Corriere del Mezzogiorno (Campania)
La scuola (chiusa) va in piazza lunedì «Non c’è un piano per la riapertura»
I rappresentanti dei lavoratori pongono l’attenzione sulle classi-pollaio: 27 alunni in media, contro un dato nazionale che va dai 19 dell’infanzia ai 21 della primaria
NAPOLI La scuola della Campania torna in piazza. Lunedì 8 i 5 sindacati più rappresentativi del settore, Flc-Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals Confsal e Gilda Unams (con i loro rispettivi leader regionali Ottavio De Luca, Rosanna Colonna, Antonio Di Zazzo, Angelo Raffaele Margiotta e Antonietta Toraldo) saranno a piazza del Plebiscito nell’ambito delle manifestazioni indette in tutto il Paese, per «la sostanziale inconsistenza dell’azione di governo, che non va oltre alle generiche intenzioni di tornare alle attività in presenza, ma senza alcun progetto definito e concretamente praticabile».
Nel pieno rispetto delle norme anti-assembramento, è stata autorizzata la presenza di 300 persone, che rinnoveranno le richieste da tempo avanzate a livello nazionale nel confronto con il ministro Azzolina, a partire dalla definizione di un piano operativo che al momento non c’è, nonostante manchino solo 3 mesi alla ripresa più volte annunciata delle lezioni “in presenza” a settembre.
I sindacati sottolineano che «non si può rimanere nella sostanza fermi, in attesa che l’abbassarsi della curva epidemiologica ci riconsegni ad una normalità che ripropone lo stesso atteggiamento assunto anche in momenti precedenti, nei quali si sono seguite le consuete prassi amministrative, prescindendo dal carattere di straordinarietà determinato dalla pandemia. Un sistema già sovraccarico di elementi burocratici che ne minano l’efficienza, ha oggi più che mai bisogno di liberarsene, e ciò richiede un provvedimento legislativo organico per consentire la riapertura in sicurezza a settembre, che tutti assumono a parole come obiettivo, ma che va perseguito rapidamente nei fatti». Al centro delle richieste del sindacato, la rivendicazione di più risorse e personale stabile, perché saranno docenti, amministrativi, dirigenti, tecnici e collaboratori i soggetti su cui ricadrà direttamente l’onere di far ripartire la scuola e di farla funzionare al meglio.
Una indagine condotta a livello nazionale dalla Cisl Scuola attraverso la rete dei suoi rappresentanti nelle Rsu — e interpellando direttamente i propri iscritti dirigenti scolastici — fotografa una realtà niente affatto semplice. «Da quanto ci dicono le 3.500 risposte a un nostro questionario — afferma la segretaria generale Maddalena Gissi — la capienza delle aule consente di ospitare in sicurezza, cioè applicando i criteri di distanziamento fra i banchi, meno di dieci alunni nel 32% dei casi, e un numero compreso tra 10 e 15 nel 52,8%. Solo una minima percentuale ne potrebbe accogliere un numero maggiore». Da qui la necessità, spesso indicata come possibile soluzione, di poter utilizzare spazi alternativi alle aule, all’aperto o al chiuso. Ma anche in questo caso le chance non sembrano molte. Questa opzione — stando ai dati delle federazione — è limitata a meno della metà delle scuole (48%), un quinto delle quali non ha questa possibilità (21,5%), o la può avere solo per una minima parte dei propri edifici (30,48%). Se poi si pensasse di rimodulare ad uso aula spazi di diversa destinazione, le cose non andrebbero meglio: impossibile farlo con le mense nel 75% dei casi, va un po’ meglio per le palestre, laddove ci sono, ma la praticabilità non arriva al 40%. Infine spazi ampi, come aula magna o teatro, esistono solo nel 26% delle scuole.
La situazione si presenta ancora peggio a Napoli. «Da noi — ricorda la leader del sindacato metropolitano Maria Romano — abbiamo “classipollaio” da 27 alunni in media, contro una percentuale nazionale che va dai 19 dell’infanzia ai 21 della primaria. Significa che se nel Paese servono il doppio delle aule, da noi ce ne vogliono ancora di più per funzionare tranquillamente. Uno sforzo enorme, su cui finora nessuno si è mosso, pur sapendo tutti che ipotizzare lezioni all’aperto con l’arrivo delle stagioni fredde è una pazzia».
Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda ricordano un concetto lapalissiano: per consentire il lavoro “in presenza” con gruppi ristretti di studenti servono insegnanti in più, e collaboratori scolastici sufficienti a coprire il fabbisogno per l’organizzazione di turni nelle attività didattiche. Invece c’è il rischio, sempre più concreto con il passare del tempo, di ritrovarsi con risorse umane del tutto insufficienti e con l’ennesimo record di precari.