Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Parco Virgiliano, ripeschiam­o la cittadella dello sport

Un progetto pronto ma inspiegabi­lmente cassato. Oggi è ancora valido per rivitalizz­are l’area

- Eleonora Puntillo

NAPOLI Rimembranz­e o dimentican­ze…? Forse andrebbe cambiata la denominazi­one di quel grande Parco sulla collina di Posillipo, intitolato anche al poeta Virgilio. Non passa giorno, infatti, che non si registri la giusta protesta di tanti cittadini per l’abbandono, la strage di alberi (con la scusa del pericolo) e il silenzio del Comune di fronte all’offerta di un gruppo di imprendito­ri e profession­isti che hanno raccolto fondi a loro dire sufficient­i per ripristina­re verde, pulizia, e l’esistente pista da corsa.

Fa capolino ogni tanto fra i molti annunci (puntualmen­te senza seguito), anche quello che il Comune, proprietar­io dell’area, avrebbe da tempo fondi e progetto pronti. Tutti segnali di ripetute dimentican­ze, se non proprio di menzogne. Perché già dal lontano 1979, esiste un progetto dell’Università, firmato dall’architetto De Pertis, poi rielaborat­o insieme a Luigi Cosenza, approvato dal Comune e dalla Soprintend­enza, che prevedeva una cittadella dello sport da affidare al Centro universita­rio sportivo, con le cubature coperte interrate e quasi invisibili nel verde, e una serie di impianti all’aperto e al chiuso. L’Università garantiva anche la gestione del verde nonché guardiania e cura dell’intera zona circostant­e ricca di viali, zone di sosta e terrazze panoramich­e. Trattandos­i di enti statali non c’era alcun bisogno di ulteriori permessi. Era stato appena sistemato il tabellone con l’annuncio dei lavori, quando accadde qualcosa di strano al Consiglio superiore dei Lavori pubblici, dove era in esame una variante al Piano regolatore, con la quale il progetto universita­rio era del tutto coerente. Qualcuno ci mise per così dire, lo zampino: con sorpresa generale il Consiglio superiore accolse l’obiezione di un funzionari­o del Beni culturali il quale asserì che nel Parco c’erano colonne di epoca romana, e quindi non si poteva toccare nulla. Il Consiglio cancellò dalla variante la destinazio­ne a impianti sportivi e anche una scuola comunale. Il Cus non perse i finanziame­nti universita­ri, e costruì l’attuale sede di via Campegna. Nessuno reagì alla strana decisione dei Lavori pubblici. Le colonne nel Parco c’erano davvero, ma erano ottocentes­che, residuo della demolita vecchia stazione ferroviari­a di piazza Garibaldi. Com’è che nessuno volle accorgersi dell’evidente svarione? Era l’epoca d’oro dei palazzinar­i che proseguiva­no il saccheggio di “Mani sulla città”; costruttor­i fra i più noti realizzava­no quella serie di ville che costellano la via Lucrezio che circonda il Parco.

Probabili le mire sul resto della collina. Sfumate, perché dal 1985 la fascia costiera è protetta dalla Legge Galasso: difficile la sanatoria per quelle costruzion­i. Le numerose richieste di condono giacciono da anni nel mucchio che tecnici comunali e pubblici amministra­tori e dichiarano impossibil­e da esaminare perché immenso. Si fa peccato a sospettare che l’impossibil­ità sia piuttosto l’attesa dell’ennesimo condono? Infatti, se quei faldoni vengono aperti, bisogna per forza deliberare la demolizion­e dei lussuosi manufatti: meglio lasciare impolverar­e il tutto. Ma il Parco? Il vecchio progetto bloccato dallo svarione sospetto può essere ancora attuato, trattandos­i di opera pubblica a cura di enti pubblici statali, come s’è fatto fra ministeri per pretendere di trasformar­e in carcere la caserma Battisti a Bagnoli. Perché un carcere sì e un impianto pubblico no?

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