Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Della regina e pecorino nell’olimpo di Slow Food
Il legume tipico di Gorga e il formaggio irpino diventano nuovi presidi di eccellenza alimentare
Un legume per ridare orgoglio a un piccolo borgo del Cilento e far rinascere la microeconomia locale, ma anche per omaggiare Maria Carolina d’Asburgo, regina di Napoli. È il cosiddetto fagiolo della regina di Gorga, chiamato così perché si narra che Sua Altezza ne andasse letteralmente pazza. Rinato a Gorga e nel vicino territorio dei comuni di Stio, Magliano Vetere, Campora, Orria e Gioi, il fagiolo dalla forma tondeggiante e dal colore bianco perlaceo, la cui polpa compatta e la cuticola sottile ne assicurano dolcezza e digeribilità, ritorna a essere protagonista grazie alle aziende locali, alle signore e ai giovani che lo coltivano nei loro orti e a Slow Food che dedica un presidio all’antico legume della piccola località cilentana dove oggi abitano meno di cento persone.
«Quando abbiamo cominciato sette anni fa il fagiolo veniva coltivato solo da qualche anziana signora di Stio, ma a livello commerciale era morto» racconta Andrea De Leo, referente dei produttori del Presidio. «Abbiamo cominciato a produrne di più e a partecipare ad alcuni mercati, come Leguminosa, riuscendo così a metter in piedi una fruttuosa microeconomia». Se da un lato la leggenda ci fa ritornare all’epoca borbonica, dall’altro si può finalmente parlare di un vivo presente che ne rinnova la fama, d’altronde i fagioli erano tra le coltivazioni più diffuse in quest’area, la scarsa deperibilità e la possibilità di seccarli li rendevano ideali sia da scambiare che da immagazzinare per sopravvivere ai lunghi inverni montani. «Tra gli anni ‘50 e ‘70 il legume era molto conosciuto, ho trovato libri di ricette che citano esplicitamente il fagiolo di Gorga - continua De Leo ma nei decenni successivi, lo spopolamento della zona e la gran quantità di lavoro necessario per coltivarlo e raccoglierlo, lo hanno fatto cadere nel dimenticatoio». Il fagiolo regina viene seminato verso i primi giorni di luglio e si raccoglie a inizio autunno. Tra le peculiarità spicca il suo portamento rampicante, può infatti superare anche i 3 metri di altezza e si adatta bene a diversi tipi di terreno anche se preferisce quelli profondi, freschi e ben drenati.
Ma Slow Food non si ferma. E nel cuore dell’Irpinia, in località Carmasciano (nei comuni di Sant’Angelo de’ Lombardi,
Rocca San Felice, Guardia de’ Lombardi, Frigento e Villamaina) arriva un nuovo presidio: il pecorino di Carmasciano, di cui troviamo tracce già nell’Eneide. Una valle, scriveva Virgilio, caratterizzata da “oscure selve”, da “un fiume che per gran sassi rumoreggia e cade”. Il luogo è la valle d’Ansanto e la descrizione potrebbe corrispondere alla Mefite di Rocca San Felice, un piccolo lago alimentato da pozze sulfuree, che ribolle a seguito delle emissioni di gas del sottosuolo. Oggi le aziende che producono il pecorino
Buongustai regali Maria Carolina d’Asburgo, regina di Napoli, andava pazza per il legume cilentano
di Carmasciano del Presidio Slow Food sono soltanto sei: «Ci sono però almeno un’altra trentina di famiglie che producono come accadeva a inizio ‘900 - spiega Angelo Lo Conte, fiduciario della Condotta Slow Food Irpinia - cioè per consumo familiare, con greggi da venti o trenta pecore, trasformando il latte e vendendolo fuori dai canali convenzionali. L’obiettivo è coinvolgere anche loro».