Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Liverpool come Napoli Ma la festa in piazza non scatena accuse

- Di Marco Marsullo

Vivere nel Sud del mondo è un marchio di gloria e infamia che – chi ha avuto la sorte di nascere in uno di questi posti – si porta addosso tutta la vita. La gloria è il genio, l’arte, la velocità di pensiero. La simpatia, l’affabilità, soprattutt­o: l’adattabili­tà. Uno sguardo più comodo verso le diversità e una tolleranza (quasi) sempre più gentile. L’infamia è tutto il resto; il pregiudizi­o, l’attesa, l’utopia del domani migliore. È così da sempre e sempre sarà così. Poi ci sono città atipiche, che non sono al Sud ma del Sud si portano in dote le croci e le delizie. Liverpool, per esempio.

Ha cullato i Beatles, storia della musica senza distinzion­e di genere, dato che i generi sono nati con loro. E ospita una delle tifoserie più calde del pianeta, molto simile a quella del Napoli. Però se a Napoli si vince la Coppa Italia e si va in strada in massa, la cultura del giudizio campanilis­tico e territoria­le si mette in moto, attivata da una sirena di beceri, e fuori moda, luoghi comuni.

Se accade in zona Anfield, piena Inghilterr­a, il paese della Regina e del tè alle cinque, allora nessuno scomoda la pandemia. Intendiamo­ci, mio punto di vista: in questo momento reputo superflui, e sbagliati, gli assembrant­i incontroll­ati per la vittoria di un trofeo. Sia la Coppa Italia, la Premier o la Champions League. Non fosse altro per rispetto a chi di questa maledetta malattia ci è morto. E dato che il coronaviru­s aleggia ancora, forse più stanco ma sempre allegro, tra noi, due conti me li farei per la salvguardi­a della salute generale prima di scendere in strada per gioire. Ma il discorso è clinico, medico. Non di costume. Perché la gioia di Napoli vale quella di Liverpool. Varrà quella della città che festeggerà lo scudetto a inizio agosto, qui in Italia, sia Roma (sponda Lazio) o Torino (sponda bianconera). La gioia non conosce freno, è anarchica per natura, e giudicarla per posizionam­ento geografico è il solito teatrino, squallido, di chi guarda il mondo senza emozione e con un pizzico di ignoranza. La latitudine non è maligna. Lo è lo sguardo di chi la calcola, e già conosce dove sta il bene e dove, invece, il male.

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