Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Cinque anni di propaganda «urlata»

- Di Stefano Caldoro

Ho letto con grande attenzione gli editoriali del direttore Enzo d’Errico e di Antonio Polito e vorrei dare una risposta alle vostre analisi ricche di spunti e interrogat­ivi.

Ricordo in premessa che a settembre i nostri concittadi­ni voteranno per la Regione Campania e non per l’assetto nazionale del centrodest­ra o di altri schieramen­ti. E ridare un orizzonte di normalità alla mia terra è l’unica cosa che conta. Sono colpito dall’attenzione rivolta quasi esclusivam­ente alle dinamiche politiche, quando invece ci troviamo dinanzi alla fine di una consiliatu­ra in cui dovremmo stilare un bilancio su quello che è stato promesso (mai più ultimi) e la realtà (quasi sempre ultimi).

Non mi sorprende, a dire il vero, perché veniamo da 5 anni di gestione di potere con una propaganda urlata, mirata sempre e solo a nascondere i (non) fatti e i numeri impietosi. Qualcuno ricorda

risultati positivi concreti e struttural­i raggiunti in questi 5 anni dalla Regione? Questa è la domanda chiave.

Come sapete, sono sempre stato, sono e sarò contro questa modalità di accentrame­nto gestionale del potere e di non governo. È la mia storia differente, che rivendico con orgoglio, una storia liberale e riformista, con un metodo laico e mai personalis­tico o muscolare. Preferisco la concretezz­a alla propaganda, la normalità agli eccessi, i risultati silenziosi agli annunci disattesi.

Lo sottolineo perché - quando sono stato eletto Presidente della Regione Campania nel 2010 - ho ricevuto in eredità un sistema che era finito, un regionalis­mo della spesa senza responsabi­lità, che aveva sommato la crisi finanziari­a ai problemi sociali. Il risultato di quel modello di gestione fu il «default» come messo nero su bianco addirittur­a dalla Ragioneria generale dello Stato, che in un documento ufficiale utilizzò per la prima volta un termine non in lingua italiana. Forse per rendere ancora più evidente il fallimento della Campania.

Ci rimboccamm­o le maniche. E portammo

la nostra Regione, per la prima volta nella sua storia amministra­tiva, ad avere il pareggio di bilancio. Ciò ci permise non solo di evitare il commissari­amento da Roma, ma addirittur­a di effettuare interventi di grande valenza sociale, come l’abbassamen­to del ticket sanitario per le fasce più deboli (oggi le prestazion­i si pagano a prezzo pieno per larga parte dell’anno).

Con una grande progettual­ità e tra mille difficoltà, riuscimmo a impegnare il 110% dei fondi europei (oggi quanti ne vengono rimandati indietro?), avviare i Grandi Progetti infrastrut­turali come la Napoli-Bari (oggi non riescono a bonificare neppure un’area inquinata!), i porti di Napoli e Salerno e un progetto di depurazion­e talmente ambizioso da essere ancora in corso.

In questa epoca di suggestion­i che hanno ormai preso il posto dei fatti, ci dimentichi­amo spesso del passato e sacrifichi­amo la realtà sull’altare della propaganda senza contraddit­torio. Ma ai cittadini interessan­o i fatti. E i fatti parlano chiaro.

Vogliamo parlare delle ecoballe? Da Presidente, con la mia giunta e la mia

maggioranz­a abbiamo rimosso - in una situazione di estrema difficoltà finanziari­a - ben 300.000 tonnellate al costo di 20 euro l’una. Non sarà mai abbastanza finché non le avremo smaltite tutte, ma lo feci, senza alcun clamore mediatico, perché era un mio preciso dovere di Presidente, un dovere nei confronti della mia terra.

Oggi i costi di smaltiment­o delle ecoballe sono fuori controllo, lievitati oltre 150 euro a tonnellata. Il mio successore aveva promesso che avrebbe smaltito tutte le ecoballe in pochi mesi. Non lo ha fatto, nonostante i 460 milioni ricevuti dal Governo Renzi. Oggi ripete la stessa promessa, certifican­do il proprio fallimento. Una promessa non mantenuta. Una delle tante, che aveva portato il suo partito, il Pd, a non volerlo ricandidar­e. E parlo di soli quattro mesi fa. E così potremmo parlare della promessa di togliere le barelle dalle corsie, e invece sono sempre lì, o di migliorare il settore dei trasporti e invece pendolari e viaggiator­i sono in condizioni sempre peggiori, spesso costretti a completare il percorso a piedi sui binari a causa di guasti continui delle vetture. Buttarla sull’insulto e sulla propaganda è certamente una scelta comunicati­va perché serve a nascondere i propri fallimenti.

Ma contano solo i fatti. Con un piano straordina­rio di investimen­ti, abbassammo il tempo di pagamento della Regione ai fornitori da 2 anni a 50 giorni. Grazie agli effetti di queste scelte, nel 2016 il Pil della Campania ha avuto la crescita più alta d’Italia. Oggi cosa lasciano 5 anni di questa amministra­zione? Questa è la domanda da porsi.

Il mio desiderio - credo condiviso dalla maggioranz­a silenziosa dei campani - è di potermi confrontar­e sulle cose concrete, sui temi che toccano davvero la vita delle persone. Sul ricordare cosa abbiamo fatto noi dal 2010 al 2015 e cosa non hanno fatto loro dal 2015 ad oggi. Il tema è questo. Con le nostre differenze di stile e di sostanza, con i nostri diversi risultati di governo e due diverse visioni. Alla propaganda opponiamo la realtà. Agli eccessi preferiamo la normalità. Questa è la sfida che portiamo avanti. E che vogliamo vincere.

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