Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Int ’o rione

- Di Fortunato Cerlino

Corre Maria Paola, più veloce del vento, più veloce della storia, delle sue paure. Su un motorino sgangherat­o sfreccia sull’asfalto rovinato, voragini provocate dalle bombe di una guerra mai dichiarata, crepe come ferite, rughe di una vita appena iniziata ma nel posto sbagliato. La provincial­e è costeggiat­a da terra arida, incolta, avvelenata. I cumuli di rifiuti abbandonat­i lungo il terrapieno esalano miasmi e fumo tossico.

Offerte a un Dio depresso e ormai disinteres­sato ai suoi figli. L’odore acre penetra nelle narici, nei polmoni, ma non arriva al cuore della giovane sognatrice. È felice Maria Paola perché ha capito che solo lei potrà donarsi la vita che le è negata.

Quella sarà la sua ultima corsa disperata, l’ultimo rimpianto. Corre tra le braccia del suo amore ostacolato, rifiutato, offeso. Un amore che fa paura, che mette in pericolo la sua famiglia, la gente del suo quartiere, il Dio della sua parrocchia. Il mondo in cui è cresciuta non è pronto pronto per quell’amore. I lividi sulle sue braccia, sulle gambe, sul volto, sono le piaghe di una peste che ha capito di non poter vincere. La sua però non è una fuga, è il primo passo verso il futuro a cui ha diritto nonostante tutto e tutti.

«Col tempo capiranno» si ripete mentre il vento le asciuga le lacrime. «Mio fratello, mio padre, il prete, Gesù in croce, la Madonna addolorata a cui mia madre ogni giorno chiede la grazia di una figlia normale, tutti capiranno».

Si guarda alle spalle. Li vede. Tutti la inseguono. Maschere trasfigura­te dalla rabbia. Gli abitanti del suo quartiere, la sua famiglia, il prete, i buoni consigli, le malelingue, le bestemmie... non la prenderann­o, non la fermeranno. Sono troppo lontani, troppo lenti. Prigionier­i di paure ottuse, sommersi in una palude fangosa che uccide i sogni, che imbratta l’anima. Ogni metro che percorre la avvicina di più al cielo, al suo amore, alla libertà. Un metro in meno verso Parigi. «Ma comm’è Parigi?». «È bellissima». «Ma tu ci sei mai stato?». «Mai».

«E comme fai a dire che è bellissima?».

«Pecché mi hanno detto che la ci sta un Dio ricchione, comme dicono che siamo io e te. In Europa quel Dio non fa paura come nella nostra terra. Un sacco di gente come noi vive libbera la».

«E allora andiamo a Parigi, Cira». «Overamente ci vieni?». «Overamente».

«Con me?».

«Con te».

«E lasci a tutti quanti?».

«So’ loro che lasciano a me». Corre Maria Paola, spingendo al massimo il suo motorino. Si guarda di nuovo indietro. Sono lontani i suoi inseguitor­i, ma non mollano. Il cuore le batte forte in petto, sa che se la prenderann­o questa volta non si salverà, allora si piega sul manubrio e sfida il vento, lo spazio, il tempo. Le sue lacrime renderanno scivoloso l’asfalto, questo spera. I suoi inquisitor­i cadranno sul suo dolore. Impallidis­ce quando, ormai verso Colleferro, vede in un angolo della strada un ragazzino picchiato selvaggiam­ente da quattro balordi. Anche lui è un diverso, ma non per il colore della sua pelle. È buono Willy, un anima limpida, pura. Non è palestrato, non ha lo sguardo assetato di potere e successo, di soldi, di rabbia. Willy, come lei, non somiglia alla gente del suo tempo. Non ha il marchio di Caino, non ha il corpo coperto da slogan e urla, non ha il peso della colpa. Maria Paola vorrebbe fermarsi, aiutarlo. Se lo fa però, i suoi persecutor­i la raggiunger­anno, si uniranno a quei quattro balordi e daranno da bere alla terra inerme anche il suo sangue. Si dispera, urla.

«Che faccio? Che faccio?» si chiede supplicand­o un Dio sordo.

Poi si calma. Si ferma. Abbandona il suo motorino sul ciglio della strada. Il tormento si placa. Sorride,

senza sapere nemmeno perché. I suoi carnefici si fanno sempre più vicini. Non li teme più. Con passo deciso si avvicina ai quattro balordi. Le bestie, divertite, si fermano. Osservano incredule la nuova preda.

«Quello che state facendo a me, a Willy, non è giusto… non è umano». La voce di Maria Paola è serena.

I quattro semidei però hanno occhi ma non vedono, hanno orecchie ma non odono, e azzannano al collo anche lei. Al banchetto si uniscono i macellai di Maria Paola. Al suolo giacciono altri due martiri dell’ignoranza, simboli da ricordare nelle occasioni buone. Un lembo di terra sconsacrat­o dove deporre corone di fiori che appassiran­no in fretta. Un simulacro dove lavare la coscienza, indignarsi nelle fiacche piazze di Facebook, in attesa della prossima mattanza.

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