Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Via Duomo, un anno dal crollo

- Di Francesco Andoli

Caro direttore, ieri nel Duomo di Napoli è stato ricordato Rosario Pandolino, il commercian­te che proprio poco distante dalla cattedrale, un anno fa, fu ucciso da un cornicione.

Qualcuno continua a dire che si é trattato di una tragica fatalità. Non è vero. È accaduto a causa della vergognosa incuria di chi invece di assicurare la manutenzio­ne all’edificio fatiscente, aveva preferito metterci una «pezza», una rete ormai vecchia.

La scomparsa di Rosario ha dei responsabi­li con nomi e cognomi. Confidiamo pertanto che, seppure molto lenta, la giustizia faccia il suo corso. Nel frattempo via Duomo tenta una rinascita anche per rimarginar­e una ferita, ma è strozzata da lavori che procedono a rilento sia nel rifaciment­o della strada sia in quel cantiere ormai epocale che è rappresent­ato dalla stazione metropolit­ana.

Da allora, però, i palazzi diroccati di via Duomo via via vengono messi in sicurezza o ristruttur­ati dai cittadini. È in atto una lenta ma costante opera di «bonifica» delle facciate di una delle strade più antiche e prestigios­e di Napoli. E i condomini che non hanno ancora dato il via ai lavori, si preparano a farlo. Questo lo si deve al sacrificio di Rosario, ma ne avremmo fatto volentieri a meno. Mi sento di dire, con assoluta certezza, che il suo spirito non ha mai abbandonat­o quella via che amava profondame­nte e dove aveva costruito una pluridecen­nale, onorata carriera da imprendito­re nel settore abiti da cerimonia. Era un punto di riferiment­o: ammirato, imitato e invidiato. Ho frequentat­o la sua casa per quasi 8 lunghi anni. Ho mangiato alla sua tavola. Ho dialogato con lui per ore. Ebbene non gli ho mai sentito pronunciar­e una parola contro un concorrent­e. Padolino era un napoletano all’antica: se le cose andavano male cercava di reinventar­si, di migliorare se stesso e la sua attività senza incolpare nessuno. Guardava chi era più bravo di lui con ammirazion­e. Era un napoletano perbene. E come lui, tutta la sua splendida famiglia a cui manca in mondo indicibile e che continua a mostrare - nonostante il dolore - signorilit­à e fierezza. A volte, quando esco sulla soglia del mio locale, volgo lo sguardo verso il lato basso di via Duomo - lì dove c’era il suo «Coriandoli» e ora c’è un negozio di ottica - e mi sembra di vederlo salire con quella sua inconfondi­bile camminata dondolante e i capelli color argento. Penso: mo’ si ferma e mi racconta un aneddoto o mi dà un consiglio. O, magari, fa una battuta e scoppia a ridere strozzando la risata tra i denti e facendosi rosso in volto come un peperone. È così che rideva Rosario. L’altro giorno, quando finalmente per la prima volta dopo la quarantena posizionav­o tavoli e sedie all’esterno di «Januarius», pensavo a quanto anche quel gesto fosse un po’ merito suo e delle tante battaglie condotte insieme per la riqualific­azione di via Duomo che è solo iniziata. Non vedrà mai l’esito dei lavori sulla strada del suo cuore per i quali ha tanto lottato: a un anno di distanza dalla sua morte — ancora più assurda perché avvenuta a pochi mesi dalla pensione — sono avanzati di poche centinaia di metri.

Il Comune di Napoli ha però deliberato che, a breve, apporrà una targa nel luogo della tragedia con una sua frase: «Comunque sia andata, tu devi sempre continuare a dare amore. Qualcuno poi capirà».

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