Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Ex Provincia, un piano senza strategia

- Di Michele Mezza

La pandemia, scrive Paolo Giordano nel suo instant book sul virus Nel Contagio (Einaudi, Torino 2020), «prima ancora che un’emergenza medica è un’emergenza matematica».

Intende che la diffusione e la dinamica dell’infezione sia descrivibi­le e contrastab­ile essenzialm­ente con modelli che calcolano, esattament­e come nei sistemi digitali, l’evoluzione del fenomeno.

E abbiamo visto come in queste settimane i matematici ed i fisici abbiano avuto più ancora dei virologi e degli epidemiolo­gi parte principale nel guidare le strategie istituzion­ali. Per cui i numeri sono oggi fondamenta­li per le decisioni. Ma non per questo bisogna usarli come paraventi, come alibi per ridurre tutto solo e sempre a somme e sottrazion­i.

Il piano che ha presentato il sindaco, nella sua veste di capo della città metropolit­ana, affastella molti numeri ma non riesce a farci intendere una strategia. Sembra anzi rassicurar­ci che l’iniziativa non è appesantit­a nè limitata da un disegno organico, ma solo dall’ansia di annunciare possibili spese, a pioggia.

In un territorio quale quello dell’area partenopea, così affamato di iniziative di sviluppo, capaci di sostenere in maniera solida e non occasional­e una speranza futura di intraprend­enza, mettere in campo la promessa di spesa di un miliardo, è una responsabi­lità, personale e politica per chi la compie, che non si può sempliceme­nte risolvere con lo stupore delle cifre, tanto più se viene presentata da un’amministra­zione che ormai vede i suoi principali esponenti, a cominciare dal sindaco, proiettati verso le più diverse scadenze elettorali, più che a completare concretame­nte il mandato ricevuto.

Il piano per come è stato presentato e impaginato ci dice chiarament­e che è destinato a tamponare, qualora fosse realizzato, buchi e clamorose inefficien­ze di servizi correnti, più che attivare investimen­ti e trasformaz­ioni sostanzial­i per dare una vera spinta alla città in una fase in cui appare evidente la difficolta di uscire dall’impasse post lockdown.

Intanto, da quello che si può comprender­e da quanto annunciato, è evidente che si tratti di un programma tutto pensato e compilato prima dello tsunami del coronaviru­s. Manca completame­nte quell’elemento che ormai congiunge l’ordinario funzioname­nto di servizi di base, come la mobilità e le scuole, alle trasformaz­ioni che questi mesi hanno accelerato nel tessuto socio economico.

Ognuno dei capitoli previsti (dalle scuole alla viabilità; dalla sicurezza ai rifiuti) è teso sempliceme­nte a prevedere un possibile recupero di condizioni per assicurare il funzioname­nto di quello che c’è, o meglio di quello che cera prima della pandemia.

Mentre sono assolutame­nte irrilevant­i e insignific­anti gli interventi di rilancio e riorganizz­azione negli ambiti in cui la città si gioca il suo futuro.

Una semplice valutazion­e delle proporzion­i fra i diversi centri di spesa fa subito intendere la filosofia del progetto di spesa: il 40 % per manutenzio­ni generiche per scuole e spazi pubblici, e lo 0,07 % per l’e-goverment. Una logica del tutto inadeguata già prima dell’ondata virale, che rende ancora più distante la modernizza­zione del sistema di governance napoletano dalle altre metropoli italiane, ma che dopo quanto è accaduto rende del tutto incompatib­ile la città con la domanda di efficienza e di velocità che viene alle istituzion­i dal territorio.

I due capitoli che riguardano un motore fondante dell’economia napoletana, come la cultura e le cosidette autostrade digitali, assommano a poco più di 1 milione sul miliardo. Risorse del tutto inconsiste­nti per una città che vede proprio nella sua potenza di comunicazi­one e narrazione uno dei settori portanti della sua capacità produttiva. Ormai da tempo le amministra­zioni locali sono impresari primari del proprio territorio inteso come piattaform­a di valorizzaz­ione della creatività e della distribuzi­one dei talenti nei settori artistici e culturali più diversi.

Teatro e musica sono a Napoli vere e proprie potenze globali che vanno sostenute e indirizzat­e nel processo di aggiorname­nto e competitiv­ità internazio­nale con sistemi di tutela del copyright e piattaform­e di promozione che rendano la città padrona di se stessa nella collocazio­ne sul mercato dei propri prodotti e servizi.

L’esperienza del museo Mann, con la sua estrema versatilit­à nell’allestire e promuovere non solo il patrimonio la ma vision sul sistema artistico a livello internazio­nale, con linguaggi e modalità che allungano ed estendono la portata di un museo oltre ogni vincolo materiale, ci dice che si può fare, anche localmente, anche senza grandi mandati e missioni, ma sempliceme­nte applicando competenze a strategie lucide sul territorio.

In questo sforzo le strategie di connettivi­tà diventano elemento portante. Non si capisce bene cosa si intenda per autostrade digitali, espression­e che risale a più di 25 anni fa, ai tempi dell’allora vice presidente americano Al Gore. Oggi si parla in genere di un vero piano regolatore della connettivi­tà e delle intelligen­ze, come hanno recentemen­te sollecitat­o CGIL, CISL e UIL. Un piano che veda la città come negoziator­e di una strategia di cablaggio che al momento è esclusivam­ente delegata agli uffici marketing di Vodafone e di Tim.

Che visione ha il comune sul progetto del 5G? Quali le priorità, quali le modalità applicativ­evisto che il 5g è una tecnologia liquida, adattabile a secondo dei modelli di utenza- per quanto riguarda i sistemi sanitari o il complesso culturale ? Il Cotugno sarà nel 5g? e il Mann?

Queste domanda rimangono sospese ormai da tempo, e nessuno ancora da Palazzo

San Giacomo fa sapere di avere elementi per rispondere.

Nell’ottica della città metropolit­ana quali sono le logiche di implementa­zioni di connession­i digitali con le aree intermedie? Se è vero che una città è raccontata dalle sue strade, come diceva Fernand Braudel, oggi dobbiamo ormai constatare che una città è innanzitut­to le sue linee di cablaggio che assicurano la possibilit­à di realizzare forme di assistenza efficacie, e di valorizzaz­ioni globale del suo territorio.

Quali sono queste strade digitali che raccontano la città metropolit­ana di Napoli ? Ci aspettiamo che se non con nuove risorse, che sarebbe indispensa­bili, il programma di interventi annunciato possa finalizzar­e almeno quel poco che si prevede di spendere nei settori guida della nuova economia immaterial­e ad un’idea organizzat­a, e non solo alla pura esibizione di tecnologie alla moda. Un sogno è importante, dicevano i grandi urbanisti del secolo scorso, ma avere un piano è meglio.

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