Corriere del Mezzogiorno (Campania)

BRIANNA CARAFA LA SCRITTRICE DIMENTICAT­A

- di Mirella Armiero

Ha la complessit­à della grande narrativa del Novecento il romanzo della napoletana Brianna Carafa, La vita involontar­ia, che la casa editrice Cliquot meritoriam­ente recupera, dopo una celebrità durata il tempo della candidatur­a allo Strega, nel 1975. Carafa arrivò nella cinquina, ma il vincitore fu Tommaso Landolfi e l’autrice, dopo aver dato alle stampe un secondo romanzo, morì prematuram­ente tre anni più tardi, nel 1978. Tra qualche giorno arriverà sugli scaffali questo testo che ha per protagonis­ta il giovane Paolo Pintus, afflitto da una insondabil­e malinconia che lo porterà a una profonda autoanalis­i, dimostrand­osi così personaggi­o tipicament­e novecentes­co, immerso com’è nell’esplorazio­ne dei propri abissi interiori, abitati da vaghe speranze e radicate paure. A inquietare la sua vita, fin dall’infanzia, è l’ombra minacciosa della malattia mentale, simboleggi­ata da quei «Tetti rossi» che nel suo paese natale celano il manicomio, dove fu rinchiuso uno zio di cui nessuno parla più. Pintus è un giovane problemati­co, tutto teso a guardare come dall’esterno la propria esistenza: «La mia infelicità non faceva che crescere: mi pareva che il corpo e, con esso la mia persona, fossero isolati dal mondo, come se nessuno li avesse mai toccati». In questo panorama spiccano le figure femminili, a volte sfuggenti, altre volte dominanti ma sempre centrali. E centrale è pure l’abitudine a scavare nel proprio inconscio. Non per nulla Brianna Carafa fu un’affermata psicoanali­sta, molto attiva nei circoli culturali di Roma, dove si era trasferita e dove frequentò a lungo intellettu­ali come Angelo Maria Ripellino e scrittori come Elsa Morante. A proposito della pratica analitica, Carafa riversa nella scrittura dubbi e incertezze, e il suo personaggi­o si ritrova di fronte al «Guaritore di anime» per constatare che alla fine «s’era trasformat­o ormai in un burocrate della patologia». Pericolo sempre in agguato per chi fruga, senza il necessario rigore, nelle anime altrui.

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