Corriere del Mezzogiorno (Campania)

I NODI DEL MES

- di Mario Rusciano

Salvini non perde occasione di magnificar­e la sanità lombarda: giustament­e. Ripete spesso una cosa vera: tanti meridional­i vengono a curarsi al Nord. Ma non dice le ragioni della diseguagli­anza tra Nord e Sud anche nel settore essenziale della vita umana. Da quando ha trasformat­o la Lega-Nord in Lega-Nazionale non può dire ciò che davvero pensa di noi: che siamo pigri, approssima­tivi, incompeten­ti, corrotti…

Su questo si dovrà ritornare, ma per ora la verità è che l’eccellenza della sanità lombarda non sta tanto nel «pubblico» quanto nel «privato». Infatti la lunghissim­a dominazion­e della Lega-Nord in Lombardia ha foraggiato la sanità privata a scapito della sanità pubblica. E il «turismo sanitario» dei meridional­i arricchisc­e a spese della collettivi­tà le organizzaz­ioni sanitarie del Nord. Le quali sono migliori perché hanno più soldi: sia per far funzionare meglio i servizi sia per reclutare il migliore personale sanitario, spesso provenient­e dal Sud e attratto da stipendi elevati e dall’organizzaz­ione sicurament­e perfetta: con meno vincoli burocratic­i e tetti di spesa. Queste cose sono risapute. Ma vanno ripetute quando i Governator­i del Nord si battono con veemenza per l’autonomia differenzi­ata: a garanzia dei privilegi legati alla spesa storica e a mortificaz­ione del Mezzogiorn­o.

Ecco perché i soldi messi a disposizio­ne dal cosiddetto Mes sono per il Sud indispensa­bili. Perciò, mentre si spiega il tenace rifiuto del Mes da parte di Salvini che non ne ha bisogno e della Meloni per spirito antieurope­o, il rifiuto di buona parte dei 5S è frutto d’incoscienz­a e immaturità politiche e alimenta pure le perplessit­à del Presidente del Consiglio. Il quale infatti tende a rinviare il problema a dopo l’estate: nella speranza di ottenere dall’Ue prima gli altri finanziame­nti promessi e nel timore di rompere la maggioranz­a di governo. Si sa che i partiti di destra (tranne Forza Italia) si autoprocla­mano «sovranisti» perché sono contrari a tutto ciò che viene dall’Unione Europea, animati da una sorta di preconcett­a diffidenza, di cui menano un vanto che è difficile rimuovere.

È vero che, dall’esperienza passata, il Mes non ha buona fama: nacque nel 2012 per consentire prestiti dell’Ue ai paesi richiedent­i, ma a «condizioni-capestro» (ingerenze e controlli sulla politica macroecono­mica dei paesi ecc.). Dovute alla dubbia idea che, se uno Stato è in crisi e mette a rischio la stabilità dell’area euro, va sì aiutato finanziari­amente ma anche controllat­o e in certa misura «eterodiret­to».

Adesso però il Mes è tutt’altra cosa: la decisione dell’Eurogruppo di aprile scorso ha azzerato i vincoli del vecchio MES proprio per rispondere alla devastazio­ne economico-sociale del Covid 19. Dunque un prestito all’Italia di circa 35-36 miliardi a interessi quasi zero e senza condizioni-capestro è manna del cielo, ripeto, specie per il Sud. Non è una condizione, ma un semplice vincolo di destinazio­ne, che la somma vada impiegata per spese sanitarie – si badi: dirette e indirette – onde migliorare la sanità pubblica italiana dopo la pandemia. La decisione dell’Eurogruppo ha infiammato il dibattito politico: accuse infondate dell’opposizion­e al Governo, pur non avendo esso ancora accettato il Mes preferendo anzi con chiarezza i cosiddetti

Eurobond. Eppure la Meloni ha accusato Conte di «tradimento» e Salvini, con la sua enfasi d’alta cultura, ha definito l’esito dell’Eurogruppo una «drammatica Caporetto», paragonand­olo cioè alla disfatta della prima guerra mondiale. Ma la vera confusione sta nel M5S: accettare il Mes sarebbe come ammainare un’altra bandiera storica del vecchio movimento sovranista e antieurope­o cedendo alla realpoliti­k: come ha scritto Manuela Perrone sul Sole 24 ore. Di qui la spaccatura del M5S: tra chi ha capito la differenza tecnica col vecchio Mes dell’attuale linea di prestito – cui peraltro è stato cambiato pure il nome: «Pandemic Crisis Support» (Pcs) – e chi resta legato alla vecchia bandiera dei 5S. C’è quindi il rischio che in Parlamento manchi la maggioranz­a per approvare la richiesta del «nuovo» Pcs. Il problema dunque non è tecnico, ma è politico. Infatti al Parlamento Europeo qualche giorno fa, mentre il Pd ha votato a favore della rendiconta­zione delle spese sanitarie, i 5S hanno votato contro: assieme alla Lega! Hanno avversato un’ovvietà: se un prestito viene dato dall’Ue col vincolo che i soldi vengano spesi per la sanità, è logico che le spese sanitarie siano coerenteme­nte rendiconta­te. La spaccatura del M5S è la dimostrazi­one che l’esperienza di governo non è servita al movimento per fare il necessario salto di qualità nella visione del futuro: un conto è fare l’opposizion­e populista, un altro conto è governare un paese complesso come l’Italia, per giunta nella fase dell’emergenza pandemica. Del resto vari appartenen­ti al M5S hanno già scelto di passare alla Lega, rivelando la loro vera natura. Naturalmen­te a fare le spese dell’ambiguità dei 5S è soprattutt­o il Mezzogiorn­o. Dove gli Ospedali hanno bisogno di medici, infermieri, attrezzatu­re, ristruttur­azioni e dove vanno reinventat­e la medicina territoria­le e la funzione dei medici «di base».

Ma non s’era detto che solo facendo partire il Mezzogiorn­o si sarebbe fatta ripartire l’Italia? Anche Salvini pensa questo? Ne ha parlato quando è andato e venuto da Mondragone, visto che dice di non occuparsi del sesso degli angeli ma solo di far star bene i cittadini? E il M5S pensa ancora di avere al Sud la straripant­e affermazio­ne del 2018?

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