Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Quanto contano gli studenti
Altrimenti anche io, come la collega di Prato che ha deciso di leggere le favole ai suoi alunni in un parco, sarei incorsa nella disapprovazione del sindacato. Una magmatica creatura che dovrebbe occuparsi di migliorare la funzione educativa della scuola ma che, come ha magistralmente evidenziato Ernesto Galli Della Loggia nell’editoriale di venerdì scorso, condivide da oltre venti anni con la politica la responsabilità del degrado e delle disfunzioni che hanno distrutto la scuola pubblica.
Non soltanto alcuni segretari di questi sindacati non sono mai entrati in una classe, e come loro molti ministri della pubblica istruzione (come si chiamava una volta), ma addirittura molti docenti rivestono all’interno delle proprie scuole l’incarico sindacale per non entrare nelle classi e mantenere privilegi che fanno rivoltare nella tomba uomini come Di Vittorio, espressione di un’etica del lavoro sconosciuta a molti di loro. Dopo circa trenta anni di insegnamento mi sono convinta che l’ultima preoccupazione nel mio ministero sono gli studenti e l’ultima istanza politica dei diversi sindacati scolastici è assicurare il rispetto dell’articolo 3 della nostra Costituzione quando recita: «I capaci e i meritevoli,
” Trasformazioni La scuola non è più da tempo un ascensore sociale, né un luogo riservato all’ascolto
anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi». La scuola non è più da tempo sempre ed ovunque un ascensore sociale, né un luogo riservato all’ascolto, né alla costruzione critica e consapevole della conoscenza.
Certamente non sempre è meritocratica, né dietro le cattedre né dietro i banchi e il danno è incalcolabile e chiama in causa il valore e l’uso del concetto di autonomia ed anche la funzione protettiva del «ruolo». Una specie di «scafandro» che riconosce la funzione definitiva del docente e ne sancisce a vita la validità, nella totale assenza di qualsivoglia valutazione non solo di natura culturale, ma anche della capacità comunicativa e della fascinazione emotiva. Proprio quelle qualità che la maestra di Prato ha esercitato sui suoi studenti e che le hanno procurato una dura reprimenda da parte di chi, a furia di adattarsi alle esigenze degli apparati, come un mostro mitologico ha finito per divorare la creatura che avrebbe dovuto proteggere.