Corriere del Mezzogiorno (Campania)
POLITICA INADEGUATA ALLA REALTÀ
Solo chi non si occupa dei problemi della gente può stupirsi di quanto sta accadendo a Mondragone. Si tratta di situazioni che sebbene a volte latenti, hanno in sé una carica esplosiva. Alimentata dalla latitanza della politica. E lo diciamo con preoccupazione perché è imminente la campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio Regionale della Campania. Che fra le sue competenze deve occuparsi di assistenza sociale, istruzione, salute e abitazioni in tema di immigrazione. Lo ha più volte rimarcato la Corte Costituzionale. Ancora una volta, invece, l’uso di toni inadeguati caratterizza le dichiarazioni dei politici che sono intervenuti sulla vicenda. Mondragone fa parte di un‘area in cui vi è un’elevata densità di migranti. Lo è da oltre trent’anni. E non lo è per caso: nelle campagne che vanno dal litorale domitio al basso Lazio è infatti evidente la necessità di braccianti, che con il loro duro lavoro sottopagato rendono il marchio dell’agroalimentare di quelle terre famoso nel mondo. Se non lo si crede, lo si chieda ai proprietari dei fondi di quella zona. Così come molti lavorano nei cantieri abusivi dell’area napoletana: solo qualche settimana fa si sono celebrati nella limitrofa Pescopagano i funerali di Thomas, giovane uomo liberiano sfruttato dalla camorra.
Di fronte a una situazione tanto complessa, il ruolo della politica dovrebbe essere quello di insegnare a vivere insieme. Cosa che la scuola di quei luoghi fa in modo ammirevole: con pochissimi mezzi (ce ne stiamo accorgendo in questi giorni quanto la scuola sia maltrattata) tanti insegnanti si adoperano per costruire relazioni di amicizia e di stima fra bambini e ragazzi di culture e religioni diverse. Senza lamentele e vittimismi.
Lavoro peraltro complicato dal fatto che ai figli degli immigrati non è concessa la cittadinanza italiana.
La politica, invece, si pone in termini di sostanziale irresponsabilità: rinuncia a governare, incoraggiando la contrapposizione se non addirittura l’odio, priva di una strategia che dovrebbe mirare, giorno per giorno, all’integrazione. Sì, perché quanto emerge dalle amare vicende di Mondragone, è la separatezza gli uni dagli altri, come se l’emergenza coronavirus non avesse mostrato la verità ineluttabile che siamo tutti sulla stessa barca. Come pure risalta in quelle aree più che altrove la dipendenza del lavoro gli uni degli altri. Gli italiani che hanno
manifestato contro i bulgari sono forse in parte i commercianti che vendono la mozzarella frutto del lavoro di quelli che sono ritenuti gli untori.
Sicuramente fra i manifestanti vi sono molti che la mangiano e che l’hanno mangiata durante il
lockdown, quando donne e uomini bulgari hanno continuato a lavorare, senza che ciò suscitasse allarme. Lavoro – ed è un aspetto che riguarda soprattutto i ragazzi africani - che con l’ultimo provvedimento di regolarizzazione viene disconosciuto se si considerano le tante difficoltà poste per la richiesta del permesso di soggiorno, a cui si cerca di trovare una soluzione grazie alla generosa opera di volontari e sindacalisti che si prodigano a sostegno dei migranti.
Il problema però è non tanto delle persone che protestano; questo è solo l’esito, a tratti drammatico, cui si giunge quando la politica non fa il suo dovere, nel garantire diritti e doveri per tutti. Obiettivo che si consegue con politiche (mai come in questo caso il termine è appropriato) di integrazione, animate da un impegno quotidiano e da un forte senso di responsabilità, sulla base di una lampante convinzione: che la nostra è già una società al plurale e lo sarà – «piaccia o non piaccia» come diceva Umberto Eco – sempre di più nel futuro.