Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Ex Provincia, un piano senza strategia
La pandemia, scrive Paolo Giordano nel suo instant book sul virus Nel Contagio (Einaudi, Torino 2020), «prima ancora che un’emergenza medica è un’emergenza matematica».
Intende che la diffusione e la dinamica dell’infezione sia descrivibile e contrastabile essenzialmente con modelli che calcolano, esattamente come nei sistemi digitali, l’evoluzione del fenomeno.
E abbiamo visto come in queste settimane i matematici ed i fisici abbiano avuto più ancora dei virologi e degli epidemiologi parte principale nel guidare le strategie istituzionali. Per cui i numeri sono oggi fondamentali per le decisioni. Ma non per questo bisogna usarli come paraventi, come alibi per ridurre tutto solo e sempre a somme e sottrazioni.
Il piano che ha presentato il sindaco, nella sua veste di capo della città metropolitana, affastella molti numeri ma non riesce a farci intendere una strategia. Sembra anzi rassicurarci che l’iniziativa non è appesantita nè limitata da un disegno organico, ma solo dall’ansia di annunciare possibili spese, a pioggia.
In un territorio quale quello dell’area partenopea, così affamato di iniziative di sviluppo, capaci di sostenere in maniera solida e non occasionale una speranza futura di intraprendenza, mettere in campo la promessa di spesa di un miliardo, è una responsabilità, personale e politica per chi la compie, che non si può semplicemente risolvere con lo stupore delle cifre, tanto più se viene presentata da un’amministrazione che ormai vede i suoi principali esponenti, a cominciare dal sindaco, proiettati verso le più diverse scadenze elettorali, più che a completare concretamente il mandato ricevuto.
Il piano per come è stato presentato e impaginato ci dice chiaramente che è destinato a tamponare, qualora fosse realizzato, buchi e clamorose inefficienze di servizi correnti, più che attivare investimenti e trasformazioni sostanziali per dare una vera spinta alla città in una fase in cui appare evidente la difficolta di uscire dall’impasse post lockdown.
Intanto, da quello che si può comprendere da quanto annunciato, è evidente che si tratti di un programma tutto pensato e compilato prima dello tsunami del coronavirus. Manca completamente quell’elemento che ormai congiunge l’ordinario funzionamento di servizi di base, come la mobilità e le scuole, alle trasformazioni che questi mesi hanno accelerato nel tessuto socio economico.
Ognuno dei capitoli previsti (dalle scuole alla viabilità; dalla sicurezza ai rifiuti) è teso semplicemente a prevedere un possibile recupero di condizioni per assicurare il funzionamento di quello che c’è, o meglio di quello che cera prima della pandemia.
Mentre sono assolutamente irrilevanti e insignificanti gli interventi di rilancio e riorganizzazione negli ambiti in cui la città si gioca il suo futuro.
Una semplice valutazione delle proporzioni fra i diversi centri di spesa fa subito intendere la filosofia del progetto di spesa: il 40 % per manutenzioni generiche per scuole e spazi pubblici, e lo 0,07 % per l’e-goverment. Una logica del tutto inadeguata già prima dell’ondata virale, che rende ancora più distante la modernizzazione del sistema di governance napoletano dalle altre metropoli italiane, ma che dopo quanto è accaduto rende del tutto incompatibile la città con la domanda di efficienza e di velocità che viene alle istituzioni dal territorio.
I due capitoli che riguardano un motore fondante dell’economia napoletana, come la cultura e le cosidette autostrade digitali, assommano a poco più di 1 milione sul miliardo. Risorse del tutto inconsistenti per una città che vede proprio nella sua potenza di comunicazione e narrazione uno dei settori portanti della sua capacità produttiva. Ormai da tempo le amministrazioni locali sono impresari primari del proprio territorio inteso come piattaforma di valorizzazione della creatività e della distribuzione dei talenti nei settori artistici e culturali più diversi.
Teatro e musica sono a Napoli vere e proprie potenze globali che vanno sostenute e indirizzate nel processo di aggiornamento e competitività internazionale con sistemi di tutela del copyright e piattaforme di promozione che rendano la città padrona di se stessa nella collocazione sul mercato dei propri prodotti e servizi.
L’esperienza del museo Mann, con la sua estrema versatilità nell’allestire e promuovere non solo il patrimonio la ma vision sul sistema artistico a livello internazionale, con linguaggi e modalità che allungano ed estendono la portata di un museo oltre ogni vincolo materiale, ci dice che si può fare, anche localmente, anche senza grandi mandati e missioni, ma semplicemente applicando competenze a strategie lucide sul territorio.
In questo sforzo le strategie di connettività diventano elemento portante. Non si capisce bene cosa si intenda per autostrade digitali, espressione che risale a più di 25 anni fa, ai tempi dell’allora vice presidente americano Al Gore. Oggi si parla in genere di un vero piano regolatore della connettività e delle intelligenze, come hanno recentemente sollecitato CGIL, CISL e UIL. Un piano che veda la città come negoziatore di una strategia di cablaggio che al momento è esclusivamente delegata agli uffici marketing di Vodafone e di Tim.
Che visione ha il comune sul progetto del 5G? Quali le priorità, quali le modalità applicativevisto che il 5g è una tecnologia liquida, adattabile a secondo dei modelli di utenza- per quanto riguarda i sistemi sanitari o il complesso culturale ? Il Cotugno sarà nel 5g? e il Mann?
Queste domanda rimangono sospese ormai da tempo, e nessuno ancora da Palazzo
San Giacomo fa sapere di avere elementi per rispondere.
Nell’ottica della città metropolitana quali sono le logiche di implementazioni di connessioni digitali con le aree intermedie? Se è vero che una città è raccontata dalle sue strade, come diceva Fernand Braudel, oggi dobbiamo ormai constatare che una città è innanzitutto le sue linee di cablaggio che assicurano la possibilità di realizzare forme di assistenza efficacie, e di valorizzazioni globale del suo territorio.
Quali sono queste strade digitali che raccontano la città metropolitana di Napoli ? Ci aspettiamo che se non con nuove risorse, che sarebbe indispensabili, il programma di interventi annunciato possa finalizzare almeno quel poco che si prevede di spendere nei settori guida della nuova economia immateriale ad un’idea organizzata, e non solo alla pura esibizione di tecnologie alla moda. Un sogno è importante, dicevano i grandi urbanisti del secolo scorso, ma avere un piano è meglio.