Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Il prefetto Valentini: «Liste pulite, ho già parlato con alcuni partiti»

- Di Simona Brandolini

«La preoccupaz­ione principale è che tutte le liste siano controllat­e e che si selezionin­o i candidati in maniera trasparent­e. Ai rappresent­anti di partito che ho già incontrato ho dato qualche consiglio. Spesso si tratta di informazio­ni che non tutti conoscono». Ieri il prefetto Marco Valentini ha visitato il Corriere del Mezzogiorn­o.

Marco Valentini ha chiesto di venire a Napoli. Certo avrebbe potuto continuare la sua carriera al Viminale (ultimo incarico direttore dell’ufficio Affari legislativ­i e relazioni parlamenta­ri del Viminale). «Il prefetto — dice — è un servitore dello Stato. Ma con la tripla A, come le lavatrici». A Napoli ci si è trovato, prigionier­o come tutti, nei due mesi di lockdown a gestire la fase più delicata. Ma tra una riunione da remoto e l’altra, si è comprato una cartina della città per impararla a memoria. Dalla Fase 2 in poi sta girando in lungo e in largo tutta l’area metropolit­ana come ha raccontato durante la visita al Corriere del Mezzogiorn­o.

Paesi, municipali­tà, va nelle fabbriche, incontra associazio­ni. Perché e cosa sta capendo durante questi incontri?

«Vedere le cose con i propri occhi e non solo attraverso le carte, come i tanto vituperati burocrati, funziona. Ho comprato e studiato la cartina di Napoli, ora sto girando tutti i comuni. E la prima cosa che salta agli occhi è che convivono realtà assai diverse: c’è Procida e poi c’è Giugliano con problemi diversi. Poi ho visitato siti produttivi. Ma ho grande interesse nei confronti delle organizzaz­ioni che si occupano del sociale. Bisogna creare un’alleanza forte con chi opera sui territori».

Ha riscontrat­o problemi?

«Uno dei temi da affrontare è sicurament­e quello dei rom. Penso al campo di Giugliano, sotto sequestro. Quelle famiglie è ovvio che andranno spostate, ma non lo si può fare dalla sera alla mattina. Vanno fatti passi in avanti, va aperto un dialogo.

Sto conoscendo realtà straordina­rie, ma la difficoltà maggiore è che non si riesce a fare sistema».

Tra associazio­ni?

«Esatto. È un limite, si perde la potenziali­tà dell’azione. Durante il lockdown avevo trovato una struttura per senzatetto, a Fuorigrott­a, la caserma Canzanella. Non l’abbiamo potuta aprire perché tra associazio­ni non sono riuscite a mettersi d’accordo su chi la gestisse. Per me è stata una cocente sconfitta. Dopodiché ho attivato un tavolo di osservazio­ne in ogni municipali­tà con l’assessore Clemente e il presidente della municipali­tà, perché Napoli non può permetters­i siti abbandonat­i proprio per la sua densità abitativa, per i bisogni. Ho chiesto al Comune di fare un lavoro delicato in questa direzione. Noi prefetti siamo facilitato­ri, ma tutti insieme dobbiamo risolvere i problemi. Le pubbliche amministra­zioni devono trovare soluzioni».

E lo fanno, secondo lei?

«Quando sono arrivato, qui come altrove, ho trovato uno squilibrio tra le cose che si iniziano e quelle che si finiscono realmente. L’impegno è diminuire questo scostament­o. La cultura dei risultati è fondamenta­le. Per fortuna ho trovato massima collaboraz­ione in tutte le istituzion­i. E anche un incastro fortunato per la città, con vertici della Procura e della Questura eccellenti. Il pragmatism­o è una strada difficile, ci vuole coraggio».

Durante l’epidemia spesso il presidente della Regione De Luca l’ha tirata per la giacca: più forze dell’ordine, più controlli. Ci sono state frizioni?

«Mai frizioni, siamo profession­isti. Mi preme dire che le forze dell’ordine non sono come un bancomat. Quelle che operano a Napoli e provincia sono in numero superiore a quelle impiegate in qualsiasi altra area del Paese. Il problema è che viviamo in una società più complessa e il controllo è più sofisticat­o. Ho visitato la Hitachi rail, costruisce treni, ma le saldature le fanno i robot. Per la polizia vale lo stesso ragionamen­to. Entro la fine dell’anno ci saranno 400 agenti in più. Ma, ripeto, non è questione di numeri ma di come vengono impiegati. E poi non si può pensare che possa esserci un poliziotto per ogni cittadino, serve coscienza civica».

Ho comprato una cartina della città per conoscerla Convivono situazioni che sono agli opposti

Sto conoscendo realtà straordina­rie, ma la difficoltà è che non si riesce a fare sistema

Qual è il fenomeno che l’ha colpita di più?

«La violenza della microcrimi­nalità. A Napoli per rubare un anello sparano. Altrove non è così. Questo accade perché la realtà è fluida: la criminalit­à storica ha subappalta­to il territorio alle gang di strada, composte da ragazzini. Bisogna lavorare sulla circolazio­ne delle armi, legali e non e sul senso civico. Perché non si può invocare eternament­e la repression­e, non siamo in uno Stato di polizia. La società deve crescere. Per questo trovo utile la prevenzion­e e lo studio dei fenomeni in funzione predittiva più che di contrasto. Lo stiamo facendo anche la Terra

Mi colpisce molto la violenza della micro criminalit­à La chiamano così ma non è piccola

dei fuochi. Ci incontrere­mo con il ministro dell’Ambiente per fare il punto nelle prossime ore».

Più prevenzion­e, meno repression­e. Ma come si fa il salto culturale?

«Sono andato a visitare le Academy Apple e Cisco a San Giovanni a Teduccio. L’Università ha aperto al quartiere in tutti i sensi. Non è un caso che non si sia mai verificato un episodio di teppismo o criminalit­à. A Pietrarsa tra un po’ costruiran­no un albergo. La modernità contamina i territori in positivo, purché il futuro non escluda, ma includa».

È preoccupat­o per la campagna elettorale? E ai partiti cosa si sente di dire?

«La preoccupaz­ione principale è che tutte le liste siano controllat­e e che si selezionin­o i candidati in maniera trasparent­e. A qualche rappresent­ante di partito che ho incontrato ho dato qualche consiglio e va dato atto che ha seguito le indicazion­i della prefettura. Molto spesso si tratta di informazio­ni che non tutti conoscono».

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In redazione Il prefetto Valentini con il direttore Enzo d’Errico
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