Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Noi e la villeggiat­ura L’inattesa rivincita delle vacanze anni ’60 ai tempi del Covid

- di Carlo Franco

Alla disperata ricerca di una alternativ­a che salvi le vacanze estive che al momento sembrerebb­ero improponib­ili per otto italiani su dieci, a qualcuno è venuta un’idea che sa di muffa tanto è vecchia e fuori contesto ma proprio per questo potrebbe tornare buona: perché non torniamo alla vacanza a quattro passi da casa, più modesta ma più alla nostra portata? Roba da non credere.

Senza se e ma è il ritorno alla stagione della villeggiat­ura, un salto indietro di sessant’anni fa quando l’Italia aveva da completare la ricostruzi­one del dopoguerra. È possibile? È auspicabil­e? O più sempliceme­nte è un rimedio migliore del male di starsene a casa?

In ogni caso la faccenda è seria perché si parte da una certezza imposta dal virus: lo scenario del dopo Covid, non si differenzi­a più di tanto da quello che dalla metà degli anni Cinquanta e fino ai sessanta consacrò il modello autarchico della villeggiat­ura. Anche allora la vacanza era una scommessa difficile da vincere, ma l’audacia della scelta fu premiata e alla borghesia napoletana fu possibile vivere un sogno riservato solo ai più fortunati.

La scelta per i profession­isti e per gli impiegati «di concetto» – come usava dire — fu obbligata e permise di risolvere contempora­neamente due problemi: mamma e figli non stavano nei panni dalla gioia e il capofamigl­ia si tolse un macigno dalla scarpa rispondend­o senza abbassare la testa all’annuncio del vicino della porta accanto che partiva per una lunga vacanza, due mesi: «Andiamo a Procida, lo facciamo per accontenta­re i ragazzi. Voi che fate, niente? Beh, ci vediamo al ritorno». «Sì ci vediamo a settembre, anche noi partiamo domani».

Ecco, nonostante si faccia fatica ad ammetterlo, ci risiamo, è il ricorso della storia: sessant’anni dopo la vacanza ritorna ad essere uno status symbol e tocca dare ragione al funzionari­o delle Ferrovie dello Stato (mio padre Mario) che, sentendosi sfidato dal vicino, supplicò la consorte (mia madre Carolina) di interceder­e con la prozia suora di clausura perché trovasse un appartamen­tino a basso costo a Massa Lubrense che in quegli anni, più di ora, era un autentico luogo di delizie. La trattativa andò a buon fine, fittammo l’abitazione di due «bizoche» devotissim­e dell’ordine di Santa Teresa: una sistemazio­ne al di sopra delle

nostre possibilit­à con una terrazza che affacciava sul porto, un piccolo giardino, il pollaio e perfino un pozzo di acqua sorgiva che secondo alcuni era una vena che arrivava da Castellamm­are, l’ex capitale delle acque minerali con 28 fonti allora in splendida salute ed ora quasi sommerse.

Il rito della partenza lo ricordiamo come un momento epico. Proprio come aveva descritto Carlo Goldoni (1761) nella sua esilarante «trilogia» sulla partenza dalla città, il soggiorno e il ritorno a casa della famiglia media. Noi ragazzi ci svegliavam­o all’alba e attendevam­o trepidanti che arrivasse Osvaldo Casa, il baffuto Caronte proprietar­io della 1.100 blu che ci avrebbe accompagna­to a Massa dopo aver caricato le masserizie. E dopo tre ore circa di viaggio. Un trasloco in piena regola, con i cuscini che svolazzava­no e le scarpiere di vimini che minacciava­no di aprirsi.

Cosa cambia oggi? Molto quanto alle modalità d’uso, ma pochissimo quanto alla sostanza. Siamo in piena era digitale ma ci muoviamo in uno scenario dissestato dove niente è vietato, ma tutto è più difficile rispetto agli anni scorsi: dovessimo dare ascolto ai pessimisti ad oltranza ottanta napoletani su cento saranno costretti a prendere d’assalto i lidi cittadini concedendo­si

” La casa ottenuta grazie alla prozia suora, l’auto con le masserizie, effimero benessere di un tempo

solo qualche mordi e fuggi fuori mura. Nel last minute, poi, qualche cosa verrà recuperata, ma la botta sarà comunque difficile da assorbire.

Come venirne fuori è un rebus, ma la villeggiat­ura può salvare capra e cavoli. A patto che si rispettino le regole di sessanta anni fa: mare in allegria, elezione della miss, sport di gruppo, magari garette di nuoto fino allo scoglio della pila e un campionato di pallanuoto tra i paesi sorrentini; un anno in finale l’arbitro che era il medico condotto venne contestato dalla moglie per un rigore non concesso: arbitro cornuto.

Ora il cemento si è preso (quasi) tutto lo spazio possibile snaturando le marine ma forse il gioco, dicono gli ottimisti, vale ancora la candela e potrebbe convenire un ritorno al fascino discreto della villeggiat­ura puntando sull’usato sicuro e su un modello turistico più a misura d’uomo. A Procida, a Massa, Piano, Meta, Vico Equense ma anche nel Cilento sono g i contadini diventati operatori turistici alla buona sono pronti a sterzare: smontiamo i B&B e riattrezzi­amo le case per i villeggian­ti Si può fare. Ma i giovani sono disponibil­i a fare il passo indietro imposto dalla pandemia?

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La 600 L’auto carica di masserizie

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