preso nella scuola, lo apre, lo mostra alla moglie e

senza dire una parola esce di casa.

La lampadina che pende al centro del soffitto illumina scarsament­e la cantina. Fabio entra lentamente, si siede su una sedia sgangherat­a e accende una sigaretta. In fondo all’angusto spazio c’è ammonticch­iata la refurtiva.

Alle prime luci dell’alba, il televisore, i quadretti, la cassaforte, alcuni quaderni, matite, penne e confezioni di pennarelli, sono raccolti sullo spiazzato di fronte all’istituto scolastico Ciccarelli di Barra, che ospita un asilo e un asilo nido chiusi da qualche settimana a causa dell’emergenza Covid19. Sullo schermo del televisore c’è attaccato col nastro adesivo il disegno che ritrae il lupo cattivo mentre insegue i bambini spaventati. Sotto il titolo c’è una scritta in verde. «Il lupo cattivo si è pentito».

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