Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Aglianico Ceraso della banda dei 4
Fulminea davvero l’affermazione sul mercato dei vini di San Salvatore, l’azienda vitivinicola (ormai non solo) fondata dall’albergatore Giuseppe Pagano. Le prime bottiglie, dell’annata 2010, furono immesse in commercio l’anno successivo. In un decennio una progressione inarrestabile, da blitzkrieg (guerra lampo). Le etichette si sono moltiplicate tanto che ne ho perso il conto, anche la produzione ha raggiunto ormai le trecentomila unità. Dietro il successo un concorso di meriti. Le più volte elogiate passione e determinazione del patron, l’esperienza di un enologo di fama (e vocazione stilistica) internazionale del calibro di Riccardo Cotarella, il dinamismo dello staff aziendale e non ultimo (mi piace particolarmente evidenziarlo) l’apporto del grafico Mario Cavallaro che ha firmato alcune delle etichette più coerenti e innovative del panorama regionale. Nella grande selva di referenze aziendali ritroviamo ben quattro rossi a base di aglianico. Il potente Gillo, dedicato al grande Dorfles che ne ha dipinto le etichette, lo Jungano, dedicato al luogo dove sorge la cantina, il Corleto e appunto il Ceraso del quale mi occupo ora. Dei quattro è quello meno complesso, ma anche il più immediato e di facile decifrazione. Non per questo un vinello, è bene chiarirlo subito. Il colore del vino del 2018, l’ultima annata in commercio, è rosso rubino scuro, con qualche sfumatura purpurea. Il bouquet è essenziale, molto franco. Si colgono sentori di prugna, fresca e secca, di ciliegia nera, di spezie, in particolare di cardamomo che ricorda vagamente un Nero d’Avola. Come molti vini cotarelliani ha nell’equilibrio gustativo uno dei suoi punti di forza. Il sorso, nonostante i 14 gradi, risulta facile e piacevole. Media la persistenza. Il tannino giovane non vi confonda: bevetelo dunque leggermente fresco (15-16 gradi) sulla costoletta di maiale alla brace o su uno spezzatino di tacchino leggermente speziato.