Corriere del Mezzogiorno (Campania)
I contadini filosofi del giacobino Russo
Nasceva 250 anni fa uno dei maggiori sostenitori della Repubblica del 1799 Riformatore radicale, il suo ideale prevedeva piccole comunità autonome
Tra i martiri della Repubblica Napoletana del 1799, Vincenzio Russo, di cui oggi ricorre il 250esimo anniversario della nascita, è sicuramente uno dei maggiori fautori del giacobinismo che propugnava la lotta armata e rivoluzionaria da attuare contro lo stato borbonico per dare potere e diritti ai più deboli.
Non semplici idee, ma azione basata sui principi delineati nei Pensieri politici, editi a Roma nel 1798, che riecheggiano le utopie autarchiche della Repubblica platonica e del Contratto sociale di JeanJacques Rousseau. Perché, come scrive il suo concittadino Enzo Rega ne La coscienza dell’utopia. Vincenzio Russo, giacobino napoletano (l’arca e l’arco edizioni, Nola 2011), Russo «la rivoluzione non solo l’ha vagheggiata ma l’ha fatta. Egli si colloca dunque all’interno della schiera dei riformatori radicali della società…».
Russo nacque a Palma Campania il 16 giugno 1770 nella casa che si trova ancora oggi al civico 11 di Vicoletto Russo, dove stasera, alle 18.30, si terrà una sobria manifestazione patrocinata dal Comune e organizzata dal Gruppo Archeologico Terra di Palma, di cui è presidente l’ingegnere Luigi Sorrentino, autore di un libro sulla vita del pensatore palmese, durante la quale sarà apposta una corona d’alloro alla lapide commemorativa. E proprio da Io muoio libero e per la repubblica di Sorrentino, edito dall’Istituto Grafico Editoriale Italiano nel 1999, possiamo riprendere gran parte delle informazioni su Vincenzio (come firma i suoi Pensieri...) Russo. Il padre Nicola è avvocato, sua moglie Mariangela Visciano, era originaria di San Paolo Belsito. Famiglia numerosa: Pietro, Diana, Giuseppe, Gaetano, Maria Saveria, Nicoletta e Antonio i nomi dei fratelli. Fatti i primi studi in casa sotto la guida del padre e dei precettori Biagio Rainone e Filippo Ferrara, a 8 anni Vincenzio entra nel Seminario vescovile di Nola, dove ha tra gli insegnanti Ignazio Falconieri, un sacerdote di Lecce che sarà giustiziato nel 1799 proprio come il suo allievo. Russo consegue due lauree: la prima, in Medicina, presso l’Università di Nola; la seconda, in giurisprudenza, presso la «Federico II» di Napoli. E proprio nella capitale del regno, con il fratello Giuseppe, entra a far parte prima della loggia massonica La Renaissant e poi della loggia la Philantropia, il cui maestro venerabile è Mario Pagano, uno dei futuri leader della Repubblica Napoletana del 1799. Abile oratore, ben inserito nonostante la giovane età nei salotti intellettuali della città, nei quali incontra anche Vincenzo Cuoco, che diventerà suo fraterno amico, Russo non resta insensibile ai valori della Rivoluzione francese del 1789, aderisce ai principi giacobini di Robespierre ed entra nelle società segrete Club rivoluzionario e Società Patriottica Napoletana. Ma le sue idee, che sfociano in un primo tentativo di insurrezione, gli costano l’esilio.
Nel 1796 fugge prima a Milano, via Genova, poi in Svizzera, dove pratica la professione medica, e infine nel 1798 a Roma, dove sostiene la Repubblica Romana con Mario Pagano. Proprio qui partecipa alle attività dei circoli culturali, pubblica i «pensieri politici» e collabora con vari giornali, allacciando importanti rapporti con esponenti francesi che gli permettono di essere tra i promotori della nascita della Repubblica Napoletana. In patria rientra nel gennaio del 1799 come medico al seguito delle truppe francesi. Il 17 gennaio, con il fratello Gaetano, è a Palma Campania, cinque giorni dopo entra a Napoli con il generale Championnet. Si stabilisce in una trasversa di via Tribunali e partecipa attivamente alla fondazione della Repubblica, si impegna a sensibilizzare il popolo in piazza e diventa, tra l’altro, collaboratore del «Monitore Napoletano» diretto da Eleonora Pimentel Fonseca. Riceve l’incarico di Elettore del Dipartimento Volturno e in seguito, date le sue notevoli qualità oratorie, viene nominato responsabile della sala di Istruzione Pubblica. Viene eletto anche nella Commissione legislativa, incarico che però per le sue posizioni radicali ricopre solo per pochi giorni. Ma ormai i giorni della Repubblica Napoletana sono contati, le armate sanfediste del cardinale Ruffo stanno avendo il sopravvento in tutto il Regno e sono pronte a riconquistare Napoli. Russo, uomo di azione e non solo di pensiero, è sulle barricate; la notte tra il 13 e il 14 giugno viene ferito e fatto prigioniero mentre combatte al Ponte della Maddalena. Il 19 novembre 1799, appena ventinovenne, viene giustiziato sulla piazza del Mercato. Le sue ultime parole, stando al diario di Diomede Marinelli, sono: «Io muoio libero e per la repubblica».
Quella ideale, per Russo, è contadina e l’eguaglianza economica, base per un’autentica eguaglianza politica, per potersi realizzare, doveva basarsi su piccole comunità in qualche modo corrispondenti alla polis greca, tali da garantire l’effettiva partecipazione di tutti i cittadini alla vita politica. Infine, perché tutti potessero partecipare consapevolmente alla gestione della comunità, era necessario rendere pubblica e generale l’istruzione.
Quella di Russo, per lo stretto legame tra proprietà terriera e consapevolezza politica, prende perciò l’aspetto di una Repubblica di contadini filosofi. Russo rifiuta così lo sviluppo industriale, che avrebbe determinato condizioni insalubri di vita per i lavoratori, e il commercio, che avrebbe portato all’avidità di sempre più lauti guadagni a discapito di una vita sobria e onesta.