Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Ambrose Akinmusire e una certa idea di bellezza
Non c’è nulla di più anti-grazioso, lontano dalle mode e imprevedibile nel jazz afroamericano di oggi della musica di Ambrose Akinmusire. Non che il trentottenne trombettista, nativo di Oakland e acclamato sulla scena di New York, non abbia le sue idee in materia di bellezza e modernità, molto chiare invece e perseguite con rigore e applicazione. Per parafrasare il titolo del suo ultimo album On the Tender Spot of Every Calloused Moment (pubblicato dalla Blue Note), c’è tenerezza anche nei momenti più duri. La sua proposta raccoglie e sintetizza tutto quello che la vasta categoria di jazz può coprire oggi, dall’hard bop più avanzato al Miles Davis informale degli anni Sessanta, dall’alea pura dell’improvvisazione di marca Aacm ai ritmi afrocubani. Ma c’è anche l’attualità, l’hip hop, la musica contemporanea (il suo precedente album,
Origami Harvest, usava magnificamente voci rap su un quartetto d’archi), ci sono sprazzi blues e soul (quel piano elettrico che si affaccia ogni tanto...) che fanno pensare alla coeva Bam, ovvero Black american music. Insomma, il suo jazz è fatto di rigore intellettuale, bellezza sensuale e voglia d’azzardo. Merito anche dei compagni con i quali forma un affiatatissimo quartetto: il pianista Sam Harris, il contrabbassista Harish Raghavan e il batterista Justin Brown. A loro si aggiungono pochi ospiti: la voce afrocubana (canta in Yoruba) di Jesus Diaz nell’iniziale Tide of Hyacinth e quella di Genevieve Artadi in Cynical
Sideliners. Negli undici brani del disco, tra sentiti omaggi a Roy Hargrove e Roscoe Mitchell, anche uno straniante
Blues che parla la lingua del XXI secolo. Le belle note di copertina hanno la firma di Archie Shepp.