Corriere del Mezzogiorno (Campania)
C’era una volta
Nel libro di Salatiello e Silvestri gli odori e i sapori del tempo che fu
Talvolta le tradizioni si consolidano in stereotipi di cui sentiamo comunque il bisogno. Ci aiutano ad allestire il nostro personale presepe della memoria in cui ogni personaggio occupa un posto preciso. Nella storia minima delle case partenopee, la mater familias dettava i tempi di ciascuno, forgiando caratteri e abitudini anche e soprattutto con i sapori della buona tavola. Questa regale massaia era depositaria di una sapienza popolare che traduceva le ricette in riti domestici, in odori che tutt’ora evocano atmosfere di un’epoca. È il profumo di vita vissuta e buone pietanze che fuoriesce dalle pagine del libro La cucina di mammà (Martin Eden), scritto a quattro mani dallo chef internazionale Ciro Salatiello e dallo storico Ludovico Silvestri. Competenze e attitudini dei due autori si integrano perfettamente quando ci spiegano che pure un piatto di pasta e cavoli può svelarci, oltre ai segreti della preparazione, la quotidianità di passate stagioni e i valori che credevamo dimenticati. E al centro di tutto c’è sempre lei, in parte vera e in parte mitizzata. «Mammà è una specie di donna cliché generata dal ventre di Partenope – dice Silvestri – e fino a una quarantina d’anni fa si trovava un po’ dovunque. Ma oggi è una specie in via di estinzione, che si può incontrare nel centro storico, nei paesi di provincia e nelle masserie ai piedi del Vesuvio». Le energie di questa ciaciona di femmina, che non era distratta dai social, si trasferivano sempre nel suo regno di pentole e fornelli, piccola agorà da cui scaturivano perle di saggezza di origine marinara (’o purpo se coce dint’ all’acqua soja!) e prelibati piatti orgogliosamente poveri, come ricorda Salatiello: o pere e ‘o musso è un cibo di strada per uomini rudi e per vajasse.
Fino a quaranta anni fa questa “femmina ciaciona” si trovava un po’ dovunque