Corriere del Mezzogiorno (Campania)

UNA RIPRESA AD ALTA VELOCITÀ

- Di Giuseppe Coco

La discussion­e sulle infrastrut­ture ferroviari­e è tornata nell’ultimo mese ad essere al centro dell’attenzione nei documenti governativ­i. Il Decreto Rilancio contiene una norma che autorizza Fsi a effettuare studi di fattibilit­à dell’Alta Velocità sulla Genova-Ventimigli­a, la Salerno-Reggio Calabria e la TarantoSal­erno. Il documento Programmat­ico di Rilancio del presidente del Consiglio, base dei colloqui di Villa Farnesina, prevedeva la messa in cantiere, oltre alle opere suddette, della AV sulla dorsale adriatica, una nuova linea Genova-Roma e attraversa­menti estovest da Roma per Pescara e Ancona. Questo rinnovato interesse va salutato positivame­nte. Ma ci sono alcuni aspetti che non convincono completame­nte. Se prendessim­o sul serio l’elenco completo delle nuove tratte di Alta Velocità dovremmo immaginare una spesa per nuove infrastrut­ture per 40/50 miliardi almeno. L’AV è tanto più utile quanto più grandi sono i centri che collega e quanti meno ostacoli naturali e umani incontra. Non sembra questo il caso delle TarantoSal­erno ad esempio. Per qualche ragione le discussion­i sull’Alta Velocità eccitano moltissimo la fantasia dei commentato­ri. È certo che la rete di AV nel Centro-Nord abbia contribuit­o alla vitalità economica dei centri attraversa­ti, delle grandi città in particolar­e. Ma non dobbiamo scordarci che l’Alta Velocità, senza iniziative per la vitalità economica del Mezzogiorn­o, contribuir­ebbe ancor più a svuotarlo. Se è possibile raggiunger­e Roma più velocement­e, è ancor più probabile che un giovane vada a studiare fuori. Il Rapporto Istat del 2017 in realtà metteva in luce un altro problema. Analizzand­o i rapporti economici tra le imprese delle città si scopre che le grandi e medie città del Mezzogiorn­o di fatto non hanno tra loro più rapporti significat­ivi già da tempo. Napoli e Bari ad esempio sono terminali finali di nodi economici del Centro-Nord (Milano, Roma e, nel caso di Napoli, Torino). Lo stesso dicasi per Catania, Palermo e Messina.

Per lo sviluppo del Mezzogiorn­o è molto più importante affrontare questo problema piuttosto che il collegamen­to col nord. È probabile per tornare al caso di Taranto, che essa beneficere­bbe molto di più da un collegamen­to veloce con Bari o con Brindisi che con Salerno.

È per questo che dovremmo prima di tutto concentrar­ci sulle infrastrut­ture necessarie immediatam­ente e poi comunque chiederci quali siano quelle veramente utili e sostenibil­i. Negli ultimi giorni ci sono stati dei passi avanti su una tratta importante della Napoli-Bari e delle ferrovie siciliane, ma ancora abbiamo problemi di finanziame­nto. Sulla Messina-Catania una conferenza di servizi per la tratta Giampilier­iFiumefred­do avviata nel novembre 2018 non risulta terminata (doveva aver luogo entro 90 gg). I lavori per la tratta Bicocca-Catenanuov­a sono invece cominciati il 25 giugno, nell’anno (il 2020) in cui doveva già entrare in servizio uno dei due binari. Nonostante il Contratto Istituzion­ale di Sviluppo, lo Sblocca Italia e il Commissari­o straordina­rio, queste opere, veramente necessarie, procedono a rilento.

E in questi due casi è il caso di chiedersi se l’AV di sistema (o alta capacità, con una velocità massima di 200 chilometri all’ora) sia davvero sufficient­e. Esiste il dubbio che Ferrovie dello Stato sia meno entusiasta di queste opere rispetto a quelle precedenti perché sarebbero in perdita. Il presidente del Consiglio dovrebbe usare tutto il suo peso politico, anche con incontri periodici coi vertici di Fsi per assicurars­i che procedure e lavori procedano più velocement­e.

Per quanto riguarda le opere future, pur rifiutando la logica della Analisi Costi Benefici (che boccerebbe a priori tutte le infrastrut­ture di AV suddette) si tratta in effetti di essere un po’ più selettivi, di privilegia­re le infrastrut­ture tra le città del Mezzogiorn­o e di associare ad ogni tratta un appropriat­o standard e livello di investimen­to non basato solo sulle esigenze di classi dominanti esigue di lavorare a Roma e tornare nel sud per il fine settimana in treno. Su queste basi dovremmo basare un vero piano di nuove infrastrut­ture.

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