Corriere del Mezzogiorno (Campania)
STRADARIO SENZA MEMORIA
Rallegra che ci sia perfino passione nel dibattere di toponomastica. Capita quando si vuol onorare personaggi il cui ricordo è ancora vivo trasformandone i nomi in toponimi urbani. Insofferenti di regole che dettano tempi e modi per farlo. Accade a proposito di Pino Daniele o Luciano De Crescenzo. Talvolta si rimedia destinando alle figure da ricordare spazi prima innominati. Ed ecco all’estremità di Chiaia uno slargo dedicato all’attrice Luisa Conte; uno al Vomero al filosofo Masullo; a Luigi Cosenza quello innanzi al Politecnico da lui progettato. Spero segua presto l’intitolazione dello spazio antistante il museo Pan a Gaetano Macchiaroli, figura eminente di cultura e impegno civile.
La scorsa settimana, scrivendo dell’incauto tentativo di cancellare il nome di Tecchio dalla piazza a lui dedicata, mi ripromisi d’indagare su illustri personaggi finora privi d’ogni riferimento nella toponomastica. Nelle 97 pagine dello Stradario comunale (aggiornamento 2019) tra gli oltre mille non ho trovato nomi, molti, pur meritevoli della riconoscenza di Napoli. L’assessora Clemente ha detto che il Comune «sta costruendo un alfabeto fatto di nomi che ci danno la narrazione di cosa ha prodotto la nostra cultura». Ambisco contribuire al suo «alfabeto» con qualche suggerimento. Per ora solo sei. Si riferiscono a nomi del passato recente e remoto. Lasciarli fuori dallo Stradario mi pare deplorevole.
Cito anzitutto due personalità che ebbero gran rilievo nella vita produttiva di Napoli e del Sud. Eccole: Cenzato Giuseppe (Lonigo 1882 – Napoli, 1969), ingegnere, chiamato a Napoli nel 1906 da Maurizio Capuano, massimo esponente dell’economia meridionale, con lui collaborò alla fondazione della Sme cui si deve impulso fondamentale all’elettrificazione del Sud. Divenutone presidente ne sviluppò l’attività in vari settori manifatturieri. Negli anni 30 ebbe ruoli nell’Iri. Nel dopoguerra fu tra i fondatori della Svimez. Protagonista della vita di Napoli fino agli anni 60.
Tocchetti Luigi (Lucca 1902, Napoli 1994), tra i massimi esperti europei di costruzioni stradali, fu nella squadra che realizzò la Mostra d’Oltremare, della quale nel dopoguerra diresse, da presidente, la completa ricostruzione. Quale preside del Politecnico ne volle nel 1965 la nuova sede di Fuorigrotta. Progettò strade e autostrade nel Sud. Fu presidente della Napoli-Pompei, della Banca Sannitica, attivo in iniziative culturali ed economiche.
Può Napoli, che vanta prestigio artistico dimenticare alcuni fondamentali promotori della sua dotazione museale? Due nomi vanno ricordati: Molajoli Bruno (Fabriano 1905, Roma 1985). E’ giusto considerarlo il «fondatore» del Museo di Capodimonte. Nel 1949, quando fu deciso che nell’ex reggia venisse trasferita la Pinacoteca Nazionale prima ospitata nell’Archeologico, Molajoli prese la guida della struttura e, forte di esperienze all’estero, ne fece un museo d’avanguardia. Ambiva farne la «Versailles napoletana»; ed ebbe successo. Causa Raffaello (Pozzuoli 1923, Napoli 1984). Degno erede di Molajoli, fu definito «vulcanico» per fervore e continuità che poneva, negli anni in cui diresse Capodimonte, nell’ideare e realizzare mostre di richiamo mondiale come quella sulla Civiltà del 700. E nel promuovere iniziative in ogni struttura museale di Napoli e regione. Molto scrivendo di storia dell’arte con gusto letterario e verve polemica.
Penso, infine, che meritino degno ricordo coloro che offrirono al mondo precisa conoscenza cartografica dei territori di Napoli e del Regno. Carafa Giovanni duca di Noja (Noja presso Bari 1715, Napoli 1778), militare, naturalista, matematico, propose a Carlo III di
Borbone l’esecuzione di una aggiornata Mappa topografica della città di Napoli e dei suoi contorni (disegnata da Antonio Vandi). Richiese tempo e denaro; infine stampata nel 1775 in 35 grandi fogli. Giudicata una testimonianza rilevante dell’Illuminismo napoletano dallo storico Franco Venturi. Rizzi Zannoni Giovanni Antonio (Padova 1736, Napoli 1814), conteso in vari Stati per la sua bravura, fu indotto nel 1781 dall’abate Galiani a trasferirsi da Parigi a Napoli. Qui realizzò l’Atlante Marittimo delle Due Sicilie, ultimato nel 1792 in 23 grandi fogli, e l’Atlante Geografico del Regno di Napoli in 31 fogli: tra le più belle realizzazioni cartografiche europee dell’epoca. Fondò nel 1814 l’Officio Topografico del Regno, primo in Europa per scopi anche civili. Nel 1874 il governo sabaudo ne espropriò Napoli trasferendone carte e attrezzature nell’Istituto geografico militare creato a Firenze.