Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Da «Sertura» un Fiano lineare
Dopo aver lavorato per altre aziende vitivinicole irpine, Giancarlo Barbieri ha coronato all’inzio delle seconda decade del millennio il sogno di mettersi in proprio per cimentarsi in prima persona con i classici vitigni avellinesi. È così nata, con l’apporto del socio Fiorentino Palladino, l’azienda Sertura. Prima vendemmia in commercio la 2013.
In tutto l’azienda può contare su tre siti vitati, per un totale di 9 ettari, distribuiti nei comuni di Prata di Principato Ultra (per il Greco di Tufo), Torre Le Nocelle (per l’Aglianico e il Taurasi) e Montefalcione (per il Fiano di Avellino). I due bianchi per scelta aziendale e non per ritardi accumulati nella commercializzazione a causa del lockdown, escono con un anno di ritardo rispetto ai tempi rispettati da gran parte degli altri produttori. Certamente un plusvalore da tenere in conto perché consente di presentare ai consumatori vini più compiuti ed equilibrati.
Mi è capitata sul tavolo (si fa per dire, non è piovuta dal cielo, ma l’ho comprata in un’enoteca di fiducia sicut meus est
mos), la bottiglia del Fiano, anche se, a quanto mi dicono è il Greco di Tufo ad avere una marcia in più. Verificherò con calma. Passo dunque all’analisi sensoriale che inizia rilevando il colore paglierino abbastanza carico, la limpidezza e la consistenza. Il bouquet è intenso e abbastanza ampio. E si compone di essenze floreali, accompagnate da sentori fruttati di pera, pesca bianca, agrumi. Sullo sfondo note nocciolate. Il palato coglie la spiccata freschezza che resta la cifra caratteristica del vino, parzialmente contenuta dalla componente polialcolica. Il sorso è anche minerale e comunque abbastanza lungo. Un vino leggero, figlio di una vendemmia piuttosto liquida, ma dalle spalle sufficientemente forti da far immaginare un’evoluzione nel tempo. Lo consiglio, alla temperatura di 8 gradi, sulla frittura di calamari, sul pesce alla griglia, sui latticini freschi.