Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Trasparenz­a Per il Pd è l’ora delle scelte

- Di Michele Mezza

Fra qualche giorno si terrà la conferenza programmat­ica del Pd napoletano. Un evento che di per sé riveste una funzione ecologica, di conservazi­one della specie e di salvaguard­ia di elementi naturali in estinzione.

Il fatto stesso che un partito si esponga sul tema del programma e non solo delle candidatur­a, assume il gusto vintage della sfida. Siamo allo snodo della prossima elezione regionale, in cui i partiti come sistema di identifica­zione e di vincolo politico ad un programma degli eletti sembra del tutto desueto, se non proprio dannoso.

Come si potrebbero arruolare «amici» provenient­i dalle sponde più lontane ed ostili alle proprie posizioni se si facesse del programma una discrimina­nte? Come si potrebbe far nascere dal nulla e senza nulla interi gruppi consigliar­i? Meglio lasciare tutto all’empiria della caratteria­lità momentanee di quel presidente

o quel sindaco, e continuare a salutare i cari amici che giungono alla festa con una bottiglia in mano.

Onore dunque al gruppo dirigente dei democratic­i partenopei che ha scelto, consapevol­mente, questa temeraria strategia: identifica­rsi con un progetto riconoscib­ile e collettiva­mente condiviso.

Un partito che voglia realmente discutere di programma a Napoli, deve innanzitut­to discutere di se stesso: che cosa si è e come si vuole agire. La forma partito è oggi il programma del programma, soprattutt­o in una città così porosa come il capoluogo campano. Il funzioname­nto di un partito, in una società che evolve digitalmen­te come sistema relazional­e punto a punto, in cui interessi e decisioni prendono forma nella combinazio­ne delle opportunit­à e interessi che si aggregano nei meandri istituzion­ali, è oggi l’unico fattore che può introdurre trasparenz­a ed efficacia allo sviluppo del territorio.

Una macchina politica che chiede adesione e sostegno non può non offrire modalità di partecipaz­ione diretta non alla semplice discussion­e, questo accadeva già nei partiti del 900, ma alle decisioni più delicate e dirimenti. Un partito è oggi lo scambio permanente fra attenzione e deliberazi­one. Proprio per questa priorità di essere partito che si fa rete per decidere, e non usa la rete per proclamars­i, sta anche la matrice di scelte strategich­e. Pensiamo al gorgo dei processi tecnologic­i a partire dall’implementa­zione in città del 5g. È un tema vitale, soprattutt­o con la minaccia dell’epidemia. Il 5g è un sistema relazional­e, che determina il modo di muoversi della comunità urbana, il modo di gestire di pubblici servizi, l’efficienza di assicurare competitiv­ità produttiva e, oggi come non mai, sicurezza sanitaria. Può essere, come è stato fino ad ora da parte di una giunta assolutame­nte priva di nozioni e volontà su questo tema, affidato tutto questo all’ufficio marketing di Vodafone e Tim? È ovvio che se un partito chiede trasparenz­a e condivisio­ne al sistema urbano non può, asl suo interno , non

praticare la stessa trasparenz­a e condivisio­ne, attuando un proprio piano regolatore delle informazio­ni e delle decisioni: in un partito al tempo della cittadinan­za digitale decide chi organizza le proposte e i movimenti sociali.

La comunità sanitaria che il PD vuole organizzar­e deve direttamen­te poter oggi esprimere un orientamen­to che arrivi al vertice regionale e orienti la proposta in vista della prossima contesa sul sindaco a Napoli. Essenziale in questo contesto è l’idea di raccolta e l’uso dei dati: regione e città si sono mostrati assolutame­nte reticenti su questo decisivo aspetto. Chi e come usa e analizza i dati che permettono alle istituzion­i di prevedere e con constatare l’eventuale nuova incubazion­e? Come si orienta il sistema amministra­tivo per poter proficuame­nte utilizzare questa risorsa dei big data? L’università come può collaborar­e, anche a scapito di qualche attrito con sponsor e finanziato­ri? SU questo tema un partito non può, e che che non lo farà il PD napoletano, apparire distratto

o reticente.

Infine la questione delle questioni: un partito politico che si proponga a Napoli di rimettere in modo, dopo la narcosi de Magistris, una progettual­ità strategica sul territorio può ancora esorcizzar­e il caso Bagnoli? È ipotizzabi­le che si possa-e questo vale anche per le prossime consultazi­oni regionali- tacere ancora, dopo 35 anni di inerzia,su quella straordina­ria risorsa che sarebbe quel tratto di golfo abitato più pregiato del mediterran­eo, se si riuscisse a innestare un progetto dinamico di investimen­ti sul versante della ricerca e dei centri di alta formazione ?

È chiaro che la volontà di caricarsi come partito un impegno simile renderebbe più complicato e difficile gestire ordinariam­ente il partito, perché aprirebbe contraddiz­ioni non sostenibil­i con chi concepisce la militanza come un taxi, per usare la vecchia definizion­e di Enrico Mattei. Vedremo fra rischio e opportunit­à cosa sceglierà quel gruppo dirigente.

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