Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Giannola: caro Micossi, la Svimez non è rivendicazionista Sulla decontribuzione sono d’accordo con te
L’economista Stefano Micossi, direttore generale di Assonime, nell’intervista pubblicata ieri dal Corriere del Mezzogiorno dice di stimarla, ma accusa Svimez di essere «portatrice di un rivendicazionismo non più giustificato». Come replica a questa critica, professor Adriano Giannola?
«Ringrazio Stefano Micossi per l’attestazione di stima che sinceramente ricambio. Sono invece dispiaciuto e preoccupato per le sommarie argomentazioni di liquidazione della Svimez tacciata di vetero rivedicazionismo. Penso che, e non da poco, la Svimez non rivendichi nulla. Come sua tradizione mette numeri dietro ai fatti, guarda al Paese ed è oggi preoccupata nel vedere che in vaste aree e ambienti si continui a pensare che, come prima della pandemia, anche dopo e a maggior ragione bisogna “far correre Milano, come sostiene Tabellini sul Foglio del 4 maggio, anche a costo di frenare Napoli”. Mi sembra un masochistico suicidio dell’intellighenzia settentrionale che certo non dialoga molto ma, temo, non coglie i termini della crisi italiana. Una intellighenzia inconsapevole, sembra, a coliere che il Sud è oggi l’ossigeno di riserva assolutamente necessaria».
Tutto è nato da una sua intervista di alcuni giorni fa titolata «la Svimez chiede la restituzione di 60 miliardi sottratti nel corso degli anni dal Centro-Nord al Mezzogiorno»...
«Non ho apprezzato quel titolo. Il testo,invece, mi sembrava chiaro e, mi permetta,condivisibile. È bene chiarire che il risarcimento per quanto emerso (ma ben noto da anni) nulla ha a che fare con restituzioni mai adombrate. L’oggetto (e Micossi dovrebbe essere un paladino di questa tesi) è il ripristino della legalità costituzionale. Spetta al Governo avere il coraggio del proprio ruolo sottraendo la regia che di fatto consente alla conferenza Stato-Regioni di perpetuare la deprecata ma molto praticata “spesa storica”: un micidiale meccanismo inerziale di produzione di disuguaglianze. Le regole ci sono e fa effetto vedere che chiederne l’applicazione è “rivendicazionismo” politicamente non corretto».
La norma del 34% di risorse pubbliche ordinarie da destinare al Sud sta già portando qualche cambiamento in questo senso?
«Direi che stiamo in stand by, credo sia la cosa più corretta e auspicabile nel senso che non vorrei che la “regola” abbia la stessa sorte dei Lep coi costi standard».
Il ministro per la Coesione Provenzano, che proviene dalle fila della Svimez, ha proposto la fiscalizzazione al 30% degli oneri sociali per tutte le imprese del Sud come misura prioritaria da finanziare con il Recovery Fund. Micossi ritiene che serva a poco o nulla, Quale è il suo pensiero in merito?
«Io distinguo due aspetti del problema. Condivido la perplessità sull’intervento, in prospettiva abbastanza costoso, se lo dobbiamo vedere come risposta strategica per aumentare stabilmente occupazione o attrarre investimenti. Penso invece sia una misura idonea nel breve medio-termine a costruire una linea a difesa delle imprese meridionali provate dal corto circuito del blocco in un contesto già devastato da anni di emarginazione e desertificazione produttiva. Se non proviamo ad attrezzare una difesa, dopo aver perso il 30% della capacità produttiva, dovremo contabilizzare altre dolorose addizioni. L’invito è quindi all’azione strategica, affiancare con estrema rapidità strumenti e progetti coerenti con una visione dinamica, possibile del Sud. Il Recovery Fund è ovviamente un riferimento obbligato per questo disegno. Alla Svimez riteniamo indispensabile per le sorti del Paese che nel Mezzogiorno si costruisca il secondo motore da affiancare alla tradizione del made in Italy e che a Sud può spiccare il volo con la logistica, l’economia del mare, l’ intermodalità, il reshoring, le Zes quali poli di una regia di progetto
Sistema del Sud Continentale. Interconnettere Tirreno ed Adriatico, realizzare il mitico corridoio Berlino Palermo-Catania significa recuperare l’Italia in funzione di perno strategico dell’Ue nel mare della globalizzazione. Far correre Napoli, Bari, Palermo Taranto, è la più solida garanzia per ridare fiato e velocità a Milano».
Micossi chiede di recuperare l’esperienza dell’ex ministro De Vincenti e propone di affidargli un ruolo nell’auspicato coordinamento (da Palazzo Chigi) delle politiche per il Sud. Che ne pensa?
«Non entro nel merito, se non per dire un’ ovvietà: aggiungere ad un ministro competente, che è molto attivo, una esperienza per molti versi gemella mi sembra un rischio più che un progresso».
Da più parti si sostiene che il Recovery Fund sia l’ultima, vera occasione per il Mezzogiorno per superare il divario col resto del Paese che si è andato allargando invece di restringersi dalla crisi del 2008 ad oggi. Secondo lei quali sono le priorità sulle quali puntare?
«Non credo, e spero che sia così, cha le priorità nell’uso delle risorse siano nella disponibilità esclusiva o prioritaria non dico del presidente Conte ma dell’intero governo. L’Ue ha chiaramente espresso le sue condizionalità: lotta alle disuguaglianze e “agli atavici problemi”, promozione della coesione; interventi strategici produttivi “smart” e “green”. L’ Agenda Europa 2030 con i suoi obiettivi di sostenibilità ecologica rafforza questi indirizzi. Spero che da questo punto di vista l’Europa abbia meno imbarazzi a pretendere il rispetto di queste priorità e che, se siamo intelligenti, un progetto sistema sia realizzabile, riuscendo a mettere in campo un’adeguata governance rigidamente ispirata al principio di sussidiarietà, in particolare quella verticale dell’articolo 120 della Costituzione. Ciò per realizzare quell’ecosistema politicoamministrativo diabolicamente difficile da pronosticare ma nel quale è lecito fino alla fine sperare».