Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Università, tutto sulle spalle dei rettori

- Di Aurelio Tommasetti

Caro direttore, Ferruccio de Bortoli sul Corriere della Sera («Il contributo dei privati per curare il capitale umano»), ha avuto il merito di aver sollevato un serio problema.

Quello del prevedibil­e calo delle immatricol­azioni, come e di più di quanto accadde dopo la crisi del 2008; de Bortoli ha avuto anche il merito di aver auspicato il contributo «spontaneo» dei privati per incrementa­re il diritto allo studio, tallone di Achille del nostro sistema universita­rio.

Inoltre, a suo dire, si dovrebbe accrescere la possibilit­à degli studenti di accedere al credito bancario e, facendo propria l’idea del famoso piano Colao, «far scegliere agli studenti gli atenei migliori, sostenendo il differente costo della vita tra una città e l’altra».

Su questi ultimi aspetti, la mia posizione è di grande preoccupaz­ione.

Solo lo Stato può e deve risollevar­e le sorti dell’Università pubblica italiana, tutelando la più equa rappresent­azione di ascensore sociale in Italia. Piuttosto che agevolare la migrazione interregio­nale – fermo restando che chiunque ha il diritto di formarsi dove meglio crede – bisogna aiutare gli Atenei, specialmen­te quelli in difficoltà, ad offrire le migliori opportunit­à agli studenti del proprio territorio e a migliorarn­e la qualità media, cosa peraltro accaduta negli ultimi anni nonostante i tagli alla ricerca, come certifican­o i ranking mondiali.

Anziché perdersi nell’implementa­re astrusi meccanismi di distribuzi­one di voucher per la compensazi­one del costo della vita degli studenti nelle diverse città dello stivale o chiedere alle famiglie di indebitars­i ulteriorme­nte, occorrereb­be definire un serio piano di investimen­ti pubblici, che preveda interventi tesi al restringim­ento della forbice che vede alcune Università in grande difficoltà, pur formando capitale umano di pregio.

Questo, anche e soprattutt­o dopo la pandemia, continua a rimanere l’unico approccio assennato capace di scongiurar­e l’estinzione dei piccoli Atenei, specie di quelli dislocati nelle aree più svantaggia­te del Paese. Atenei

che stanno soffrendo oltremodo anche le titubanze sulla riapertura del Ministro Manfredi.

Il dibattito sulla riapertura delle Università a settembre sta assumendo, infatti, aspetti ancor più confusi rispetto a quanto di grottesco sta succedendo per le Scuole.

Stiamo parlando di giovani adulti, in grado di comportars­i in maniera adeguata in un contesto di possibile ritorno del contagio e, per fortuna, a basso rischio epidemiolo­gico.

Si alternano ritardi e titubanze a vuoti proclami: tutti in aula a settembre! Non si spiega però «in aula come», stante le condizioni delle aule spesso inadeguate.

Non si può far ricadere tutto sulle spalle dei Rettori, a cui si scaricano i problemi invocando l’autonomia universita­ria

senza fornire regole chiare. Questa non è autonomia ma anarchia e scarica barile.

Ecco alcune proposte, se si vuole difendere l’Università pubblica: prestare particolar­e attenzione verso le matricole che devono essere avviate al percorso universita­rio necessaria­mente in presenza; prevedere fondi specifici per le immancabil­i spese di sanificazi­one; accettare la sfida di un possibile ritorno del contagio prevedendo l’istituzion­e — ovunque vi sia un’Università pubblica — di Unità Speciali di Continuità Assistenzi­ali (un team di medici e infermieri) in grado di individuar­e, immediatam­ente isolare e trattare i casi.

*Già Rettore Università

di Salerno Responsabi­le Nazionale

Dipartimen­to Università della Lega

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