Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Parte la protesta del silenzio Festa della musica, zero note
«Tutta la musica che è ripartita è musica portata in scena con i soldi pubblici. Tutto il resto è ancora completamente fermo. I soldi pubblici vi fanno ascoltare solo una parte degli artisti e gli spettacoli sono destinati ad una piccola parte di pubblico. Tutto questo non è il live vero. Tutto questo non è il mercato vero. Tutto questo non rappresenta la musica» nelle parole dell’organizzatore napoletano Alessandro Pacella (su Fb) il senso di «#Iolavoroconlamusica», un hashtag identitario, condiviso sul web domenica scorsa da musicisti, produttori, manager e addetti ai lavori per sensibilizzare il governo sulla crisi che ha colpito l’industria musicale durante la pandemia e adottare provvedimenti salvifici. A metterci la faccia sui social anche una nutrita schiera di artisti campani, da Gigi D’Alessio, Ghemon, Daniele Sanzone degli ‘A67, Giovanni Truppi, Dario Sansone dei Foja e la cantautrice
Micaela Tempesta. Tutti uniti in un’iniziativa a corredo della campagna «Senza musica» che culminerà domenica prossima con una festa della musica paradossalmente silenziosa.
La manifestazione popolare nata per festeggiare il solstizio d’estate a suon di concerti si converte dunque in un monito collettivo, come racconta Ghemon: «Ci sono delle proposte di emendamento al DL Rilancio che ci riguardano. Chiediamo che la politica non le ignori, adoperandosi per dare finalmente dignità a tutti coloro che lavorano con la musica. Per noi il 21 giugno sarà una festa. È il momento di metterci la faccia e di raccontare che il nostro è un lavoro che non è solo di cantanti e musicisti, ma di decine di migliaia di uomini e donne (e perciò di famiglie) che rivestono i ruoli più diversi».
Attraverso vari emendamenti, i lavoratori dello spettacolo chiedono defiscalizzazione e ampliamento degli ammortizzatori sociali. L’appello nasce con l’intento di sostenere le istanze di elettricisti, fonici, manager, promoter, ossia coloro che giocano un ruolo nascosto eppure fondamentale in una filiera vastissima. Una precarietà snervante che coinvolge in particolare la base della piramide. Peppe Gomez di Fast Forward, consigliere di Assomusica spiega: «Questo non è necessariamente un claim in contrasto con le decisioni di governo. È stato ripreso da coloro che lavorano per le multinazionali fino al musicista di strada. Ma il discorso è più complicato: gli interventi messi in campo a favore delle aziende dello spettacolo non hanno coinvolto i lavoratori. C’è una frattura evidente tra quello che il governo ha cercato di fare nei confronti delle società e quello che non ha fatto per facchini, ingegneri del suono, backliner, e chiunque non fosse tutelato dalla propria posizione contributiva. Solo Paul McCartney può pensare che bastie alzare la cornetta e chiamare il ministro Franceschini o il presidente Conte per prendere all’istante complicate decisioni sul comparto».
Una burocrazia lenta e limitazioni eccessive sono i tasti dolenti per il giovane cantautore napoletano Giovanni Truppi: «Per la tipologia di questo lavoro - spiega - è difficile anche solo ottenere gli aiuti, visti i tanti asterischi presenti nei decreti. Ripartire con i concerti poi significa poco. Un esempio? Nei prossimi live suonerò in piano solo e sarò costretto a rinunciare alla mia band, che di conseguenza non potrà lavorare».
Peppe Gomez
Gli interventi messi in campo per le aziende dello spettacolo hanno dimenticato i lavoratori