Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Trasparenza Per il Pd è l’ora delle scelte
Fra qualche giorno si terrà la conferenza programmatica del Pd napoletano. Un evento che di per sé riveste una funzione ecologica, di conservazione della specie e di salvaguardia di elementi naturali in estinzione.
Il fatto stesso che un partito si esponga sul tema del programma e non solo delle candidatura, assume il gusto vintage della sfida. Siamo allo snodo della prossima elezione regionale, in cui i partiti come sistema di identificazione e di vincolo politico ad un programma degli eletti sembra del tutto desueto, se non proprio dannoso.
Come si potrebbero arruolare «amici» provenienti dalle sponde più lontane ed ostili alle proprie posizioni se si facesse del programma una discriminante? Come si potrebbe far nascere dal nulla e senza nulla interi gruppi consigliari? Meglio lasciare tutto all’empiria della caratterialità momentanee di quel presidente
o quel sindaco, e continuare a salutare i cari amici che giungono alla festa con una bottiglia in mano.
Onore dunque al gruppo dirigente dei democratici partenopei che ha scelto, consapevolmente, questa temeraria strategia: identificarsi con un progetto riconoscibile e collettivamente condiviso.
Un partito che voglia realmente discutere di programma a Napoli, deve innanzitutto discutere di se stesso: che cosa si è e come si vuole agire. La forma partito è oggi il programma del programma, soprattutto in una città così porosa come il capoluogo campano. Il funzionamento di un partito, in una società che evolve digitalmente come sistema relazionale punto a punto, in cui interessi e decisioni prendono forma nella combinazione delle opportunità e interessi che si aggregano nei meandri istituzionali, è oggi l’unico fattore che può introdurre trasparenza ed efficacia allo sviluppo del territorio.
Una macchina politica che chiede adesione e sostegno non può non offrire modalità di partecipazione diretta non alla semplice discussione, questo accadeva già nei partiti del 900, ma alle decisioni più delicate e dirimenti. Un partito è oggi lo scambio permanente fra attenzione e deliberazione. Proprio per questa priorità di essere partito che si fa rete per decidere, e non usa la rete per proclamarsi, sta anche la matrice di scelte strategiche. Pensiamo al gorgo dei processi tecnologici a partire dall’implementazione in città del 5g. È un tema vitale, soprattutto con la minaccia dell’epidemia. Il 5g è un sistema relazionale, che determina il modo di muoversi della comunità urbana, il modo di gestire di pubblici servizi, l’efficienza di assicurare competitività produttiva e, oggi come non mai, sicurezza sanitaria. Può essere, come è stato fino ad ora da parte di una giunta assolutamente priva di nozioni e volontà su questo tema, affidato tutto questo all’ufficio marketing di Vodafone e Tim? È ovvio che se un partito chiede trasparenza e condivisione al sistema urbano non può, asl suo interno , non
praticare la stessa trasparenza e condivisione, attuando un proprio piano regolatore delle informazioni e delle decisioni: in un partito al tempo della cittadinanza digitale decide chi organizza le proposte e i movimenti sociali.
La comunità sanitaria che il PD vuole organizzare deve direttamente poter oggi esprimere un orientamento che arrivi al vertice regionale e orienti la proposta in vista della prossima contesa sul sindaco a Napoli. Essenziale in questo contesto è l’idea di raccolta e l’uso dei dati: regione e città si sono mostrati assolutamente reticenti su questo decisivo aspetto. Chi e come usa e analizza i dati che permettono alle istituzioni di prevedere e con constatare l’eventuale nuova incubazione? Come si orienta il sistema amministrativo per poter proficuamente utilizzare questa risorsa dei big data? L’università come può collaborare, anche a scapito di qualche attrito con sponsor e finanziatori? SU questo tema un partito non può, e che che non lo farà il PD napoletano, apparire distratto
o reticente.
Infine la questione delle questioni: un partito politico che si proponga a Napoli di rimettere in modo, dopo la narcosi de Magistris, una progettualità strategica sul territorio può ancora esorcizzare il caso Bagnoli? È ipotizzabile che si possa-e questo vale anche per le prossime consultazioni regionali- tacere ancora, dopo 35 anni di inerzia,su quella straordinaria risorsa che sarebbe quel tratto di golfo abitato più pregiato del mediterraneo, se si riuscisse a innestare un progetto dinamico di investimenti sul versante della ricerca e dei centri di alta formazione ?
È chiaro che la volontà di caricarsi come partito un impegno simile renderebbe più complicato e difficile gestire ordinariamente il partito, perché aprirebbe contraddizioni non sostenibili con chi concepisce la militanza come un taxi, per usare la vecchia definizione di Enrico Mattei. Vedremo fra rischio e opportunità cosa sceglierà quel gruppo dirigente.