Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Donatone, il cavaliere di mille battaglie civili
Ieri i funerali a Santa Chiara
Credevo che scrivere di Guido Donatone mi sarebbe riuscito facile, facilissimo, dato che lo conoscevo da sempre e che ci siamo ininterrottamente frequentati. E invece mi accorgo che è difficile, perché Guido è stato un personaggio polivalente e ogni aspetto della sua identità richiederebbe un discorso troppo ampio per rientrare nello spazio di un articolo. Comunque, ci provo.
Ecco: innanzi tutto, Guido Donatone è stato un ambientalista. E un ambientalista coerente. Un ambientalista coraggioso. Che, nel ruolo di presidente della sezione napoletana di Italia nostra, si è impegnato per difendere la bellezza cittadina senza mai retrocedere, senza mai tentennare, senza mai accettare, e neppure concepire, compromessi.
E, certo, tante volte è accaduto che le sue denunce e la sua vis polemica urtassero interessi e sensibilità, ma mai, come nel suo caso, è stato vero il motto: «Molti nemici, molto onore». Perché in tutte le battaglie che ha affrontato Guido il suo personale tornaconto non lo ha mai preso in considerazione. Al contrario: è sempre stato pronto a pagare il prezzo che è richiesto a chi non ammetta di transigere sui propri valori e ideali. E, lasciatemelo dire, Guido ha rappresentato un modello raro e molto raramente imitato in un mondo in cui in genere a prevalere sono la cautela e la chiusura nel proprio «particolare».
C’è comunque da aggiungere che, al fine di combattere le sue battaglie, Guido ha deciso di essere, ed è riuscito a essere, una presenza costante sui quotidiani napoletani. E che, da parte loro, i quotidiani, fra cui in prima linea il Corriere del Mezzogiorno, non gli hanno mai negato lo spazio necessario, consapevoli che la sua voce, voce libera e refrattaria a ogni eufemismo, aveva il potere di riscattare molti silenzi e reticenze altrui, e di mostrare come, malgrado tutto, l’eredità di Antonio Iannello e di Roberto Pane fosse ancora viva e operante.
E passiamo alla seconda valenza, alla seconda anima di Guido: è stato un grande studioso ed esperto di maiolica. I suoi libri sulla produzione di Cerreto, di Ariano, di Laterza, sulle influenze che i nostri «faenzari» hanno introitato e a loro volta trasmesso, sul modo in cui gli ambienti di corte e le tendenze culturali hanno orientato le tipologie dei decori, sui rapporti fra le maestranze campane e quelle pugliesi, libri vitalizzati dalla passionalità dell’autore e corredati di immagini splendidamente riprodotte (il suo editore storico è stato Marzio Alfonso Grimaldi), rappresentano anche un contributo essenziale alla storia del gusto e dell’immaginario collettivo. Giacché l’arte della maiolica, a torto ritenuta «minore», forse più delle arti maggiori sa esprimere le urgenze fantastiche della società in cui si sviluppa.
C’è poi, terza e significativa valenza, il Donatone narratore. Il Donatone che nel romanzo autobiografico I misteri della Nunziatella racconta la sua adolescenza nel collegio di Pizzofalcone – e quindi le fughe notturne del sabato sera, allorché con qualche compagno audace quanto lui, eludendo il controllo dei sorveglianti, dalle camerate, attraverso segreti passaggi, si avventurava nei sotterranei, benché nella loro penombra balenassero minacciosi i fuochi fatui sprigionati dalle tombe dei monaci (prima di diventare collegio la Nunziatella era stata convento) e poi nel buio totale delle grotte in cui forse ancora alitava lo spirito di Mitra, il dio laggiù venerato al tempo dei greci - per raggiungere infine l’esterno, e la libertà: la libertà di incontrar le ragazze, e ballare con loro, e abbracciarle. Una libertà resa ancor più godibile dal coraggio che era stato necessario per conquistarla. Ma molto coinvolgenti, almeno a mio giudizio, sono pure i racconti che ospitano ritratti di donne la cui psicologia è indagata con quell’acume sfrontato e sorridente che è peculiarità dei napoletani doc (è vero: Guido è nato ad Airola, ma Napoli è divenuta la sua patria d’adozione).
Insomma, un’altra potenzialità, quella narrativa, di cui Guido era abbondantemente dotato, anche se vi si è dedicato, per così dire, solo nei ritagli di tempo.
Infine c’è il Guido musicofilo che per anni non ha ammesso di perdersi un’opera al San Carlo o un concerto della Scarlatti e il Guido amante della buona compagnia, che tante volte ci ha ospitato nella sua magnifica casa del Vomero e con cui innumerevoli volte abbiamo cenato e brindato sotto le pergole della costiera.
Ora lo salutiamo, augurandoci che Napoli, pur avendo memoria corta, non si consenta di dimenticarlo. E, in verità, ai funerali in Santa Chiara, la folla che era tanta e la commozione diffusa mi hanno dato l’impressione che tutti si rendessero conto di star dicendo addio a un uomo fornito di specialissime dote. Sì, Guido è stato speciale e non deve esser dimenticato, perché, come un paladino degli antichi cantari, a spada tratta si è battuto per salvar la sua Partenope, la bella tra le belle a cui aveva votato il cuore, dalle fauci del drago della speculazione (drago ancor più ingordo dell’Orca che, secondo Ariosto, stava per ingoiarsi Angelica nell’isola di Ebuda).
E ci chiediamo: chi ha le capacità e l’audacia necessarie a raccogliere la sua eredità? A chi andrà il «testimone» che per tanto tempo e così intrepidamente egli non ha smesso di impugnare?
Ambientalista, grande esperto di maiolica, melomane e perfino romanziere Addio a un protagonista della scena napoletana