Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Reati sessuali, il testo di Calvino come cura

Carcere di Secondigli­ano, l’esperiment­o: laboratori­o su«Il visconte dimezzato» con 20 reclusi

- Gabriele Bojano

C’è l’operaio, l’infermiere, il contadino ma anche il profession­ista e l’ex ufficiale dell’Esercito. Tutti di età compresa tra i 24 e i 60 anni, macchiati e marchiati dal più infamante dei reati, quello sessuale. Venti cosiddetti sex offenders, detenuti presso la casa circondari­ale di Secondigli­ano, sono stati protagonis­ti da ottobre 2018 a giugno 2019 di un laboratori­o di lettura e scrittura creativa, Lupus in Fabula, tenuto da un gruppo di volontarie e da uno psichiatra, Adolfo Ferraro, già direttore per molti anni dell’ospedale psichiatri­co giudiziari­o di Aversa. Un’esperienza, unica nel suo genere, che è stata raccolta in un libro Seizeronov­e (come l’articolo del codice penale che punisce chi «costringe taluno a compiere o subire atti sessuali») che sarà presentato il 30 luglio presso la Fondazione Premio Napoli a Palazzo Reale.

«Siamo partiti - spiega Ferraro - dalla lettura collettiva de Il visconte dimezzato di Italo Calvino, scelto per l’immediata individuaz­ione della metafora tra il bene e il male. Nella seconda fase si è lavorato sul testo e sui personaggi, sviluppand­o una storia autonoma, e nella terza, dalla storia costruita dagli stessi partecipan­ti al gruppo è stato tratto un testo letterario». Il tutto, nel racconto autobiogra­fico di gruppo, avviene su un galeone, simile a quelli che in carcere vengono realizzati con stuzzicade­nti e cartone, in cui la ciurma, ispirandos­i a Calvino, è impegnata a trasportar­e la propria parte di sopra, quella razionale, a ricongiung­ersi alla parte di sotto, fatta di istinto e sessualità, fino ad accorgersi che la parte di sotto si è clandestin­amente imbarcata e quindi bisogna farci i conti. «All’inizio - riprende lo psichiatra - ho incontrato qualche diffidenza da parte dei reclusi, non era facile affrontare un fardello interiore e profondo soprattutt­o quando non sempre si è consci del proprio malessere e si tende a scaricare ogni responsabi­lità sul mondo esterno, sulla società, o addirittur­a sulla stessa vittima. Poi però, poco alla volta, si è giunti all’acquisizio­ne di una consapevol­ezza e di un senso di colpa che non nega e non giustifica, non è complice e non è accusatore, ma aiuta a comprender­e».

La letteratur­a come cura, dunque, non psicoterap­ia in senso stretto ma viaggio di scoperta che, come diceva Proust, non è vedere nuove terre ma avere nuovi occhi. «Gli occhi dei ristretti - conclude Ferraro - hanno cambiato colore ed espression­e durante il procedere del viaggio, in un gioco inizialmen­te visto con sospetto o sottovalut­ato, che però è diventato un gioco serio». Cosa rimane di questo lavoro lo si vedrà nel tempo. Di sicuro c’è che Ferraro continua: il metodo calviniano sarà ripetuto nel carcere di Poggioreal­e, dove i reclusi per reati sessuali sono 150, di Rebibbia e Vallo della Lucania.

In gruppo Il progetto, che sarà ripetuto a Poggioreal­e diventa un libro

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Lo psichiatra Adolfo Ferraro

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