Corriere del Mezzogiorno (Campania)

POLITICA INADEGUATA ALLA REALTÀ

- Di Francesco Dandolo

Solo chi non si occupa dei problemi della gente può stupirsi di quanto sta accadendo a Mondragone. Si tratta di situazioni che sebbene a volte latenti, hanno in sé una carica esplosiva. Alimentata dalla latitanza della politica. E lo diciamo con preoccupaz­ione perché è imminente la campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio Regionale della Campania. Che fra le sue competenze deve occuparsi di assistenza sociale, istruzione, salute e abitazioni in tema di immigrazio­ne. Lo ha più volte rimarcato la Corte Costituzio­nale. Ancora una volta, invece, l’uso di toni inadeguati caratteriz­za le dichiarazi­oni dei politici che sono intervenut­i sulla vicenda. Mondragone fa parte di un‘area in cui vi è un’elevata densità di migranti. Lo è da oltre trent’anni. E non lo è per caso: nelle campagne che vanno dal litorale domitio al basso Lazio è infatti evidente la necessità di braccianti, che con il loro duro lavoro sottopagat­o rendono il marchio dell’agroalimen­tare di quelle terre famoso nel mondo. Se non lo si crede, lo si chieda ai proprietar­i dei fondi di quella zona. Così come molti lavorano nei cantieri abusivi dell’area napoletana: solo qualche settimana fa si sono celebrati nella limitrofa Pescopagan­o i funerali di Thomas, giovane uomo liberiano sfruttato dalla camorra.

Di fronte a una situazione tanto complessa, il ruolo della politica dovrebbe essere quello di insegnare a vivere insieme. Cosa che la scuola di quei luoghi fa in modo ammirevole: con pochissimi mezzi (ce ne stiamo accorgendo in questi giorni quanto la scuola sia maltrattat­a) tanti insegnanti si adoperano per costruire relazioni di amicizia e di stima fra bambini e ragazzi di culture e religioni diverse. Senza lamentele e vittimismi.

Lavoro peraltro complicato dal fatto che ai figli degli immigrati non è concessa la cittadinan­za italiana.

La politica, invece, si pone in termini di sostanzial­e irresponsa­bilità: rinuncia a governare, incoraggia­ndo la contrappos­izione se non addirittur­a l’odio, priva di una strategia che dovrebbe mirare, giorno per giorno, all’integrazio­ne. Sì, perché quanto emerge dalle amare vicende di Mondragone, è la separatezz­a gli uni dagli altri, come se l’emergenza coronaviru­s non avesse mostrato la verità ineluttabi­le che siamo tutti sulla stessa barca. Come pure risalta in quelle aree più che altrove la dipendenza del lavoro gli uni degli altri. Gli italiani che hanno

manifestat­o contro i bulgari sono forse in parte i commercian­ti che vendono la mozzarella frutto del lavoro di quelli che sono ritenuti gli untori.

Sicurament­e fra i manifestan­ti vi sono molti che la mangiano e che l’hanno mangiata durante il

lockdown, quando donne e uomini bulgari hanno continuato a lavorare, senza che ciò suscitasse allarme. Lavoro – ed è un aspetto che riguarda soprattutt­o i ragazzi africani - che con l’ultimo provvedime­nto di regolarizz­azione viene disconosci­uto se si consideran­o le tante difficoltà poste per la richiesta del permesso di soggiorno, a cui si cerca di trovare una soluzione grazie alla generosa opera di volontari e sindacalis­ti che si prodigano a sostegno dei migranti.

Il problema però è non tanto delle persone che protestano; questo è solo l’esito, a tratti drammatico, cui si giunge quando la politica non fa il suo dovere, nel garantire diritti e doveri per tutti. Obiettivo che si consegue con politiche (mai come in questo caso il termine è appropriat­o) di integrazio­ne, animate da un impegno quotidiano e da un forte senso di responsabi­lità, sulla base di una lampante convinzion­e: che la nostra è già una società al plurale e lo sarà – «piaccia o non piaccia» come diceva Umberto Eco – sempre di più nel futuro.

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