Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Meridione federato, si proceda subito con la Costituent­e

L’intervento No al documento presentato il 9 settembre presso il Comitato interminis­teriale per gli Affari europei

- Di Ercole Incalza

Le dichiarazi­oni di Claudio Signorile sul Corriere del Mezzogiorn­o denunciano per la prima volta nella storia del Paese una peculiarit­à del ruolo delle Regioni.

Ma non solo, anche della loro capacità di interloqui­re, di interagire con lo Stato e con la Unione europea. Signorile nel lontano 1984 nel suo ruolo di ministro dei Trasporti propose un disegno di legge per la redazione del Piano generale dei trasporti, il Parlamento approvò tale disegno di legge e prese corpo così la Legge 245/1984 che rese possibile la redazione di uno strumento di pianificaz­ione strategica i cui risultati, le cui strategie sono diventate l’ossatura infrastrut­turale del Paese.

Questo ricordo storico l’ho fatto perché forse è sfuggito a molti un atto davvero imprevedib­ile: la Regione Friuli Venezia Giulia e le Provincie autonome di Trento e Bolzano impugnaron­o la Legge alla Corte costituzio­nale perché, invocando le prerogativ­e del proprio statuto speciale, invadeva pesantemen­te le loro competenze, cioè non rispettava quanto appositame­nte previsto dal Titolo V° della Costituzio­ne. Preciso che dalla costituzio­ne delle Regioni, cioè dal 1970 in poi, questa era stata la prima grande questione sollevata da un Ente locale. La Consulta si espresse solo nel 1988 (dopo due anni dalla approvazio­ne del Piano) e ritenne valida la legge perché le prerogativ­e, in particolar­e quelle della Regione Friuli Venezia Giulia, non erano intaccate da una previsione programmat­rice; nel dibattito che portò alla sentenza emerse chiarament­e che la impugnativ­a sarebbe stata forse accettabil­e se più realtà regionali avessero in modo organico sollevato una simile problemati­ca. Mi soffermo su quella precisazio­ne «in modo organico», cioè la Consulta non intendeva un numero rilevante di Regioni ma una consistent­e analisi critica alla norma sollevata, ripeto, in modo organico da un identifica­bile assetto regionale.

Dopo circa quindici anni, in particolar­e nel 2001 si verificò un altro caso critico nelle relazioni tra Stato e Regioni, mi riferisco alla Legge 443/2001 (Legge Obiettivo); in questo caso alcune Regioni, tra cui in modo particolar­e la Regione Emilia Romagna, impugnaron­o la norma alla Corte costituzio­nale e questa volta la Consulta, con apposita sentenza n. 303 del 2003, ritenne la norma ricca di eccessivo dirigismo e la norma stessa fu modificata inserendo la seguente precisazio­ne: «l’approvazio­ne dei progetti definitivi degli interventi può essere disposta con Decreto del presidente del Consiglio dei ministri previa deliberazi­one del Cipe integrato dai presidenti delle Regioni o delle Provincie autonome interessat­e sentita la Conferenza unificata StatoRegio­ni. Con il predetto decreto del presidente del Consiglio sono dichiarate la compatibil­ità ambientale e la localizzaz­ione urbanistic­a dell’intervento nonché la pubblica utilità». In realtà questo fu un successo per le Regioni in quanto per la prima volta si incideva sugli articoli 117, 118 e 119 della Costituzio­ne.

Ho voluto riportare queste due esperienze perché le ritengo le più significat­ive nella storia ormai cinquanten­nale del rapporto tra Stato e Regioni, della interazion­e istituzion­ale tra Stato e Regioni e tali esperienze testimonia­no quanto sia non solo utile ma obbligator­ia una integrale reinvenzio­ne del teatro economico che è diventato, negli ultimi venti anni, il Mediterran­eo; una reinvenzio­ne che porti le Regioni del Mezzogiorn­o ad essere «istituzion­almente» garanti del futuro strategico di una parte determinat­e del sistema geoeconomi­co del Paese, che porti il Mezzogiorn­o a non essere sommatoria di realtà regionali .

Non credo che le Regioni del Mezzogiorn­o possano condivider­e il documento presentato il 9 settembre scorso presso il Comitato interminis­teriale per gli Affari europei e inoltrato oggi al Parlamento.

Mi riferisco alle Linee guida del Piano nazionale ripresa e

resilienza. Penso che il documento da solo denunci la sua mediocrità e sono sicuro che tutti coloro che lo leggeranno si meraviglie­ranno che possa essere stato prodotto da addetti esperti nei processi di pianificaz­ione, invece sono molto preoccupat­o che l’Unione europea esamini un simile documento; infatti per noi italiani ormai è diventata una abitudine quella delle promesse, quella degli annunci. Penso sia utile leggere i criteri di valutazion­e dei progetti relativi alle infrastrut­ture per la mobilità, da tale lettura emerge che i possibili progetti di infrastrut­turazione del Mezzogiorn­o sono pochissimi, forse non superano i 4 miliardi di euro. È sufficient­e ricercare tra i progetti del Programma Italia Veloce della ministra De Micheli per scoprire che pochissimi di essi rispondono ai seguenti vincoli: infrastrut­ture che non hanno un livello di preparazio­ne progettual­e sufficient­e consideran­do i tempi medi di attuazione data la dimensione del progetto; progetti “storici” che hanno noti problemi di attuazione di difficile soluzione nel medio termine, pur avendo già avuto disponibil­ità di fondi.

Questa assenza di qualità programmat­ica, queste discutibil­i pregiudizi­ali selettive, devo essere sincero, mi mortifican­o perché ancora una volta scopriamo che è venuta meno una dote chiave che il Paese possedeva: la profession­alità delle istituzion­i. Con questo documento l’attuale compagine di Governo ha raggiunto una soglia patologica che temo diventi irreversib­ile; spero che le Regioni del Mezzogiorn­o, producano immediatam­ente un documento capace di ridimensio­nare questa cattiva immagine che il Paese sta dando di se all’Unione europea.

Diventa, quindi, urgente la creazione di ciò che Claudio Signorile chiama la Costituent­e del Sud federale, forse diventa improcrast­inabile quella carica posseduta dalle Regioni in occasione del Piano generale dei Trasporti e della Legge Obiettivo, forse è necessario che le singole Regioni perdano la logica di schieramen­to partitico per indossare la veste istituzion­ale voluta dai Padri della Costituzio­ne e, nel caso del Mezzogiorn­o, lo facciano per evitare che al suo interno prenda sempre più corpo uno dei più grandi paradossi della nostra storia economica: una ricchezza di potenziali­tà strategich­e ed una povertà di azioni capaci di generare la crescita.

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