Corriere del Mezzogiorno (Campania)
LELLO ARENA IO, COMICO «MADE IN SUD»
L’attore è il nume tutelare della trasmissione dei record sul palco dell’Auditorium «È un gran bel gruppo con cui lavoro da tempo. Visto il momento straordinario, ho sentito il bisogno di dare il mio contributo sul palco. Usciremo dall’emergenza»
La vera novità sul palco della nuova serie di Made in Sud è Lello Arena. Che in realtà da tempo fa parte del gruppo portante, ma solo fra le anime pensanti del gruppo che sta dietro alle quinte di quello che è ritenuto il successo comico degli ultimi dieci anni di tv, capace di spazzar via i modelli precedenti di cabaret «nordico» che imperavano sul piccolo schermo. Made in Sud, nella versione post-Covid, senza il pubblico, ha ripreso le sue messe in scena e in onda con cast, idee e programmi rinnovati, ma soprattutto con lui, Lello Arena, come nume tutelare sul palco dell’Auditorium della Rai di Napoli in un ideale trait d’union tra la comicità del passato e quella del presente.
Quali sono le differenze tra le due comicità?
«Nessuna. Per me ci sono solo quella che fa ridere e quella che non fa ridere. Il senso del lavoro di tutti noi è far ridere. Ed è ciò che serve soprattutto in questo periodo per “tirare su il morale della truppa”. Con questo bel gruppo di Nando Mormone (ideatore e anima di Made in Sud, ndr) e Mario Esposito, lavoro da tempo, sia in tv che al cinema, dalle messe in scena ai progetti agli special. La differenza col passato sta nel fatto che essendo un momento straordinario, ho sentito anche io, straordinariamente, il bisogno di uscir fuori di nuovo. Il periodo che stiamo passando secondo me richiede che tutti coloro che sono nelle condizioni fisiche, tecniche e psicologiche non si tirino indietro. Che metabolizzino l’imbarazzo di recitare senza il pubblico all’Auditorium, non risentendone, ma anzi trasformandolo in forza. Ma poi come si fa a dire di no a un’eccellenza come il palco della Rai di Napoli. Era naturale, quindi, che io ci fossi quest’anno».
Il segreto del successo di Made in Sud?
«Che anche nel momento dei record e del massimo successo si rinnova sempre. In tutto, differenziandosi sempre, anno dopo anno, anche nella struttura, completaviene mente rivoluzionata rispetto all’edizione scorsa. Quello che mi piace di questo gruppo è che c’è sempre chi si se ne prende cura, a partire dall’inserire dei nuovi contenuti. Poi che tutti si mettano sempre in gioco. In favore del pubblico, che lo riconosce e ricambia sempre con grandi ascolti. Penso ai veterani insieme con i giovanissimi o, per esempio, ad artisti come Sal Da Vinci, subito protagonista sin dalla prima puntata».
Come mai i comici napoletani hanno aspettato tanti anni per diventare finalmente un gruppo saldo? Non vi eravate saputi organizzare?
«Spesso non siamo capaci di gioire di un successo dell’altro, più facile farlo con un insuccesso. Dovevamo esorcizzare tutto, successi e insuccessi. Capito questo, abbiamo fatto un passo avanti rispetto a questa cattiva abitudine. Questo non succede ad altre categorie che rappresentano l’eccellenza come i lavoratori della sanità campana. Comunque mi piace di pensare ora a questa invasione di risate che prodal nostro palco, dal nostro sud, sperando che risolva tanti problemi».
Come quelli di tanti lavoratori dello spettacolo che hanno aiutato tutti a passare ore liete a casa davanti alla tv o a uno schermo, ma che non sono riconosciuti come i medici?
«Tutto tornerà come prima, è già successo con altre pandemie, a partire dalla Spagnola. Torneremo alle nostre abitudini e dopo una parentesi estiva all’aperto, affolleremo di nuovo i teatri e i cinema per godere di bei film, spettacoli e concerti. La crisi del lavoro non ha colpe se non quella del virus. Certo, il supporto che il Governo deve dare alla categoria dei lavoratori dello spettacolo ce lo aspettiamo tutti in questo momento, ma dobbiamo anche avere pazienza e sapere aspettare». È ottimista quindi? «Usciremo dall’emergenza. e ricominceremo anche a lavorare in teatro, con le nostre tournée. Come quella di ”Miseria e nobiltà”, che spero di ripristinare in autunno, al più tardi quest’inverno. Mai facendo dei salti in avanti, però, e sempre rispettando il benessere nostro e del pubblico».
Come ha fatto (e come fa) a stare senza pubblico?
«Con il buon senso, la cultura, l’educazione. Io non pensavo, per esempio, che casa mia si sarebbe trasformata mai in uno studio tv. È successo. E io mi sono fatto trovare pronto, vispo e gagliardo come tanti miei colleghi napoletani. Rispettando il pubblico, ci siamo presentati sempre al massimo, ben pettinati, profumati, prendendo sul serio ciò che è serio perché è il nostro lavoro».
Allora sarà questa la differenza che corre tra voi attori esperti e i giovanissimi che si affacciano ora sul palco?
«Oltre a quella di saper far ridere e di non saper far ridere, l’altra differenza è quella che corre tra i clown, con tutta la loro dignità, la poesia e la nobiltà del loro lavoro, e i pagliacci. In giro vedo ancora troppi pagliacci».