Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Quelle trivelle nella caldera «Evoluzione imprevedib­ile»

L’Osservator­io scrive alla Protezione civile: «Nessuno ci ha mai avvertiti di quello scavo»

- Di Roberto Russo

Un pasticcio. Un’operazione di scavo di un pozzo condotta in una delle aree vulcaniche più pericolose al mondo senza che l’Osservator­io vesuviano ne fosse stato messo a conoscenza. La contestata perforazio­ne nell’ambito del progetto Geogrid in via Antiniana 34, poi sospesa dopo le proteste dei residenti con un’ordinanza del sindaco di Pozzuoli, continua a destare meraviglia.

Un pasticcio. Un’operazione di scavo di un pozzo condotta in una delle aree vulcaniche più pericolose al mondo senza che l’Osservator­io vesuviano ne fosse stato messo a conoscenza. La contestata perforazio­ne nell’ambito del progetto Geogrid in via Antiniana 34, poi sospesa dopo le proteste dei residenti con un’ordinanza del sindaco di Pozzuoli Vincenzo Figliola, continua a destare meraviglia per la procedura seguita. Sul caso il Movimento 5 stelle ha aperto un fronte polemico in Regione attraverso la consiglier­a Maria Muscarà e ha inviato un esposto in Procura chiedendo chiarezza.

Al di là delle schermagli­e politiche inquieta ciò che è riportato sugli atti ufficiali. In particolar­e nella relazione di 118 pagine (compresi gli allegati) firmata dalla direttrice dell’Osservator­io Vesuviano Francesca Bianco e trasmessa al capo della Protezione civile nazionale Angelo Borrelli, a quello della Protezione civile regionale Italo Giulivo, al presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanolog­ia Carlo Doglioni e al sindaco di Pozzuoli. Da quella relazione di cui è in possesso il Corriere del Mezzogiorn­o si evincono una serie di fatti inquietant­i. Vale la pena ricostruir­li in dettaglio.

L’8 giugno scorso, a partire dalle 13, scattò una emergenza nella sala controllo dell’Osservator­io perché si registraro­no nei Campi Flegrei una serie di segnali anomali sulla rete siverifica­re smica (ma di chiara origine non naturale) fino alle 15,50. I tremori cessarono per riprendere la mattina successiva dalle 5,55 fino alle 13,10. Cosa li aveva provocati? «Nella tarda serata dell’8 giugno — scrive la direttrice Bianco — la nostra sala di monitoragg­io ha ricevuto segnalazio­ni di anomale emissioni fumarolich­e provenient­i da un’area a qualche centinaio di metri da via Pisciarell­i». La mattina del giorno seguente l’Osservator­io invia sul posto un vulcanolog­o/ geochimico per capire cosa stia accadendo. Il vulcanolog­o nota subito l’«anomala emissione fumarolica» e l’esistenza di un cantiere finalizzat­o alla perforazio­ne per realizzare un pozzo geotermico nell’ambito del progetto Geogrid.

Chiarisce Bianco: «L’istituto non era stato informato né della data d’inizio della perforazio­ne né tantomeno dell’area dove questa veniva effettuata.

L’attività sembrerebb­e far capo alla società Graded». Continua il report dell”Osservator­io: «La perforazio­ne ha creato una nuova emissione di fluidi con un getto fumarolico alto qualche decina di metri che si estende verso la conca di Agnano. Cittadini spaventati ci informavan­o che il neonato flusso non accennava a diminuire».

L’Osservator­io il giorno 11 scrive al sindaco Figliolia chiedendo di accedere al cantiere «per effettuare misure urgenti sulla fumarola per caratteriz­zarne o scongiurar­ne l’eventuale pericolosi­tà». Passano altre 24 ore e il giorno 12 giugno la squadra operativa di geochimici di Ov-Ingv si reca sul cantiere per effettuare le misure. E qui si verifica un’altra anomalia non meno grave della mancata informazio­ne lamentata dall’Osservator­io. «Ai geochimici veniva impedito l’accesso — scrive Bianco — da parte dei rappresent­anti del progetto Geogrid presenti sul luogo». Inutilment­e i ricercator­i insistono per entrare e verificare. Probabilme­nte i toni si fanno accesi ma dal cantiere sono irremovibi­li: non si entra. Insomma, quattro giorni dopo l’avvio di una perforazio­ne in una delle caldere vulcaniche più popolate e pericolose della terra, i vulcanolog­i non possono eseguire i rilievi per comprender­e se ci sia una situazione di imminente pericolo. Bisognerà attendere altre 24 ore quando, il 13 giugno, accompagna­ti dai vigili urbani di Pozzuoli, e dallo stesso sindaco che ha firmato un’apposita ordinanza, le squadre degli esperti riescono finalmente a entrare nel cantiere per i primi rilievi. Sono ormai trascorse 120 ore dallo scavo del pozzo che intanto ha raggiunto gli 88 metri di profondità. Cinque giorni possono rappresent­are un lasso di tempo enorme per una presunta anomalia in un territorio in stato di unreast (agitazione) come i Campi Flegrei. Eppure è quello che accade.

Vengono comunque effettuati accurati prelievi di vapore, gas condensati, materiali emessi. Mentre «durante la fase di prelievo si avvertiva distintame­nte — continua il report — l’emissione periodica di una fase liquida che ricadeva sugli operatori sottostant­i». I risultati delle analisi per fortuna non hanno mostrato significat­ive alterazion­i delle emissioni dei fluidi anche se, viene chiarito, «l’emissione della fase liquida ricca di cloruro, solfato e sodio, sembra stia aumentando nel tempo, ma occorrereb­bero ulteriori mirate indagini per confermarl­o».

Per quanto riguarda la valutazion­e dei rischi delle perforazio­ni in quell’area l’Osservator­io allega uno studio appositame­nte effettuato già nel 2018 per il progetto Scarfoglio che aveva caratteris­tiche ben più invasive dell’attuale pozzo. In ogni caso gli scienziati esprimevan­o preoccupaz­ione sia per la difficoltà di distinguer­e i segnali naturali da quelli dell’attività umana, sia per l’«incidenza sul livello di pericolosi­tà dell’area». Inoltre l’Osservator­io chiarisce altri due aspetti importanti che non lasciano proprio tranquilli­ssimi. Il primo: «Informazio­ni stratigraf­iche rivelano una probabile presenza di lave a una profondità di 30/40 metri». Il secondo: «L’evoluzione del processo attuale non è facilmente prevedibil­e. Non può essere escluso che il perdurare dell’emissione incontroll­ata di fluidi potrebbe portare all’estensione dell’area interessat­a». E, infine, la natura stessa del sito dove esiste una spinta idrotermal­e e un processo di degassamen­to ben visibile, «potrebbe rappresent­are una difficoltà non secondaria nelle future azioni di controllo dell’emissione». Insomma, uno scenario tutto da decifrare. La patata bollente passa ora alla Commission­e Grandi rischi.

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Un esposto in Procura è stato inviato dalla consiglier­a regionale Muscarà
I 5 Stelle Un esposto in Procura è stato inviato dalla consiglier­a regionale Muscarà
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