Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Il prefetto Valentini: «Liste pulite, ho già parlato con alcuni partiti»
«La preoccupazione principale è che tutte le liste siano controllate e che si selezionino i candidati in maniera trasparente. Ai rappresentanti di partito che ho già incontrato ho dato qualche consiglio. Spesso si tratta di informazioni che non tutti conoscono». Ieri il prefetto Marco Valentini ha visitato il Corriere del Mezzogiorno.
Marco Valentini ha chiesto di venire a Napoli. Certo avrebbe potuto continuare la sua carriera al Viminale (ultimo incarico direttore dell’ufficio Affari legislativi e relazioni parlamentari del Viminale). «Il prefetto — dice — è un servitore dello Stato. Ma con la tripla A, come le lavatrici». A Napoli ci si è trovato, prigioniero come tutti, nei due mesi di lockdown a gestire la fase più delicata. Ma tra una riunione da remoto e l’altra, si è comprato una cartina della città per impararla a memoria. Dalla Fase 2 in poi sta girando in lungo e in largo tutta l’area metropolitana come ha raccontato durante la visita al Corriere del Mezzogiorno.
Paesi, municipalità, va nelle fabbriche, incontra associazioni. Perché e cosa sta capendo durante questi incontri?
«Vedere le cose con i propri occhi e non solo attraverso le carte, come i tanto vituperati burocrati, funziona. Ho comprato e studiato la cartina di Napoli, ora sto girando tutti i comuni. E la prima cosa che salta agli occhi è che convivono realtà assai diverse: c’è Procida e poi c’è Giugliano con problemi diversi. Poi ho visitato siti produttivi. Ma ho grande interesse nei confronti delle organizzazioni che si occupano del sociale. Bisogna creare un’alleanza forte con chi opera sui territori».
Ha riscontrato problemi?
«Uno dei temi da affrontare è sicuramente quello dei rom. Penso al campo di Giugliano, sotto sequestro. Quelle famiglie è ovvio che andranno spostate, ma non lo si può fare dalla sera alla mattina. Vanno fatti passi in avanti, va aperto un dialogo.
Sto conoscendo realtà straordinarie, ma la difficoltà maggiore è che non si riesce a fare sistema».
Tra associazioni?
«Esatto. È un limite, si perde la potenzialità dell’azione. Durante il lockdown avevo trovato una struttura per senzatetto, a Fuorigrotta, la caserma Canzanella. Non l’abbiamo potuta aprire perché tra associazioni non sono riuscite a mettersi d’accordo su chi la gestisse. Per me è stata una cocente sconfitta. Dopodiché ho attivato un tavolo di osservazione in ogni municipalità con l’assessore Clemente e il presidente della municipalità, perché Napoli non può permettersi siti abbandonati proprio per la sua densità abitativa, per i bisogni. Ho chiesto al Comune di fare un lavoro delicato in questa direzione. Noi prefetti siamo facilitatori, ma tutti insieme dobbiamo risolvere i problemi. Le pubbliche amministrazioni devono trovare soluzioni».
E lo fanno, secondo lei?
«Quando sono arrivato, qui come altrove, ho trovato uno squilibrio tra le cose che si iniziano e quelle che si finiscono realmente. L’impegno è diminuire questo scostamento. La cultura dei risultati è fondamentale. Per fortuna ho trovato massima collaborazione in tutte le istituzioni. E anche un incastro fortunato per la città, con vertici della Procura e della Questura eccellenti. Il pragmatismo è una strada difficile, ci vuole coraggio».
Durante l’epidemia spesso il presidente della Regione De Luca l’ha tirata per la giacca: più forze dell’ordine, più controlli. Ci sono state frizioni?
«Mai frizioni, siamo professionisti. Mi preme dire che le forze dell’ordine non sono come un bancomat. Quelle che operano a Napoli e provincia sono in numero superiore a quelle impiegate in qualsiasi altra area del Paese. Il problema è che viviamo in una società più complessa e il controllo è più sofisticato. Ho visitato la Hitachi rail, costruisce treni, ma le saldature le fanno i robot. Per la polizia vale lo stesso ragionamento. Entro la fine dell’anno ci saranno 400 agenti in più. Ma, ripeto, non è questione di numeri ma di come vengono impiegati. E poi non si può pensare che possa esserci un poliziotto per ogni cittadino, serve coscienza civica».
Ho comprato una cartina della città per conoscerla Convivono situazioni che sono agli opposti
Sto conoscendo realtà straordinarie, ma la difficoltà è che non si riesce a fare sistema
Qual è il fenomeno che l’ha colpita di più?
«La violenza della microcriminalità. A Napoli per rubare un anello sparano. Altrove non è così. Questo accade perché la realtà è fluida: la criminalità storica ha subappaltato il territorio alle gang di strada, composte da ragazzini. Bisogna lavorare sulla circolazione delle armi, legali e non e sul senso civico. Perché non si può invocare eternamente la repressione, non siamo in uno Stato di polizia. La società deve crescere. Per questo trovo utile la prevenzione e lo studio dei fenomeni in funzione predittiva più che di contrasto. Lo stiamo facendo anche la Terra
Mi colpisce molto la violenza della micro criminalità La chiamano così ma non è piccola
dei fuochi. Ci incontreremo con il ministro dell’Ambiente per fare il punto nelle prossime ore».
Più prevenzione, meno repressione. Ma come si fa il salto culturale?
«Sono andato a visitare le Academy Apple e Cisco a San Giovanni a Teduccio. L’Università ha aperto al quartiere in tutti i sensi. Non è un caso che non si sia mai verificato un episodio di teppismo o criminalità. A Pietrarsa tra un po’ costruiranno un albergo. La modernità contamina i territori in positivo, purché il futuro non escluda, ma includa».
È preoccupato per la campagna elettorale? E ai partiti cosa si sente di dire?
«La preoccupazione principale è che tutte le liste siano controllate e che si selezionino i candidati in maniera trasparente. A qualche rappresentante di partito che ho incontrato ho dato qualche consiglio e va dato atto che ha seguito le indicazioni della prefettura. Molto spesso si tratta di informazioni che non tutti conoscono».