Corriere del Mezzogiorno (Campania)
LA FAVOLA DI MUSA, STORIA A LIETO FINE CHE INSEGNA TANTO
C’è una differenza sostanziale fra fiaba e favola, pur avendo una matrice etimologica comune. La fiaba narra di personaggi di fantasia, gli orchi, le fate, e non necessariamente contiene una morale. La favola è più legata alla realtà, ed ha una funzione educativa, proprio perché serve a spiegare una morale. Oggi vorrei raccontarvi una favola, e come in ogni favola che si rispetti comincio così. C’era una volta un piccolo stato nell’Africa Occidentale, grande più o meno come l’Abruzzo, il Gambia. Natura rigogliosa, sviluppato lungo un grande fiume, da cui prende il nome, sbocco nell’Oceano. Un paradiso, all’apparenza, dove però i quasi due milioni di abitanti vivono sotto la soglia di povertà, poco più di un dollaro al giorno. E il 40% della popolazione ha meno di 14 anni. In questa apparente oasi di felicità, nel dicembre del 2001 nasce Musa Juwara. Cresce forte e coraggioso, ma poverissimo. A 15 anni decide di andar via, il suo paese non può offrirgli nulla, se non una natura meravigliosa. Non basta, vuole rischiare, è disposto anche a giocarsi la vita, pur di avere uno straccio di prospettiva. E scappa, da solo. Chi si imbarca sui barconi sa che potrebbe non farcela, ma ci prova, tanto restando ha le stesse percentuali di sopravvivenza. Sono barconi carichi di sogni, speranze e tanta paura. Quattro anni fa, salvato da una Ong tedesca, sbarca in Italia. Centro di accoglienza, qualcuno nota la sua innata predisposizione allo sport, al calcio in particolare.Viene preso dal Chievo, passa per Torino, ritorna a Verona. Ed ecco che il racconto diventa favola. A Bologna sono attentissimi ai nuovi talenti, e lo prendono. Sabatini è bravo. A questo punto nella favola entra un napoletano verace, capita spesso. Emanuele Troise, ex calciatore del Napoli, allenatore vincente della Primavera bolognese. Una garanzia di serietà, di abnegazione, di competenza. Un napoletano, insomma. Lo fa crescere, gli insegna tanto, in Primavera fa sfracelli. Il sogno di Musa si sta avverando, forse gli manca il fiume e la natura, la nebbia credo non l’avesse mai vista, la pioggia era un miracolo raro, a Bologna è frequentissima. Ma è felice, sente che i suoi sogni si stanno materializzando. Siamo arrivati ai giorni nostri, va in prima squadra, in uno dei templi del calcio, contro una squadra conosciuta in tutto il mondo. Segna, gioca benissimo, il Bologna asfalta l’Inter. Il ragazzino che 4 anni prima rischiava di annegare nel mare più bello del mondo, diventa famoso. E allora viene adottato idealmente da tutti, arrivato da solo, senza nessun parente, ora puó sorridere. È una storia talmente bella che va oltre anche il significato di favola, ed è talmente impregnata di significati che richiederebbe migliaia di pagine per spiegarli tutti. Impossibile. Ma è bellissimo che ognuno ne ricavi insegnamenti e morale, in base anche alla propria sensibilità. È come ascoltare una colonna sonora di Ennio Moricone, finito da poco. Chiudi gli occhi e rivedi le immagini dei film. La storia di Musa è così, la leggi, chiudi gli occhi e rivedi l’Africa, la sofferenza, la bellezza, la natura, la crudeltà. Ma anche la stupidità di alcuni politici, e non solo italiani. I sogni realizzati contro l’oscurantismo ideologico, il sorriso di un ragazzo contro la rabbia degli idioti. Le morali da trarre sono tantissime, forse è la favola delle favole. Il trionfo del «vissero felici e contenti», a dispetto delle tirannie, della schiavitù, degli interessi economici che hanno affamato l’Africa, e soprattutto a dispetto di chi ha usato, e usa, questi ragazzi disperati per i propri interessi politici. Anche questo è lo sport, il modo più democratico per dare voce a chi voce non ha.