Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Villagiulia», Greco senza frasca
Si è sempre detto che il vino buono si vende senza la frasca. Non sono d’accordo. L’antica saggezza degli avi non aveva fatto i conti con una scienza nuova che ha modificato radicalmente i rapporti commerciali: il marketing. Alla luce dei recenti aggiornamenti dell’arte del vendere oserei dire che a un buon vino la frasca non può che giovare. Di questo ho ragionato ieri pomeriggio con Mario Struzziero, dopo aver assaggiato il suo Greco di Tufo Villagiulia 2018, un ottimo vino peraltro contenuto in una bottiglia con un’etichetta minimalista, ma a suo modo elegante, nella quale viene opportunamente ricordata la centenaria milizia enologica della famiglia. Perché il discorso è venuto fuori? Perché Struzziero, produttore molto serio e preparato (i suoi Taurasi Campoceraso sono tra i migliori rossi della docg) non sempre raccoglie in proporzione ai suoi meriti che sono l’affidabilità dei vini, conservata pur nel mutare delle annate, e la loro fedeltà al territorio. Il bianco sul quale mi soffermo nasce per esempio esclusivamente all’interno di una vigna di Montefusco a circa 600 metri sul livello del mare. E rappresenta la tipica espressione di quel terroir, grazie ad accenti agrumati e minerali che ne caratterizzano il fresco tratto distintivo. Ma procediamo con ordine, partendo dal colore paglierino non troppo carico. Un bianco di peso come dimostra la compassata rotazione nel calice. Il naso è ampio e stilisticamente impeccabile. Le note di frutta matura (pesca e albicocca soprattutto) si fondono plasticamente con sentori minerali, di pietra focaia, di macchia mediterranea, di oli essenziali di agrumi. Sarà perché sono passati quasi due anni dalla vendemmia, ma l’equilibrio è molto piacevole. In risalto la freschezza che lo rende gagliardo. Soddisfacente anche la persistenza gustativa. Chiusura pulita e un pronostico di vita in piena forma di almeno 5-6 anni. Da bere sulla frittura di pesce o sulle carni bianche salsate.