Corriere del Mezzogiorno (Campania)
L’Osservatorio Vesuviano: «Chiudere subito il pozzo»
Via Antiniana, ora si rischia l’effetto-domino Mastrolorenzo: complicato mettere in sicurezza
Il pozzo geotermico di via Antiniana deve essere chiuso subito per evitare il rischio che «un’emissione incontrollata possa portare all’estensio- ne dell’area interessata». L’Osservatorio Vesuviano lancia l’allarme sul suo bollettino settimanale e il caso diventa materia per la Protezione civile nazionale e regionale. Intanto il vulcanologo Mastrolorenzo avverte: «Ora non è facile decidere cosa fare lì».
NAPOLI Il pozzo geotermico di via Antiniana va chiuso al più presto per evitare il rischio che l’emissione incontrollata di fluidi vulcanici «possa portare all’estensione dell’area interessata». Lo scrive nero su bianco l’Osservatorio Vesuviano
nel bollettino settimanale sullo stat0 dei Campi Flegrei. Il bollettino, pubblicato proprio ieri, conferma le preoccupazioni degli studiosi dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia per la trivellazione nell’ambito del progetto Geogrid.
Come anticipato ieri dal Corriere del Mezzogiorno, l’Osservatorio Vesuviano ha inviato nei giorni scorsi una approfondita relazione sull’accaduto (118 pagine compresi gli allegati) al capo della Protezione civile nazionale Angelo Borrelli e ad altre autorità. Il documento esprime tutto l’allarme degli esperti per una trivellazione di cui — ha sottolineato Francesca Bianco, direttrice dell’Osservatorio — «l’istituto non era stato informato né della data d’inizio, né tantomeno dell’area dove questa veniva effettuata».
Dopo le proteste degli abitanti dell’area e la sospensione alle attività di trivellazione disposta in via precauzionale dal sindaco di Pozzuoli Vincenzo Figliolia, resta il problema non semplice di come inIl tervenire sul sito. Difatti, viene sottolineato nel bollettino di ieri, «allo stato attuale delle conoscenze non è possibile escludere ulteriori risalite della fase liquida nel foro e un incremento della sua emissione». Viene «pertanto fortemente suggerito, in osservanza al principio di precauzione, un rapido intervento per la chiusura mineraria del pozzo». Attualmente dal pozzo, che avrebbe raggiunto gli 88 metri di profondità, continuano a fuoriuscire copiosamente enormi quantità di fluidi idrotermali e di gas.
Gli studiosi dell’Università di Firenze, che hanno esaminato i residui raccolti sul posto dai loro colleghi di Napoli, hanno trovato concentrazioni di acido solforico e anidride carbonica a distanza di 40 metri dal pozzo, a due metri di altezza. La quantità di emissioni stimata nell’aria è di otto tonnellate di sola anidride carbonica al giorno, mentre il geyser si eleva per svariati metri in altezza (anche se da ieri è stato installato un tubo che ha frazionato la fuoriuscita creando una seconda emissione in orizzontale).
Il report degli studiosi napoletani è ora sul tavolo della Protezione civile nazionale e della commissione Grandi rischi che dovrà valutare quale sia la migliore strategia tecnica per chiudere il pozzo in completa sicurezza, ammesso che sia possibile farlo. Allertata anche la Protezione civile della Regione Campania.
direttore Italo Giulivo spiega: «Seguiamo con attenzione il problema. Siamo in contatto con il Dipartimento della Protezione civile e con il Comune di Pozzuoli. Anche noi abbiamo sollecitato una pronta chiusura mineraria».
Insomma, la trivellazione di via Antiniana è ormai diventata un problema di Protezione civile per le possibili implicazioni negative sulla sicurezza dei residenti che nessuno si sente di escludere, anche perché come ammonisce Bianco nel suo report «l’evoluzione del processo attuale non è facilmente prevedibile». Ieri il consigliere regionale Francesco Emilio Borrelli si è recato nuovamente sul posto per scattare immagini. «Serve una indagine interna — accusa — chi ha sbagliato dovrà pagare».
Ma come mai non si interviene rapidamente per chiudere il pozzo? Perché l’operazione presenta — secondo alcuni studiosi — rischi e incognite. Per il vulcanologo di Ingv Giuseppe Mastrolorenzo «è difficile persino decidere se in queste condizioni sia meglio “tappare” il pozzo oppure no. Se ad esempio — dice — si utilizzasse il cemento, la pressione elevata nel sottosuolo non troverebbe sfogo e potrebbe creare altre fessurazioni e altri geyser. E non si può escludere il rischio di esplosioni freatiche. La verità — aggiunge lo studioso — è che in nessuna parte del mondo si trivella in una fumarola. Oggi anche Ingv è su questa linea di pensiero che io sostengo da dieci anni. Nei Campi Flegrei le trivellazioni sono un rischio che non possiamo permetterci data la grande densità abitativa dell’area. Da quel pozzo — aggiunge — fuoriesce costantemente una tonnellata di fluidi ogni ora, è una quantità enorme di gas e parti liquide ed è facile comprendere quanto sia potente la pressione sottostante che genera queste emissioni».
Dunque, come si procederà? Nell’attesa che gli studiosi e i responsabili della Protezione civile nazionale mettano mano al complicato rebus, è legittimo chiedersi se non sarebbe occorsa maggiore prudenza prima di trivellare nel cuore di una caldera al livello di allerta giallo.