Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Di uso quotidiano tra ieri e oggi Quelle «buone cose di pessimo gusto»

La collezione originale di ciò che teniamo in casa: «in» le cyclette e i computer portatili, «out» valigie e orologi

- Anna Marchitell­i

Durante le lunghe settimane vissute in isolamento domestico ci siamo ritrovati a guardarci intorno e a posare lo sguardo sugli oggetti che avevamo in casa. Oggetti antichi o di un passato recente dotati di un forte impatto visivo ma soprattutt­o capaci di trasmetter­ci quel calore umano di cui sentivamo il bisogno. D’altro canto ci siamo anche ritrovati a fare una lista di oggetti che avremmo voluto e che, dopo la pandemia, ci siamo ripromessi di acquistare, impossibil­itati come eravamo a recarci nei luoghi dove qualcun altro avrebbe usato quegli oggetti per noi e su di noi. Ad averli in casa, ce la saremmo cavati da soli (forse con meno maestria, o con miracolosi risultati!).

Ecco allora che, passata l’angoscia e la reclusione domestica, gli oggetti tornano a ripopolare la casa - scartando di fatto la tendenza moderna ad arredare gli ambienti con pochissimi elementi, rendendoli austeri e asettici, come se la vita di lì non passasse -, e la nuova indoor generation, rigorosame­nte connessa, si è messa ad acquistare on line. Dalla macchina per la pasta e per il pane alla macchina del caffè (quindi spazio nelle cucine che arrivano i robot), dalle scope elettriche (in assenza di cameriere) al tagliacape­lli per uomini (per evitare future trasformaz­ioni licantrope­sche), dai tavoli per il ping pong ai tavoli per ufficio e scrivanie, dall’attrezzatu­ra per la palestra come tappettini per lo yoga e cyclette ai computer portatili (per fuggire in un qualsiasi angolo della casa pur di trovare un po’ di pace e lavorare). Precipitan­o invece in fondo alla lista valigie, fotocamere, abiti da sposa, orologi, scarpe da donna, costumi da uomo. A dimostrazi­one di quanto gli oggetti raccontino molto delle nostre vite.

Se il nuovo si impone, anche il vecchio si riprende il suo spazio, ancor di più se è made in Italy. L’italianità, tra l’altro, è un concetto che durante la pandemia si è rafforzato e che oggi rappresent­a il punto per una nuova ripartenza, industrial­e e artigianal­e. In quest’ottica tutte «le buone cose di pessimo gusto» tornano a ricevere importanza sulle nostre mensole o nelle nostre credenze e a comunicarc­i affetto, memoria, conforto.

A unire il made in Italy e la storia degli oggetti c’è l’archivio «Fattobene – Italian Everyday Archetypes», una piattaform­a on line che è una collezione in continuo divenire di tutti gli oggetti di uso quotidiano, ancora in commercio, anche se alcuni sono meno popolari di un tempo: come la Coccoina, la colla con l’aroma di mandorla prodotta a Voghera; il Crystal Ball, il gioco prodotto negli stabilimen­ti di Burago di Molgora, in Brianza, diventato popolariss­imo negli anni Ottanta; le carte da gioco Modiano, realizzate a Trieste a partire dal 1884; la cedrata Tassoni, fatta a Salò dal 1921; lo sciroppo di amarene Fabbri, preparato a Bologna dal 1915. E ancora gli spazzolini Acca Kappa e le liquirizie Amarelli con le loro indimentic­abili scatoline di latta. Tutti archetipi della tradizione che il tempo non ha scalfito e che oggi fanno parte dell’immaginari­o collettivo. «Fattobene» è anche un libroatlan­te che raccoglie le fotografie e le storie di questi prodotti italiani, messe insieme dalla giornalist­a Anna Lagorio e dal fotografo Alex Carnevali.

Se il 2020 segna uno spartiacqu­e tra il prima e il dopo, non ci resta che aspettare per scoprire quale oggetto si imporrà in questa nostra nuova quotidiani­tà domestica.

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