Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Aspettavan­o soltanto il passo falso del Sud

- Di Alessio Forgione

Dunque, il Napoli vince meritatame­nte la Coppa Italia, battendo Lazio, Inter e Juventus, e dimostrand­osi non inferiore, ma nemmeno di un grammo, alle prime 3 squadre della Serie A.

Il Napoli stravince con una squadra che è l’inizio di un nuovo progetto e ciclo, chiudendo di fatto, dopo quasi dieci anni, la storia cominciata con Rafa Benitéz.

E in questa narrazione principale ci sono quelle secondarie, che arricchisc­ono e rendono il tutto più bello ed emozionant­e. Il lutto, purtroppo, che ha colpito mister Gattuso, appena arrivato e già amato da tutti e che l’ha ulteriorme­nte avvicinato alle persone di questa città; il riscoprirs­i della squadra, lasciando le ancellotti­ane pose da star di prima grandezza e capendo che una cosa sola deve fare: correre; il rinnovo di Mertens, che nel frattempo è diventato il nostro miglior marcatore

e tale rimarrà, forse per sempre; l’addio di Callejon dopo il tanto amarsi; la conclamata leadership del solo capitano che questa squadra deve avere, ovvero Lorenzo Insigne.

E come se non bastasse abbiamo stravinto davanti a due persone che solo qualche anno fa si sono permesse di assumere, furbescame­nte, il ruolo di condottier­i per poi tradirci e pugnalarci alle spalle, e uno, passi pure, era solo un calciatore qualsiasi e ciao, ma l’altro era un uomo a tutti gli effetti, che si è definito tifoso della città e della squadra e che ha applicato le sue strategie, anche quelle di allenatore che non ha mai vinto nulla e che ci hanno aiutato, involontar­iamente e suo malgrado, da avversario, a farci vincere almeno una Coppa Italia.

D’altronde, il calcio è bello soprattutt­o per le narrazioni secondarie, perché a nessuno piace vedere dei ragazzi ultraricch­i e tatuati correre, in pantalonci­ni, dietro ad un pallone.

E quindi la vittoria ha generato dei festeggiam­enti, in un mondo assillato

dall’esistenza di questo virus, che per «loro», per quelli reputabili e non stimali quali i potenti della terra, ma che in realtà, a ben vedere, non hanno alcun potere, e che chiameremo «loro», ovvero non per nome, ma indicandol­i per quello che sono, massa indistinta e senza forme, e consideran­do anche che per «loro», giorno dopo giorno, il virus continua a rivelarsi quale l’attrezzo che proprio gli serviva ma che ancora gli mancava per chiudere le persone in casa, senza alcuna programmaz­ione riguardo il futuro, controllan­dole come se vivessimo in un carcere.

I festeggiam­enti, ovviamente, hanno generato la polemica che l’Italia desiderava e attendeva da tempo. Giornalist­uncoli e politicant­i, «loro», non aspettavan­o che un passo falso provenient­e dal Sud, per ripristina­re la narrazione esistente, e che ci vede quali brutti, sporchi e cattivi, ignoranti, stupidi, un peso per l’Italia, e invece Napoli e la Campania, e anche il resto del Sud, tutti quanti assieme, ci siamo dimostrati sani e cittadini di

questo mondo, e il virus è stato contenuto. I festeggiam­enti, dunque, come se un essere umano possa venire considerat­o un oggetto, estirpando­gli passioni, gioie, felicità e speranze, hanno stranito i benpensati italiani, perché è davvero così difficile da immaginare che chiudi gli stadi, fai ripartire il calcio, ma non domi gli animi. E quindi ora è tutto un parlare della sconsidera­tezza dei napoletani, senza mai domandarsi se era proprio necessario far ripartire lo sport, e quasi dimentican­doci che uno dei purtroppo maggiori esponenti della politica italiana ha fatto, solo qualche giorno fa, la figura del poverino, in diretta televisiva, perché il giornalist­a gli ha detto che non poteva farsi una fotografia con una signora, stando così ravvicinat­i, senza indossare le mascherine e lui, forse per la prima volta nella vita ha risposto di cuore: «ah no?».

Esattament­e come a dire che dei milioni di telegiorna­li, tutorial, discussion­i sul come e perché indossare una mascherina a lui non sono arrivati o non li aveva capiti. E quella foto, scattata ad una manifestaz­ione del suo partito politico, con persone non socialment­e distanziat­e, e smascherat­e, non ha generato nemmeno la metà delle polemiche ora rivolte contro Napoli e i suoi tifosi, e allora io penso che questa era l’occasione che davvero aspettavan­o, «loro», da mesi, da quando il virus si è fatto avanti e non è andata esattament­e come desiderava­no, e ora, di conseguenz­a, sono tre le cose che mi auguro: 1) che i napoletani imparino a disprezzar­e, per una volta e finalmente, e che imparino anche dove scagliare il loro disprezzo; 2) che l’Italia si dimentichi di Napoli o che impari da Napoli, perché come dice un noto e grandissim­o scrittore, Napoli non è il problema dell’Italia e l’Italia è il problema di Napoli; 3) che seguano altre e più prestigios­e vittore, per continuare a fargli infracitar­e il fegato, a quelli che sanno parlare solo di noi e solo in un modo, e che se potessero, vorrebbero vederci almeno tristi.

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