Corriere del Mezzogiorno (Campania)
I meriti del governatore e il ruolo del partito
Nel dibattito corrente sulle prossime elezioni in Regione Campania, l’epicentro della discussione si è spostato esclusivamente sulla gestione dell’emergenza sanitaria da parte del governatore De Luca.
L’abilità mediatica del presidente ha portato, strategicamente, sostenitori ed oppositori, a confrontarsi su questo terreno. Le immagini dell’inchiesta della trasmissione Report, andate in onda lunedì scorso non sembrano aver scalfito la narrazione positiva nei suoi confronti mentre debole è apparso il tentativo delle forze di opposizione di utilizzarle in chiave antideluchiana.
Questa situazione ha determinato il superamento di un giudizio sereno ed obiettivo sul bilancio di cinque anni sull’operato di questa amministrazione. Un rendiconto fatto di luci ed ombre, sul quale manca un dibattito pubblico sulle scelte strategiche che hanno accompagnato la vita di questa consiliatura regionale.
Nel solco di questa situazione, De Luca ha ripreso ampiamente il controllo della discussione maturata nella sua area politica sulla possibilità di una sua riconferma e le strategie in campo alla luce del mutato quadro politico nazionale in seguito alla nascita del governo Conte 2. Messa da parte l’ipotesi di superamento dell’attuale esperienza, il governatore si è rimesso i galloni di commander in chief e ha ripreso a ricondurre le danze su alleanze e squadra di governo, nel silenzio totale dei suoi attuali sostenitori.
La sua iper-esposizione ha messo in ombra il ruolo dei partiti, in particolare di quello di maggioranza e di cui De Luca è espressione, ossia il Partito Democratico. Nel giudizio complessivo di questa esperienza manca, infatti, una valutazione sull’attività svolta dai dirigenti democratici.
Nella gestione esecutiva, De Luca ha accentrato a sé funzioni fondamentali come la Sanità, ha distribuito come deleghe e non assessorati a suoi fedelissimi su tematiche strategiche e rilevanti per un governo regionale (Cascone per i Trasporti, Coscioni per Sanità, Alfieri per l’Agricoltura), demandato ad un vicepresidente, quale l’ex senatore Bonavitacola, la gestione dell’attività ordinaria. Una sorta di governo ombra che ha alimentato il mito del salernocentrismo di questa amministrazione, a cui è andato ad aggiungersi la nomina, per quanto in quota demitiana, di un altro salernitano, l’assessore Matera, per le deleghe per cultura e turismo. Una situazione nella quale il Pd ha avuto scarsa capacità di imporre scelte diverse e nella quale si è assistito ad una mortificazione in termini di rappresentanza del capoluogo, che esprime con la sua cinta metropolitana il 53% dell’intera popolazione regionale. Basti pensare che il campione di preferenze Mario Casillo, che ambiva al ruolo di vicepresidente con delega ai trasporti, si è dovuto accontentare esclusivamente di quella al Grande Progetto Pompei.
Appare, pertanto, di interesse comprendere con quale approccio critico e propositivo il Pd partecipa al tavolo di cui dovrebbe essere promotore, in particolare su Napoli ed il suo futuro nella programmazione regionale 2020-2025. Un aspetto non marginale che si interseca nel dibattito in corso sulla sopravvivenza della sindacatura de Magistris e sulle scelte del governo nazionale, che include al suo interno due presenze di assoluta qualità quali i ministri Amendola e Manfredi.
Abbiamo assistito in queste settimane ad una ipertrofica esposizione del segretario provinciale Sarracino. In fase di riflessione è parso il segretario regionale Annunziata, che condivide con il presidente De Luca la passione per la filosofia. A lui spetta, nel rispetto dei ruoli, di rimettere al centro il ruolo del partito e delle scelte strategiche della prossima amministrazione, a partire dal dibattito aperto sulle alleanze e le personalità da coinvolgere per una consiliatura che risulterà di fondamentale importanza per la ricostruzione del tessuto socio-lavorativo campano dopo l’emergenza sanitaria.