Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Aspettavano soltanto il passo falso del Sud
Dunque, il Napoli vince meritatamente la Coppa Italia, battendo Lazio, Inter e Juventus, e dimostrandosi non inferiore, ma nemmeno di un grammo, alle prime 3 squadre della Serie A.
Il Napoli stravince con una squadra che è l’inizio di un nuovo progetto e ciclo, chiudendo di fatto, dopo quasi dieci anni, la storia cominciata con Rafa Benitéz.
E in questa narrazione principale ci sono quelle secondarie, che arricchiscono e rendono il tutto più bello ed emozionante. Il lutto, purtroppo, che ha colpito mister Gattuso, appena arrivato e già amato da tutti e che l’ha ulteriormente avvicinato alle persone di questa città; il riscoprirsi della squadra, lasciando le ancellottiane pose da star di prima grandezza e capendo che una cosa sola deve fare: correre; il rinnovo di Mertens, che nel frattempo è diventato il nostro miglior marcatore
e tale rimarrà, forse per sempre; l’addio di Callejon dopo il tanto amarsi; la conclamata leadership del solo capitano che questa squadra deve avere, ovvero Lorenzo Insigne.
E come se non bastasse abbiamo stravinto davanti a due persone che solo qualche anno fa si sono permesse di assumere, furbescamente, il ruolo di condottieri per poi tradirci e pugnalarci alle spalle, e uno, passi pure, era solo un calciatore qualsiasi e ciao, ma l’altro era un uomo a tutti gli effetti, che si è definito tifoso della città e della squadra e che ha applicato le sue strategie, anche quelle di allenatore che non ha mai vinto nulla e che ci hanno aiutato, involontariamente e suo malgrado, da avversario, a farci vincere almeno una Coppa Italia.
D’altronde, il calcio è bello soprattutto per le narrazioni secondarie, perché a nessuno piace vedere dei ragazzi ultraricchi e tatuati correre, in pantaloncini, dietro ad un pallone.
E quindi la vittoria ha generato dei festeggiamenti, in un mondo assillato
dall’esistenza di questo virus, che per «loro», per quelli reputabili e non stimali quali i potenti della terra, ma che in realtà, a ben vedere, non hanno alcun potere, e che chiameremo «loro», ovvero non per nome, ma indicandoli per quello che sono, massa indistinta e senza forme, e considerando anche che per «loro», giorno dopo giorno, il virus continua a rivelarsi quale l’attrezzo che proprio gli serviva ma che ancora gli mancava per chiudere le persone in casa, senza alcuna programmazione riguardo il futuro, controllandole come se vivessimo in un carcere.
I festeggiamenti, ovviamente, hanno generato la polemica che l’Italia desiderava e attendeva da tempo. Giornalistuncoli e politicanti, «loro», non aspettavano che un passo falso proveniente dal Sud, per ripristinare la narrazione esistente, e che ci vede quali brutti, sporchi e cattivi, ignoranti, stupidi, un peso per l’Italia, e invece Napoli e la Campania, e anche il resto del Sud, tutti quanti assieme, ci siamo dimostrati sani e cittadini di
questo mondo, e il virus è stato contenuto. I festeggiamenti, dunque, come se un essere umano possa venire considerato un oggetto, estirpandogli passioni, gioie, felicità e speranze, hanno stranito i benpensati italiani, perché è davvero così difficile da immaginare che chiudi gli stadi, fai ripartire il calcio, ma non domi gli animi. E quindi ora è tutto un parlare della sconsideratezza dei napoletani, senza mai domandarsi se era proprio necessario far ripartire lo sport, e quasi dimenticandoci che uno dei purtroppo maggiori esponenti della politica italiana ha fatto, solo qualche giorno fa, la figura del poverino, in diretta televisiva, perché il giornalista gli ha detto che non poteva farsi una fotografia con una signora, stando così ravvicinati, senza indossare le mascherine e lui, forse per la prima volta nella vita ha risposto di cuore: «ah no?».
Esattamente come a dire che dei milioni di telegiornali, tutorial, discussioni sul come e perché indossare una mascherina a lui non sono arrivati o non li aveva capiti. E quella foto, scattata ad una manifestazione del suo partito politico, con persone non socialmente distanziate, e smascherate, non ha generato nemmeno la metà delle polemiche ora rivolte contro Napoli e i suoi tifosi, e allora io penso che questa era l’occasione che davvero aspettavano, «loro», da mesi, da quando il virus si è fatto avanti e non è andata esattamente come desideravano, e ora, di conseguenza, sono tre le cose che mi auguro: 1) che i napoletani imparino a disprezzare, per una volta e finalmente, e che imparino anche dove scagliare il loro disprezzo; 2) che l’Italia si dimentichi di Napoli o che impari da Napoli, perché come dice un noto e grandissimo scrittore, Napoli non è il problema dell’Italia e l’Italia è il problema di Napoli; 3) che seguano altre e più prestigiose vittore, per continuare a fargli infracitare il fegato, a quelli che sanno parlare solo di noi e solo in un modo, e che se potessero, vorrebbero vederci almeno tristi.