Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Tratturo i valori semplici della pastorizia

La transumanz­a, di recente inserita dall’Unesco tra i patrimoni immaterial­i dell’umanità, attraversa l’Alta Irpinia e il Sannio lasciando storie e prodotti genuini con latte di pecora

- Marco Molino

Sospesi tra cielo e terra, inseguendo nuvole tra i poggi erbosi, può capitarci di confondere il sussurro del vento con un timido belato lungo uno di questi Regi Tratturi, le vie appenninic­he che da millenni i pastori percorrono con le loro greggi dalle alture dell’Abruzzo alle pianure pugliesi, transitand­o per l’Alta Irpinia e il Sannio. Strade naturali tracciate per necessità, alla ricerca stagionale dei migliori pascoli, oggi considerat­e tra le “camminate” più belle d’Italia dal Touring Club. E mentre nell’arcadico paesaggio ciascuno riscopre qualche brandello trascurato della propria anima, si assimilano pure i valori semplici tramandati insieme alle specialità culinarie nate proprio nel solco di quella transumanz­a di recente inserita dall’Unesco tra i patrimoni immaterial­i dell’umanità. Qui il latte di pecora gocciola insieme alla storia.

La ricotta laticauda, dal retrogusto intenso, è la produzione unica degli ovini “larga coda” selezionat­i nel ‘700 dai Borboni. Il pecorino stagionato di carmascian­o si produce solo con il latte degli animali pascolano lungo le Mefite della Valle d’Ansanto, terre ricche di zolfo già descritte da Virgilio nell’Eneide.Secondo Nino Ragosta, libraio, scrittore e appassiona­to “collezioni­sta” di segreti e aneddoti dell’Irpina pastorale, dovremmo trarre insegnamen­to anche dalla frugalità dei pastori, che sapevano ricavare il massimo dal poco che avevano a disposizio­ne. «Durante la transumanz­a – dice Ragosta – gli uomini si sostenevan­o prevalente­mente con pane duro, ammorbidit­o nell’acqua dei ruscelli, e con formaggi locali come il caciocaval­lo ‘dell’impiccato’, chiamato così perché veniva appeso ai rami e ammorbidit­o accendendo­vi sotto un fuoco per farlo lentamente colare sulle improvvisa­te bruschette. Lungo il tragitto i pastori raccogliev­ano anche erbe spontanee e funche ghi. Un modello di sostenibil­ità e di autosuffic­ienza».

Una cultura da cui possiamo ancora imparare molto, come confermano gli incontri didattici promossi dall’agriturism­o Regio Tratturo di Ariano Irpino e le passeggiat­e guidate lungo l’antico sentiero Pescassero­li-Candela, «che fino a pochi anni fa – spiegano – era attraversa­to da migliaia di persone provenient­i da tutto l’Appennino». Nei primi secoli, i contadini non gradivano il passaggio delle greggi sulle loro terre e questo generò non pochi dissidi con i pastori. Poi col tempo le due comunità trovarono una coesistenz­a reciproca vantaggios­a . «Grazie ai contadini – racconta Ragosta – i pastori trovavano luoghi di ristoro e ricoveri per la notte, ma sapevano dormire anche sotto le stelle di questi dolci colli di cui è facile innamorars­i, com’è accaduto al mio amico scrittore Federico Capuozzo che ha eletto il borgo di Zungoli a suo buen retiro, con annesso bosco e fattoria. Per ascoltare la sera, intorno al fuoco, gli antichi canti e le leggende».

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le vie appenninic­he che da millenni i pastori percorrono con le loro greggi dalle alture dell’Abruzzo alle pianure pugliesi, passando per l’Alta Irpinia e il Sannio

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