Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Via Duomo, un anno dal crollo
Caro direttore, ieri nel Duomo di Napoli è stato ricordato Rosario Pandolino, il commerciante che proprio poco distante dalla cattedrale, un anno fa, fu ucciso da un cornicione.
Qualcuno continua a dire che si é trattato di una tragica fatalità. Non è vero. È accaduto a causa della vergognosa incuria di chi invece di assicurare la manutenzione all’edificio fatiscente, aveva preferito metterci una «pezza», una rete ormai vecchia.
La scomparsa di Rosario ha dei responsabili con nomi e cognomi. Confidiamo pertanto che, seppure molto lenta, la giustizia faccia il suo corso. Nel frattempo via Duomo tenta una rinascita anche per rimarginare una ferita, ma è strozzata da lavori che procedono a rilento sia nel rifacimento della strada sia in quel cantiere ormai epocale che è rappresentato dalla stazione metropolitana.
Da allora, però, i palazzi diroccati di via Duomo via via vengono messi in sicurezza o ristrutturati dai cittadini. È in atto una lenta ma costante opera di «bonifica» delle facciate di una delle strade più antiche e prestigiose di Napoli. E i condomini che non hanno ancora dato il via ai lavori, si preparano a farlo. Questo lo si deve al sacrificio di Rosario, ma ne avremmo fatto volentieri a meno. Mi sento di dire, con assoluta certezza, che il suo spirito non ha mai abbandonato quella via che amava profondamente e dove aveva costruito una pluridecennale, onorata carriera da imprenditore nel settore abiti da cerimonia. Era un punto di riferimento: ammirato, imitato e invidiato. Ho frequentato la sua casa per quasi 8 lunghi anni. Ho mangiato alla sua tavola. Ho dialogato con lui per ore. Ebbene non gli ho mai sentito pronunciare una parola contro un concorrente. Padolino era un napoletano all’antica: se le cose andavano male cercava di reinventarsi, di migliorare se stesso e la sua attività senza incolpare nessuno. Guardava chi era più bravo di lui con ammirazione. Era un napoletano perbene. E come lui, tutta la sua splendida famiglia a cui manca in mondo indicibile e che continua a mostrare - nonostante il dolore - signorilità e fierezza. A volte, quando esco sulla soglia del mio locale, volgo lo sguardo verso il lato basso di via Duomo - lì dove c’era il suo «Coriandoli» e ora c’è un negozio di ottica - e mi sembra di vederlo salire con quella sua inconfondibile camminata dondolante e i capelli color argento. Penso: mo’ si ferma e mi racconta un aneddoto o mi dà un consiglio. O, magari, fa una battuta e scoppia a ridere strozzando la risata tra i denti e facendosi rosso in volto come un peperone. È così che rideva Rosario. L’altro giorno, quando finalmente per la prima volta dopo la quarantena posizionavo tavoli e sedie all’esterno di «Januarius», pensavo a quanto anche quel gesto fosse un po’ merito suo e delle tante battaglie condotte insieme per la riqualificazione di via Duomo che è solo iniziata. Non vedrà mai l’esito dei lavori sulla strada del suo cuore per i quali ha tanto lottato: a un anno di distanza dalla sua morte — ancora più assurda perché avvenuta a pochi mesi dalla pensione — sono avanzati di poche centinaia di metri.
Il Comune di Napoli ha però deliberato che, a breve, apporrà una targa nel luogo della tragedia con una sua frase: «Comunque sia andata, tu devi sempre continuare a dare amore. Qualcuno poi capirà».