Corriere del Mezzogiorno (Campania)
L’antico Ager Falernus noto per i vini longevi, per le primizie dell’orto e per la mozzarella dop
Terra assolata e feracissima,
NAPOLI culla, da sempre, delle migliori produzioni agricole della Campania Felix e dell’Italia intera, oggi minacciata inopinatamente da un preoccupante focolaio di Covid che ne può compromettere l’economia.
Ne avevano colto in pieno le enormi potenzialità gli antichi Romani che l’avevano appellata con un nome diventato una vera e propria denominazione d’origine controllata ante litteram. La chiamavano l’Ager Falernus e coincideva col vasto comprensorio, al confine con il Lazio, che attualmente comprende i comuni di Cellole, Mondragone, Falciano del Massico, Carinola, Sessa Aurunca, conosciuto in tutta la romanità soprattutto per il vino di altissimo pregio che nobilitava i banchetti delle famiglie aristocratiche dell’Urbe e dei più facoltosi parvenu dell’epoca.
Non è dato sapere con certezza con quali varietà di uve fosse prodotto quell’antico nettare. Ma è questione, seppure non trascurabile, di secondaria importanza rispetto alla preponderanza di quello che, secoli e secoli più tardi, i francesi avrebbero definito il terroir. Un termine sintetico, quest’ultimo, che ingloba una serie di peculiari caratteristiche pedoclimatiche, dalla composizione del terreno, all’esposizione ai raggi del sole, agli agenti atmosferici, tali da rendere unico un territorio. Appunto, il vino dell’Ager Falernus era sinonimo di elevatissima qualità, cioè di colore, gusto, profumo e, non ultimo tra i pregi, di longevità superiori. E, come naturale conseguenza, anche di orezzo notevolmente superiore alla media. Proprio come avviene in epoca moderna per migliori bottiglie qualificate di Bordeaux.
Veniva offerto da Giulio Cesare per celebrare i suoi trionfi. Petronio Arbitro, in età neroniana, ne fece, nel suo Satyricon, il protagonista assoluto del celebre banchetto di Trimalcione, durante il quale fu servito un Falerno di oltre cento anni. E ancora, ne hanno tramandato l’eccellenza Lucano, Plinio il
Vecchio, Columella: un vino letterario, insomma, rinato in epoca moderna per opera di benemeriti imprenditori, Michele Moio e Francesco Paolo Avallone. Quest’ultimo ha puntato sull’aglianico al quale si aggiunge una piccola percentuale di piedirosso. Moio invece ha portato alla massima espressione possibile, che trova riscontri paragonabili solo in Puglia, la varietà primitivo, così chiamata proprio per evidenziare la precoce maturazione dei grappoli. Non è un caso che questo comprensorio agricolo si segnali proprio per le sue primizie. Prima che la coltivazione nelle serre consentisse la destagionalizzazione , e diciamola tutta, anche dello svilimento, delle produzioni ortofrutticole, l’Ager Falernus consentiva (e tuttora consente) a pesche, albicocche, agrumi e ortaggi di arrivare nei mercati di tutta italia con notevole anticipo rispetto ai diretti concorrenti. Terra anche di primizie, dunque, ottenute naturalmente, solo grazie al caldo e alle caratteristiche chimiche della terra.
E non si può tacere anche dell’olio extravergine d’oliva che si ottiene tipicamente dalle varietà autoctone, sessana e itrana. Piccole produzioni di qualità che aumentano la rinomanza dell’Ager.
Non ultima delle eccellenze agroalimentari del territorio la Mozzarella di bufala campana dop che attorno a Mondragone ha uno dei distretti principali per quantità e qualità.