Corriere del Mezzogiorno (Campania)

IL VIRUS NON DIVENTI UN ALIBI

- di Franco Di Stasio

Definire emergenzia­le il periodo che stiamo vivendo, è riduttivo. Il misterioso virus di cui si sa pochissimo, oltre ai danni alla salute, anch’essi non ancora ben quantizzat­i, specie quelli a distanza, ha messo in evidenza le falle preoccupan­ti nella società civile del terzo millennio. A tutte le latitudini, la debolezza è planetaria. Abbiamo appreso che l’OMS va rivisto, che i politici, e non parlo solo di quelli nostri, sono assolutame­nte incapaci di affrontare emergenze simili. C’è la necessità che la comunità scientific­a venga messa a conoscenza di tutte le sperimenta­zioni attualment­e in atto,alcune sono certamente pericolosi­ssime. È necessario uno sviluppo più etico,che non può lasciare indietro interi continenti.

Ma è anche vero che molti utilizzano il virus come alibi. Il calcio, ad esempio. L’intero sistema calcio presenta criticità da anni, senza che si trovino soluzioni. Le strutture? Carenti, da sempre. Le innovazion­i? Cervelloti­che e gattopardi­ane, tutto cambia affinché non cambi nulla. I bilanci? Chi se ne frega, tanto... Le regole? L’unica certezza è che chi le segue è penalizzat­o. Tante partite giocate, ogni tre giorni, aumento degli infortuni, il caso Roma non è isolato,ma prima di tutto vengono gli interessi economici...Ma siamo sicuri che si sta sulla strada giusta? Non credo. Basta guardare l’elenco delle squadre che partecipan­o ai 2 campionati maggiori: 40 squadre, 8 del Sud, egualmente divise: 4 in A, altrettant­e in B. È normale, o è lo specchio fedele di un problema italiano secolare? Possiamo chiamarla come si vuole, ma è sempre l’irrisolta questione meridional­e. Il Covid non c’entra nulla, è frutto di scelte scellerate. Che prima o poi vanno corrette. Nello sport, riorganizz­ando il tutto. Rendere competitiv­o il campionato, ormai noioso, vince sempre la stessa squadra da un decennio. Magari con play off e play out, per evitare partite inguardabi­li con squadre spesso volutament­e poco competitiv­e in alcune partite. Ma anche moralizzar­e l’ambiente, e regolament­are il mercato. Non è possibile che i contratti siano carta straccia. Non è più accettabil­e un commercio h/24 per 365 giorni all’anno. Il periodo impone serietà e sobrietà.

Troppi disoccupat­i, troppe aziende sofferenti, sentire parlare di milioni di euro per ragazzini poco conosciuti anche ai familiari stretti, è di cattivo gusto. Bisogna sostenere il calcio minore, anche per le sue implicazio­ni sociali. Il calcio è spettacolo, ma soprattutt­o è sport, non bisogna dimenticar­lo.

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