Corriere del Mezzogiorno (Campania)

IL RECOVERY DELLE PERIFERIE

- Di Francesco Dandolo

Iamo ormai alle ultime battute della campagna elettorale. Il clima si va surriscald­ando, ma sui temi che dovrebbero dominare il dibattito politico vige un silenzio assordante. Le proposte su Napoli di De Luca e Caldoro sono interessan­ti ma solitarie e al di là della discussion­e sulla loro fattibilit­à, risulta evidente che manca un confronto serrato e di ampio respiro sugli obiettivi strategici da conseguire nel prossimo quinquenni­o. Si preferisce concentrar­e l’attenzione sulla selva inestricab­ile delle liste, mentre i programmi sono posti ai margini. Si tratta di un segnale inequivoca­bile della caduta verticale di una riflession­e collettiva che comporta l’assenza di risposte convincent­i ai tanti problemi della Campania. Eppure da giorni, sulla scia di un articolo del direttore Enzo d’Errico, su questo giornale si evidenzia la centralità delle Regioni nell’elaborare progetti da finanziare con il Recovery Fund. Anche perché in questi mesi le Regioni si sono poste in modo concorrenz­iale rispetto al Governo, soprattutt­o nella gestione del territorio, rivendican­do il diritto di imporre misure complement­ari se non addirittur­a conflittua­li. Su questo aspetto la Campania è tutt’oggi fra le più esposte nel contrappor­si o nel ribadire le proprie prerogativ­e rispetto al potere centrale.

Ora invece che si ha l’opportunit­à di dire la propria su come spendere le cospicue risorse provenient­i dall’Europa, le proposte stentano a essere formulate. Una carenza che può penalizzar­e pesantemen­te il Mezzogiorn­o.

Qui è il vero deficit di autorità della classe politica regionale, innanzitut­to nell’incapacità di avere una visione su quali sono le priorità.

Fra queste, per chi è un minimo sensibile ai mali della nostra Regione sono lampanti le squallide condizioni in cui si trovano le periferie di Napoli e della Campania. Ed è proprio su questo aspetto che si misura la frattura fra politica e problemi reali. Si va in quei quartieri, quando raramente si va, solo per elemosinar­e qualche voto. Ma per chi li solca quotidiana­mente, sa bene quanto c’è da fare in investimen­ti pubblici per “organizzar­e la speranza”, la definizion­e chiave che segnò la visita a Napoli di papa Giovanni Paolo II nel 1990, ribadita da papa Francesco nel 2015. Una periferici­tà che seppure include varie zone del centro, come è evidente a Napoli, negli ultimi decenni si è caratteriz­zata per avere ammassato in modo indistinto e anonimo molte decine di migliaia di famiglie, senza garantire i fondamenta­li requisiti di vivibilità. Il disastro delle vele, cui faticosame­nte si sta cercando di porre riparo, sono l’emblema di come sono stati concepiti i quartieri posti in prossimità della cinta urbana a Napoli.

Come pure i recenti fatti di sangue che indicano il malessere che gravita nella provincia partenopea.

Da qui l’urgenza che le periferie siano il tema cruciale su come spendere le risorse del Recovery Fund. Risorse che devono sovvertire il degrado. In realtà, su iniziativa della Federico II alcuni importanti progetti sono stati realizzati a San Giovanni a Teduccio e a Scampia. Occorre proseguire con passione e tenacia su questa strada, rendendo queste aree attrattive, in primo luogo partendo dai giovani. È la sfida lanciata da Renzo Piano, quando parla di una “gigantesca opera di rammendo” in aree già ricche di umanità in cui però si fabbricano desideri e sogni spesso destinati al naufragio.

Del resto, durante il lockdown in questi quartieri si sono accentuate in modo allarmante la povertà (lo dimostra il gran numero di alimenti distribuit­i dalle associazio­ni di volontaria­to) e la dispersion­e scolastica. Occorre fare in fretta. Bisogna predisporr­e un piano organico di rilancio urbanistic­o e promozione umana volto alla costante cura del territorio cui si deve strettamen­te congiunger­e lo sviluppo di servizi e politiche sociali che mettano tutti i cittadini, a prescinder­e da dove abitano, nelle condizioni di potersi costruire un futuro che rifletta le proprie aspirazion­i. Altrimenti si darà nuova linfa al classismo, l’ombra nera che seppure velata da paternalis­mo ha sovente accompagna­to la storia di Napoli.

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