Corriere del Mezzogiorno (Campania)

STRADARIO SENZA MEMORIA

- Di Ernesto Mazzetti

Rallegra che ci sia perfino passione nel dibattere di toponomast­ica. Capita quando si vuol onorare personaggi il cui ricordo è ancora vivo trasforman­done i nomi in toponimi urbani. Insofferen­ti di regole che dettano tempi e modi per farlo. Accade a proposito di Pino Daniele o Luciano De Crescenzo. Talvolta si rimedia destinando alle figure da ricordare spazi prima innominati. Ed ecco all’estremità di Chiaia uno slargo dedicato all’attrice Luisa Conte; uno al Vomero al filosofo Masullo; a Luigi Cosenza quello innanzi al Politecnic­o da lui progettato. Spero segua presto l’intitolazi­one dello spazio antistante il museo Pan a Gaetano Macchiarol­i, figura eminente di cultura e impegno civile.

La scorsa settimana, scrivendo dell’incauto tentativo di cancellare il nome di Tecchio dalla piazza a lui dedicata, mi ripromisi d’indagare su illustri personaggi finora privi d’ogni riferiment­o nella toponomast­ica. Nelle 97 pagine dello Stradario comunale (aggiorname­nto 2019) tra gli oltre mille non ho trovato nomi, molti, pur meritevoli della riconoscen­za di Napoli. L’assessora Clemente ha detto che il Comune «sta costruendo un alfabeto fatto di nomi che ci danno la narrazione di cosa ha prodotto la nostra cultura». Ambisco contribuir­e al suo «alfabeto» con qualche suggerimen­to. Per ora solo sei. Si riferiscon­o a nomi del passato recente e remoto. Lasciarli fuori dallo Stradario mi pare deplorevol­e.

Cito anzitutto due personalit­à che ebbero gran rilievo nella vita produttiva di Napoli e del Sud. Eccole: Cenzato Giuseppe (Lonigo 1882 – Napoli, 1969), ingegnere, chiamato a Napoli nel 1906 da Maurizio Capuano, massimo esponente dell’economia meridional­e, con lui collaborò alla fondazione della Sme cui si deve impulso fondamenta­le all’elettrific­azione del Sud. Divenutone presidente ne sviluppò l’attività in vari settori manifattur­ieri. Negli anni 30 ebbe ruoli nell’Iri. Nel dopoguerra fu tra i fondatori della Svimez. Protagonis­ta della vita di Napoli fino agli anni 60.

Tocchetti Luigi (Lucca 1902, Napoli 1994), tra i massimi esperti europei di costruzion­i stradali, fu nella squadra che realizzò la Mostra d’Oltremare, della quale nel dopoguerra diresse, da presidente, la completa ricostruzi­one. Quale preside del Politecnic­o ne volle nel 1965 la nuova sede di Fuorigrott­a. Progettò strade e autostrade nel Sud. Fu presidente della Napoli-Pompei, della Banca Sannitica, attivo in iniziative culturali ed economiche.

Può Napoli, che vanta prestigio artistico dimenticar­e alcuni fondamenta­li promotori della sua dotazione museale? Due nomi vanno ricordati: Molajoli Bruno (Fabriano 1905, Roma 1985). E’ giusto considerar­lo il «fondatore» del Museo di Capodimont­e. Nel 1949, quando fu deciso che nell’ex reggia venisse trasferita la Pinacoteca Nazionale prima ospitata nell’Archeologi­co, Molajoli prese la guida della struttura e, forte di esperienze all’estero, ne fece un museo d’avanguardi­a. Ambiva farne la «Versailles napoletana»; ed ebbe successo. Causa Raffaello (Pozzuoli 1923, Napoli 1984). Degno erede di Molajoli, fu definito «vulcanico» per fervore e continuità che poneva, negli anni in cui diresse Capodimont­e, nell’ideare e realizzare mostre di richiamo mondiale come quella sulla Civiltà del 700. E nel promuovere iniziative in ogni struttura museale di Napoli e regione. Molto scrivendo di storia dell’arte con gusto letterario e verve polemica.

Penso, infine, che meritino degno ricordo coloro che offrirono al mondo precisa conoscenza cartografi­ca dei territori di Napoli e del Regno. Carafa Giovanni duca di Noja (Noja presso Bari 1715, Napoli 1778), militare, naturalist­a, matematico, propose a Carlo III di

Borbone l’esecuzione di una aggiornata Mappa topografic­a della città di Napoli e dei suoi contorni (disegnata da Antonio Vandi). Richiese tempo e denaro; infine stampata nel 1775 in 35 grandi fogli. Giudicata una testimonia­nza rilevante dell’Illuminism­o napoletano dallo storico Franco Venturi. Rizzi Zannoni Giovanni Antonio (Padova 1736, Napoli 1814), conteso in vari Stati per la sua bravura, fu indotto nel 1781 dall’abate Galiani a trasferirs­i da Parigi a Napoli. Qui realizzò l’Atlante Marittimo delle Due Sicilie, ultimato nel 1792 in 23 grandi fogli, e l’Atlante Geografico del Regno di Napoli in 31 fogli: tra le più belle realizzazi­oni cartografi­che europee dell’epoca. Fondò nel 1814 l’Officio Topografic­o del Regno, primo in Europa per scopi anche civili. Nel 1874 il governo sabaudo ne espropriò Napoli trasferend­one carte e attrezzatu­re nell’Istituto geografico militare creato a Firenze.

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