Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Enzo Amendola e la tentazione di candidarsi a primo cittadino
Lunga passerella prima dei lavori Visita un’azienda e poi il Madre
E Amendola riscalda i motori. L’idea di una candidatura a sindaco di Napoli evidentemente sta solleticando il ministro più europeo del governo Conte. Fino a poco tempo fa se glielo avessero chiesto avrebbe fatto spallucce. Ma oggi farebbe diplomaticamente cadere l’argomento.
D’altronde se tre indizi fanno una prova, ci sono tutti. Arriva il giorno prima della conferenza programmatica per visitare l’azienda napoletana Teatek, leader delle rinnovabili e dei sistemi di controllo, con 950 addetti e sedi in quattro continenti. Poi la sera a Palazzo Reale per incontrare Ruggero Cappuccio, direttore del Napoli teatro Festival e godersi il Carver di «Una cosa piccola ma buona». Ieri mattina visita al museo Madre con la presidente della Fondazione Laura Valente e la direttrice Kathryn Weir. Mica tutti i ministri, anche napoletani, scelgono così meticolosamente i propri interlocutori. Cultura, innovativa e popolare allo stesso tempo, e impresa. Sono gli asset su cui scommettere, par di capire.
Alla conferenza programmatica del Pd arriva poi con un vero e proprio manifesto per Napoli. Anzi sulla «Grande Napoli» come chiama la città metropolitana. «Sono d’accordo con Sandro (Ruotolo), alcuni pensano che tutto sarà come prima dopo tre mesi di sacrifici. Questa è un’altra pagina della nostra storia. E non potremo ricostruire la grande Napoli senza partire da questa consapevolezza. Dibattiti sul comune di Napoli ne ho sentiti tanti. Ho provato e ho detto in un’intervista (al Corriere del Mezzogiorno): guardiamo avanti. Il sindaco non so neanche se abbia risposto. Ma il problema non è il dissesto. Noi difendiamo i bilanci dei comuni, perché con il dissesto non cade l’amministrazione, ma si perdono i servizi per i cittadini. Qui c’è un dissesto politico, questo è il tema della città».
Come avrebbero detto i vecchi funzionari di partito: il dissesto è un tema politico. E va affrontato politicamente. È il tentativo che sta facendo il Partito democratico, Amendola in testa: evitare il dissesto promuovendo una legge sulla redistribuzione della risorse e che coinvolga tutti i comuni, da Torino a Firenze, con le casse vuote.
Un tema egoisticamente di prospettiva, governare con un dissesto, con le regole attuali, sarebbe ben più complesso del ‘93. E il Pd che punta a Palazzo San Giacomo lo sa bene.
«Abbiamo in testa la grande Napoli, 91 comuni — dice
Il «programma» «Guardiamo a chi fa impresa in maniera innovativa e ai musei che offrono cultura»
Amendola — si parte da un’idea di geografia economica in un periodo in cui ci sono investimenti futuri. Ve lo dico in amicizia e con forza, basta dibattiti sul passato. Quando vedo le imprese come la TeaTek che opera nel mondo, dico lasciamo stare il dibattito sul comune di Napoli, il dissesto politico c’è già. Costruiamo un progetto di una Napoli centrale. Qui si è sempre ondeggiato tra un’idea minimale “non ce la possiamo fare” e una titanica “siamo la capitale”. Al comune sventolava la bandiera venezuelana, noi abbiamo portato Macron».
Le proposte: «Dobbiamo essere bravi a ragionare guardando alle filiere, chi fa rinnovabili, chi fa mobilità, chi costruisce moda in Campania e parlare con loro. Guardare ai musei come centri di trasformazione della città. Sono convintamente in battaglia al fianco di De Luca perché ha rotto un tabù, nella pubblica amministrazione serve nuova linfa».
E poi via le raffinerie da Napoli est, fare diventare quella periferia un polo green e tecnologico.
«Dobbiamo togliere quel fumo retorico che ci ha isolato. Quelli che declamano siamo la capitale del Mediterraneo non sanno neanche cosa siano i flussi, le connessioni. Bene, noi lo sappiamo».
La corsa è lunga. Ci sono prima le regionali, ma almeno per una volta sembra che il Pd voglia giocare d’anticipo. Amendola è una risorsa, come lo è Gaetano Manfredi, altro ministro di peso e competenza. Pure questa è una novità.